ROMA – Francia, Germania e poi l’Italia. Dopo le presidenziali Usa sono questi i prossimi appuntamenti elettorali diventati obiettivi della ‘longa manus’ russa. Che il Cremlino voglia condizionare le elezioni nei Paesi occidentali è ormai un fatto, lo afferma un documento ufficiale del Partito Popolare Europeo e lo conferma quanto avvenuto nell’elezione di Donald Trump, il punto è se e quanto ci riuscirà e con quali conseguenze. Quale sia l’obbiettivo in termini strategici di ‘zar’ Vladimir Putin è tanto chiaro quanto semplice e risponde all’antichissima massima del ‘divide et impera’.
Il governo americano, spiega Paolo Mastrolilli su La Stampa, “si è convinto che la Russia sta cercando di dividere e indebolire l’intero Occidente, favorendo le formazioni politiche che mettono in discussione le alleanze storiche e più recenti tra le due sponde dell’Atlantico. Questa offensiva era già presente negli Stati baltici, che avendo fatto parte dell’Unione Sovietica sono abituati a simili tattiche di propaganda e manipolazione, e le riconoscono in fretta. Discorso analogo per la Serbia e l’intera area della ex Jugoslavia. L’operazione però si è allargata anche al resto dell’Europa occidentale, che secondo gli analisti di Washington è meno pronta a capirla e difendersi. Perciò il governo Usa si è attivato, con missioni discrete che hanno riguardato anche l’Italia”. Ed è lo stesso inviato a Washington del quotidiano torinese a raccontare di come sarebbe principalmente il Movimento5Stelle il ‘referente’ italiano di Putin.
“Fate attenzione ai legami fra governo russo e M5S”, avrebbe ammonito nei mesi scorsi l’amministrazione Usa. Oggi è il deputato del Pd Andrea Romano a dire che “bisognerebbe indagare (su eventuali rapporti finanziari tra M5s e Mosca), ma sono certi i rapporti tra hacker russi e attivisti grillini”. E una parziale risposta è arrivata dal ministro degli Esteri Angelino Alfano che da Malta, dove era per il congresso del Ppe, ha detto, riferendosi alle interferenze russe su scala europea, che “si tratta di vicende sulle quali anche il Parlamento europeo ha acceso i fari con atti parlamentari. Ma al momento non ci sono riscontri e prove. È chiaro però che è una vicenda sulla quale si è aperto già un dibattito”. Dibattito che ha portato alla redazione, a Malta, di un vero e proprio atto d’accusa da parte del Partito Popolare europeo, per intendersi quello che storicamente si divide il Parlamento con il Pse e che va dalla Merkel a Berlusconi, nei confronti del Cremlino.
“Gli Stati membri dell’Ue si trovano attualmente dinanzi ad una minaccia senza precedenti – si legge nel documento -. Propaganda, campagne di disinformazione e supporto continuo a forze politiche anti-europee da parte della Russia minano il progetto europeo, la cooperazione transatlantica e le democrazie occidentali. Questa crisi ha raggiunto un livello allarmante”. Il Ppe considera poi inaccettabili “la cyber-minaccia rappresentata dalla Russia che supera di gran lunga quella cinese”. E viene quindi ricordata l’annessione della Crimea, “la guerra ibrida contro l’Ucraina, l’invasione della Georgia e le campagne russe contro i Paesi baltici”. In un totale di quasi tre pagine fitte di accuse a Putin e in cui viene sottolineata la necessità di un lavoro di controinformazione che deve coinvolgere i media europei e la stessa Nato.
“Non vengono citati i partiti sostenuti da Mosca e non viene neppure scritto che sono finanziati, piuttosto è dato per scontato”, commenta Amedeo La Mattina ancora su La Stampa. L’Italia non è però che l’ultimo, almeno in termini cronologici, degli appuntamenti sull’agenda di Putin. Prima vengono le elezioni tedesche e soprattutto quelle francesi. Oltralpe sono noti, dimostrati e già hanno creato problemi i rapporti di Marine Le Pen con Mosca. Tanto che nel 2014 la vittoria della Le Pen fu accompagnata, come denunciato dal premier Valls, da un prestito di 9 milioni di euro da parte della First Czech Russian Bank, a cui sarebbero dovuti seguire altri 27 milioni per le presidenziali.
Più incerti sono invece gli interlocutori tedeschi di una Russia che è a caccia di populismi per creare divisioni, una merce che intorno a Berlino non trova terreno fertile come nel resto del mondo tanto che, pochi giorni fa, la leader della maggiore forza populista del Paese è apparsa in lacrime. Lumi su questo potrebbe però fornirli qualcuno che si trova dall’altra parte dell’Oceano. Vale a dire Michael Flynn, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale americano costretto a dimettersi dopo soli 24 giorni per via dei suoi contatti con l’ambasciatore russo a Washington. Come ha reso noto il suo avvocato, infatti, “il generale Flynn ha certamente una storia da raccontare e lui vuole raccontarla, se le circostanze lo permetteranno”.
“Nessuna persona assennata – continua il legale in una nota – che sia ben consigliata si sottoporrebbe alle domande in un tale ambiente altamente politicizzato, da caccia alle streghe, senza prima aver avuto rassicurazioni contro un procedimento non equo”. Che tradotto con le parole del Washington Post significa chiedere l’immunità. E come ebbe a dire lo stesso Flynn solo lo scorso settembre: “Se ti danno l’immunità, vuol dire che hai commesso un crimine”.