Spa di Stato: 7.000 capaci di perderci anche con Casinò, Terme e Farmacie

di Riccardo Galli
Pubblicato il 31 Marzo 2014 - 15:25 OLTRE 6 MESI FA

soldiROMA – “L’Italia ormai ha strappato un nuovo primato – scrivono Federico Fubini e Roberto Mania su Repubblica -: è l’unico biscazziere del mondo che tiene il banco, ma riesce a perdere come se avesse truccato la roulette contro se stesso”. E’ questo il caso più eclatante di una voragine da 13 miliardi di euro. La voragine costituita dalle Spa di Stato. Un vero e proprio universo lievitato nel 2011 a quota 7000 società che, aggregando i bilanci, brucia una marea di denaro pubblico. E se nel pubblico è persino normale che esistano delle realtà che erogano servizi in perdita, in Italia queste società riescono nell’impresa di perdere anche laddove sembrerebbe impossibile, come nei casinò, nelle terme e perfino nella gestione delle farmacie comunali. Performance quest’ultima raggiunta a Roma.

“Nel 2011 – racconta Repubblica – il Casinò municipale Campione d’Italia, partecipato dal comune di Como, è riuscito a centrare una perdita da 40 milioni di euro (e a premiare il suo top manager Carlo Pagan con 311.658,53 euro lordi). Il Casinò di Venezia, potenziale miniera d’oro in mano al comune, ha centrato un profondo rosso di 16 milioni di euro nel 2011, arrivando a una situazione di patrimonio netto negativo da 681 mila euro; poi di nuovo ha perso 14 milioni di euro nel 2012, e il suo direttore generale Vittorio Ravà ha incassato 250 mila euro lordi (più un patto di non concorrenza triennale quantificato in giornate a disposizione retribuite). Forse ha portato sfortuna la definizione sotto cui il casinò sulla Laguna ha scelto di iscriversi al registro delle imprese pubbliche: va sotto la voce “Attività di supporto per le funzioni d’ufficio”. Ma la ragione sociale non c’entra, perché anche la Casinò di Venezia Meeting & Dining (“ristorazione”) nel 2011 ha perso 659 mila euro. Per non parlare della Casinò Spa di Imperia, altra controllata dell’ente locale che gestisce la casa da gioco di Sanremo, che ha perso 2,3 milioni di euro”.

Repubblica quindi prosegue:

“È mai possibile per esempio versare in perdita cronica disponendo di un monopolio naturale che garantisce una rendita di durata illimitata? Sì, se siete uno Stato che fa i bagni termali. Avete le acque sulfuree dell’Amiata o di Montecatini, ma neanche quelle bastano a una gestione appena in equilibrio. Oggi in Italia non meno di ventitré società di bagni termali sono controllate da enti locali. Le Terme di Montecatini, per dirne una, offrono a caro prezzo “fangoterapia”, “viso al fango termale exclusive” e vari altri trattamenti, autodefinendosi surrealisticamente nel registro del Tesoro un’attività pubblica di “commercio al dettaglio”. Eppure sono in perdita di 1,6 milioni sul 2011. Sempre meglio di Salsomaggiore (rosso di 3,2 milioni), delle Terme di Agnano (meno 3,1 milioni) o dell’impresa pubblica pratese “Società Terme e Benessere” che ha chiuso il bilancio 2011 sotto di 5,7 milioni. In confronto i panettoni di Stato della prima Repubblica erano una frontiera avanzata dell’innovazione”.

Casi da inserire nei manuali d’economia, come esempi ovviamente negativi. Avere un esercizio in rosso in una grande casa da gioco è più che un esercizio economico un esercizio d’abilità. Tenere il banco, come dicono Fubini e Mania, è una condizione che tutti sanno essere favorevole. Tranne che in Italia.

La galassia delle oltre 7mila partecipate dagli enti pubblici (Regioni, Comuni, Province, Comunità montane) in aggregato è una megaholding da circa 43 miliardi di fatturato, 300 mila dipendenti, oltre 115 miliardi di investimenti programmati. E una pletora di poltrone: più di 30 mila, per le sole aziende partecipate dai Comuni. Ci sono quasi 16mila amministratori (ogni azienda ne ha in media 4,3), circa 12mila componenti degli organi di controllo. Poi quasi 3mila persone con incarichi diversi, da direttori generali in giù. Nell’insieme, è una città di medie dimensioni. Solo a Roma, tra il 2008 e il 2010, nelle aziende che fanno capo al Campidoglio il personale è cresciuto di almeno 3.500 unità.

Le ragioni di questa follia tutta italiana, praticamente inspiegabili a un qualsiasi uomo d’affari o esperto d’economia, sono purtroppo per noi italiani sin troppo note. Attraverso le società partecipate si crea consenso e si assegnano posti, in un mercato elettorale dove a pagare sono i cittadini.

Ovviamente esistono anche realtà che realizzano profitti e che forniscono un servizio efficiente. Ma il conto finale, il totale, è in rosso. E, come segnalano Fubini e Mania, il Centro studi della Confindustria calcola che, azzerando la partecipazione nelle imprese che non svolgono servizi pubblici, il risparmio per lo Stato sarebbe di 12,8 miliardi: più di quanto occorre per lo sgravio di 80 euro nelle buste paga dei redditi più bassi. Un dato che calcolatrice alla mano non lascerebbe spazio a dubbi su come agire, anzi tagliare. Ma la calcolatrice non tiene conto del prezzo che almeno nel breve periodo pagherebbe il politico che in questa direzione si muovesse. Un prezzo salato che non lascia ben sperare…

Ultima considerazione: quando si parla di riforma, cambio dell’Articolo V…la maggioranza di noi, la stragrande maggioranza non sa neanche lontanamente di cosa si parla. Bene, l’Articolo V della Costituzione da riformare, da rifare (dopo che è stato riformato e rifatto una decina di anni or sono) è quello che consente ai poteri e governi locali, primi fra tutti le Regioni, di spendere senza sostanziale limite e di edificare e difendere, espandere e coltivare la grande galassia delle Spa di Stato. L’Articolo V come è stato rifatto è quello che fa delle Regioni degli Stati intoccabili nelle loro decisioni e soprattutto burocrazie e clientele. Avevamo uno Stato inefficiente e costoso e clientelare, è stato moltiplicato per il numero delle Regioni. Questo capolavoro è il frutto misto della demagogia leghista, dell’opportunismo di Berlusconi, della mitizzazione del federalismo e dell’incapacità governativa della sinistra. Lega e Forza Italia accesero i fuochi del “federalismo”, il Pd e gli alleti di governo misero nei fuochi a bruciare la carne viva e vera del paese.

Ora errare è umano e anche politico, la sinistra allora in nome del federalismo fece un disastro clientelare, stabilì infiniti centri in cui il ceto politico comprava il consenso con finte aziende, assunzioni senza lavoro, stipendi senza motivo…insomma la gran parte dell 7.000 Spa di Stato. Errare è umano e politico ma insistere e perseverare cos’è? E’ la prova che nel corpo della sinistra si è incistato e diffuso un vastissimo ceto non solo legato alle Spa di Stato ma che trova in quel sistema economico la sua stessa ragion d’essere. La retorica sui “territori” è la divisa di questo ceto, sotto la divisa la difesa a denti stretti e a pugni chiusi dei servizi sociali scarsi e costosi purché pubblici. Talvolta cisti e corpo coincidono, qua e là la sinistra politica e sociale e il suo ceto burocratico parassitario purtroppo coincidono. Dando ancora una volta ragione a quanto quasi un secolo fa si leggeva nella Rivoluzione Liberale (quella di Piero Gobetti non quella alle vongole di Tremonti…) “un proletariato parassitario e un’imprenditoria pigra e schiavista”.

Più o meno siamo, in modernissimi panni, ancora là. Con l’aggiunta dell’equivoco di successo della lotta alla “aristocrazia” come se l’aristocrazia fosse la nobiltà feudale. Aristocrazia è il governo dei migliori cui dovrebbe aspirare ogni forma di Stato: la monarchia come la repubblica, la democrazia come perfino la dittatura. Ma i vari popoli delle varie reti e movimenti hanno decretato che il bando ai migliori è niente meno che la democrazia. Quindi proletariato parassitario nella versione aggiornata della gente, imprenditoria pigra e schiavista nella versione aggiornata dei padroncini e dei padroncioni che fanno finanza e non impresa e in più la rete dell’ignoranza meduiocre felice di questo suo basso standard e feroce nel perseguire ogni “migliore”. E’ l’habitat perfetto per le migliaia e migliaia di Spa di Stato ce ci perdono anche sui Casinò, terme e farmacie.