Bossi: “Soldi nostri li butto dalla finestra”, diceva lo smemorato di Gemonio

di Riccardo Galli
Pubblicato il 17 Maggio 2012 - 15:44 OLTRE 6 MESI FA

Umberto Bossi (Lapresse)

ROMA – Che storia è quella di Bossi? La storia di uno spregiudicato uomo politico che utilizza i soldi pubblici per sé e la sua famiglia o la storia di un uomo travolto e trascinato negli scandali da quelli che credeva amici e dai parenti? L’ex segretario e fondatore della Lega, raggiunto anche lui da un avviso di garanzia nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dei rimborsi elettorali destinati al suo partito, di quella vicenda è vittima o carnefice? E’ lui che come ipotizzano gli inquirenti ha “truffato lo Stato” dirottando per usi privati i soldi del finanziamento pubblico oppure è stato lui da esser truffato e raggirato da tesorieri infedeli e cattivi consiglieri?Stando alle dichiarazioni dell’ex tesoriere leghista Francesco Belsito e di quella che è stata la segretaria “storica” del Senatur, Bossi sembra essere senza dubbio attiva parte in causa, e non certo vittima. La linea difensiva punta invece su un Bossi vittima degli uomini, delle amicizie sbagliate e delle circostanze, tracciando il ritratto di una sorta di “smemorato di Gemonio”.

“Paghette” mensili di 5000 euro destinate ai figli, alimenti pagati alla ex moglie del primo figlio con i soldi del partito, viaggi per i rampolli e ristrutturazioni di case private. Con i soldi dei rimborsi elettorali, stando ai magistrati, la Lega pagava di tutto, soprattutto per “the family”, la famiglia Bossi che aveva persino una sua cartelletta dedicata nella cassaforte del tesoriere della Lega. E poi i finanziamenti destinati alla scuola fondata dalla signora Marrone in Bossi, e quelli per il sindacato della “regina” del cerchio magico Rosy Mauro. I testimoni, gli indagati, concordano nel dire che Bossi sapeva, avallava e firmava. Sul fatto che firmasse sembra che ci siano pochi dubbi, ma sapeva, capiva a cosa apponeva la sua firma? Alcune dichiarazioni del Senatur lascerebbero supporre di sì. Una sera gli è sfuggito un imprudente:  “Con i soldi nostri possiamo farci quel che ci pare, anche buttarli dalla finestra”. Parlava ancora da segretario leghista. Visione singolare di cosa si può e cosa non si può fare con i soldi non della Lega, ma dei contribuenti, ma visione che appare, per quanto distorta, consapevole.

Chi cerca di difendere il Senatur sostiene invece che lui fosse vittima di quello che è stato definito il cerchio magico, vittima dei suoi stessi familiari e di tutti quelli che si sono approfittati di un uomo che non capiva esattamente cosa gli succedesse intorno. Linea e tesi difensiva forse valide in un tribunale e dal punto di vista penale, ma che lasciano più di un interrogativo al di fuori dei palazzi di giustizia. Se è vero che Bossi firmava ma non capiva, a chi l’Italia ha delegato il suo governo? Negli stessi mesi, negli stessi anni in cui “lo smemorato di Gemonio” sarebbe stato vittima dei raggiri, era ministro ed esponente di primo piano del governo e del potere politico del nostro Paese. Se non era in grado di accorgersi di quello che gli accadeva intorno, come poteva governare?

Paradossalmente ci dovremmo augurare, noi italiani elettori o meno della Lega, che Bossi Umberto fosse consapevole e complice. Appare infatti meno grave affidare il governo del Paese, o almeno una porzione di esso, ad una persona che tanto limpida non è, rispetto che ad un incapace.

Quale che sia la verità, dopo aver lasciato la carica di segretario e aver preso quella di presidente, dopo aver annunciato che si sarebbe ricandidato come segretario al prossimo congresso ed aver poi rinunciato in favore del nemico/amico Roberto Maroni, a Bossi era stato destinata l’ultima parola in fatto di espulsioni. Ipotesi che anche lei sembra ora destinata a tramontare. Come si fa infatti a dare o a un complice  o ad uno “smemorato di Gemonio”un compito simile? Apparentemente sembra impossibile. Ma la politica ci ha ormai abituato all’incredibile. E le parole attribuite alla moglie di Bossi, Manuela Marrone, lasciano presagire nuovi capitoli nella Dinasty in salsa leghista: “Se ce ne andiamo noi finisce anche la Lega”, che suona un po’ come “Muoia Sansone con tutti i filistei”. Per il prossimo capitolo della saga l’appuntamento è fissato per domani (18 maggio), quando la famiglia Bossi dovrebbe ritrovarsi per un summit nella villa di Gemonio in una sorta di “the family meeting”.