Ruby: “Giudici, ascoltatemi”. Chiamata due volte, mai presentata. Ora la recita

di Riccardo Galli
Pubblicato il 5 Aprile 2013 - 14:13| Aggiornato il 15 Dicembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – Da tempio della giustizia, da sfondo per la fine delle nefandezze della Prima Repubblica sono diventate ora, le scale e i corridoi del Tribunale di Milano, poco meno di un set televisivo. Ultima ad utilizzarlo ieri (4 aprile) Karima El Mahroug. Ricalcando un copione non originale, l’ex Ruby Rubacuori le ha scelte come cornice per il suo monologo. Occasione finora non colta e ieri rivendicata per raccontare la sua verità o, per usare le parole di quella che si autodefinì “il culo” di Silvio Berlusconi, “la mia versione dei fatti, cioè l’unica verità possibile”. Ma se la contraddizione è in termini, come può infatti essere una versione l’unica verità possibile non è chiaro, quella che rimane è comunque una verità singolare, che fa letteralmente a pugni con molte altre versioni comunque avvalorate da fatti provati, ad esempio le intercettazioni.

Partendo dalla coda vale la pena citare il Tg di Enrico Mentana di ieri sera che, raccontando dello sfogo della millantata nipote di Mubarak, unico neo autoriconosciuto nella dichiarazione della giovane marocchina, ha raccontato di come la commossa ragazza si sia confusa niente poco di meno che tra Brad Pitt e George Clooney, unica ventiduenne al mondo forse a non distinguerli. Raccontando, Ruby, di come il biondo attore hollywoodiano fosse presente ad una delle cena di Arcore. Anche se, agli atti, risulterebbe che alle cene ci fosse capitato l’amico dai capelli brizzolati, Clooney e non Pitt. Errore marchiano che secondo il Tg di La7 è forse la riprova migliore di come le pagine scritte e recitate da Karima non fossero da lei state scritte in realtà.

Appaiono infatti le pagine lette molto simili ad un copione. E se c’è un copione e uno sfondo scenico quello che ne vien fuori non può che essere una recita. Immagina Massimo Gramellini su La Stampa un colloquio tra un ragioniere ed un avvocato ad Arcore, i nomi sono lasciati all’intuizione dei lettori, in cui il suddetto copione avrebbe preso vita.

“Pare di vederlo, l’Ufficio Sceneggiature, al lavoro in un salotto di Arcore oppresso dai quadri con la targhetta del prezzo infilata nella cornice. “Oggi chi mandiamo a fare la vittima sotto il palazzo di Giustizia, avvocato?”. “La bionda e la bruna”. “Ma non ci sono già state il mese scorso con gli altri dipendenti parlamentari?”. “Ha ragione, ragioniere. E se ci spedissimo Ruby? E’ tornata dal Messico apposta”.  “Ma chi glielo scrive il copione?”. “C’è quello che gli autori di Forum avevano buttato giù per Lavitola. Senta qua: ‘L’atteggiamento apparentemente amichevole dei magistrati si è trasformato in una tortura psicologica. Mi sento vittima di uno stile investigativo fatto di promesse mai mantenute e domande incessanti sulla mia intimità’”. “Non sarà troppo tecnico? Con tutto il rispetto, avvocato, ma è la nipote di Mubarak, mica di Grisham”. “Si fidi, ragioniere, la gente è ubriaca di balle. Le beve a garganella. Anzi, sa cosa faccio? Ci aggiungo un moto di sdegno, che la Ruby mi reciterà col broncetto: ‘Trovo sconcertante e ingiusto che nessun giudice voglia ascoltarmi!’”.

Conversazione semiseria e comunque improbabile, almeno nei modi, quella descritta da Gramellini. Ma ricostruzione che risponde ad un’impressione comune e diffusa tra chi allo sfogo di Ruby ha assistito e anche tra chi ne ha solo letto le cronache.

Tra le verità singolari spicca la volontà, evidentemente tardiva, della giovane Ruby Rubacuori di essere ascoltata dai giudici. Volontà che doveva esser distratta da altro quando, due volte convocata, Karima El Mahroug se ne rimase felicemente in Messico per oltre un mese ignorando le convocazioni dei giudici e le pulsioni della sua stessa volontà. Volontà di essere ascoltata che, guarda caso, si manifesta quando questo non è più possibile essendo il processo giunto alla fase delle requisitorie. E forse la “verità” di Ruby proprio così va interpretata, come una requisitoria difensiva parallela e di sostegno a quella che terranno gli avvocati di Berlusconi.

Fosse andata in aula, Ruby avrebbe dovuto tollerare e affrontare il confronto tra la sua verità e le intercettazioni e gli atti con la sua voce. Sulla scalinata del Tribunale questo confronto viene evitato. Quella di Ruby è l’unica verità possibile? Una verità scritta su carta e che sfugge le domande? Come nelle migliori rappresentazioni artistiche, finita la scena, Ruby non ha infatti concesso bis. Niente domande e, ad un cronista che provava a domandare “Ruby, perché dicevi che Noemi era la pupilla e tu il culo?”, un sibilo: “Con tutto quello che è successo solo questo vi ricordate…”. In verità no, non solo questo, ma queste sono parole registrate, di difficile smentita quindi.

L’unica verità possibile racconta poi di giudici truffaldini che l’hanno prima blandita e poi abbandonata, solo per colpire Berlusconi con cui, si badi bene, Ruby non ha mai avuto rapporti sessuali. A pagamento. E di giornalisti crudeli e senz’anima che l’hanno dipinta come quello che non è: una prostituta. La colpa “della mia sofferenza”, recita Ruby, “è di quella stampa che per colpire Silvio Berlusconi ha fatto male a me. E anche “di quei magistrati che, mossi da intenti che non corrispondono a valori di giustizia, mi hanno attribuito la qualifica di prostituta”. L’unica verità possibile espressa con un linguaggio assai diverso da quello a cui Ruby ci aveva abituato, quasi non fosse il suo.

Uno sfogo che però contiene anche una parte genuinamente autentica, l’amarezza negli occhi della giovane donna che si sente giudicata. Un’amarezza racchiusa nell’episodio, magari anche reale, che la stessa Karima racconta, l’incontro cioè con una donna che, all’uscita della chiesa dove Ruby era andata insieme a sua figlia e al suo compagno, l’ha guardata e ha detto alla piccola: “Speriamo che non diventi come tua madre”. Un dolore, un’umiliazione, una vergogna e una voglia di riscatto vere quelle di Ruby. Ma anche se l’unica verità possibile dice il contrario, non sono stati né i magistrati né i giornalisti ha definirla “il culo di Berlusconi”.