Terremoto donazioni. Mille collette: troppe. E qualcuna sospetta

di Riccardo Galli
Pubblicato il 9 Settembre 2016 - 14:14 OLTRE 6 MESI FA
Terremoto donazioni. Mille collette: troppe. E qualcuna sospetta

Terremoto donazioni. Mille collette: troppe. E qualcuna sospetta

ROMA – Terremoto in Centro Italia del 24 agosto. E da subito, praticamente dal giorno dopo l’offerta spontanea e la raccolta organizzata di soldi peer i terremotati. Per le immediate esigenze e anche per aiutare in qualche misura la ricostruzione che verrà. Oggi, dopo una quindicina di giorni, un sommario ma non impreciso censimento fatto da Radio 24 Sole 24 Ore conta un migliaio abbondante di collette. Mille collette per una causa. Troppe. Ingombrano, si sovrappongono. Qualcuna è nata soprattutto per la voglia di protagonismo di chi l’ha indetta. E qualcuna, poche, pure sospette.

All’inizio gli italiani inondarono i centri di raccolta soprattutto di cibi e vestiti. Memori forse di altri terremoti italiani dove i soccorsi appunto in cibo, vestiti, medicinali, acqua arrivarono poco e male. Stavolta no, stavolta i soccorsi sono stati immediati e in forze, ottimi e abbondanti. Quindi giustamente la solidarietà è stata indirizzata verso l’unico canale delle donazioni in denaro. Via sms, bonifico…o altro. Ecco appunto nell’altro spesso vi è confusione sgomitante.

Prendiamo le “amatriciane” di solidarietà: due euro del ristoratore e due del consumatore per ogni piatto di “amatriciana” ordinato, cotto e mangiato. Ancora ancora un’iniziativa del genere ce la fa ad essere monitorata, se sono i ristoranti. Ma siamo al limite, limite di monitoraggio varcato quando la “amatriciana” di solidarietà è in piazza via pentolone. Dove finiscono i soldi di quella colletta? Non è che li rubino, non è questo. Ma dove li versano, che se ne fa? Purtroppo quasi sempre finiscono di fatto congelati, inutilizzati.

Mille collette e se in capo a ciascuno non c’è un capofila grande di dimensioni e competente, tipo la Croce Rossa, queste collette disperdono le donazioni e immobilizzano i soldi raccolti.

Poi c’è un’altra grande famiglia di collette, quelle indette per presenzialismo, protagonismo più o meno istituzionale, sgomitamento ad esserci più o meno strategico. Organizzazioni che si occupano di commercio estero o di vigilanza urbana o di qualunque cosa lanciano collette. Nel migliore dei casi non sapranno cosa farci coi soldi raccolti, a chi darli e come. Comprensibile lo zelo, anche l’eccesso di zelo. Però il “terremoto, facciamo una colletta” è diventato anche un must di pubbliche relazioni e questo va molto molto meno bene.

Infine le poche ma non inesistenti collette sospette. Non quelle grandi, quelle che leggi in televisioni o sui giornali, quelle sono sicure, blindate, controllate. Hanno forse un solo limite: non hanno il tempo limite entro cui impiegare i fondi raccolti. Ma più si scende di dimensioni della colletta e proporzionalmente aumentano le possibilità (rare) di donare due euro a qualcuno che se ne tiene uno…per rientrare delle spese organizzative.

Mille collette per un terremoto sono infatti troppe, così tante contengono purtroppo oltre che tante forme di generosità anche tanta disorganizzazione, spreco, e qualche immancabile furbetto italico.