Saguto: Cassazione cala il sipario, la parola al Tribunale

di Antonella Del Sordo
Pubblicato il 30 Ottobre 2019 - 09:06 OLTRE 6 MESI FA
Silvana Saguto: Cassazione cala il sipario, la parola al Tribunale

Silvana Saguto in una foto Ansa

ROMA – La Cassazione conferma il provvedimento disciplinare: Silvana Saguto, è stata radiata dalla magistratura. Un caso più unico che raro: le sezioni unite civili della corte di Cassazione hanno definitivamente rimosso dall’ordine giudiziario Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo.

Silvana Saguto aveva infatti impugnato il provvedimento, oggi confermato legittimo, con il quale il Consiglio superiore della magistratura aveva richiesto la sospensione dal ruolo. 

Coinvolta nello scandalo scoppiato nel 2015, sulla gestione dei beni sequestrati alla mafia per la gestione dei quali (secondo l’accusa) avrebbe creato un sistema illecito e usato la sua posizione di magistrato per conseguire vantaggi ingiusti, la donna è ancora oggi sotto processo al Tribunale di Caltanissetta. 

Lei, la donna della legalità, che la legalità sembrerebbe (sempre secondo l’accusa) averla rappresentata a modo suo usando la sua posizione per privilegiare parenti e amici. La donna dai “mille volti” che  dichiarò in una intervista ad un noto settimanale italiano : “La legge dice che gli amministratori giudiziari devono essere persone di fiducia, chi meglio dei parenti di un magistrato?”. 

Lei, il magistrato (ormai ex) che ha fatto tremare la magistratura, facendoci a tratti credere che, in certe posizioni, tutto fosse lecito, anche disporre dei beni altrui come se fossero i propri. A “peggior” ragione proprio Lei che su certi beni, dall’alto del suo ruolo, aveva anche l’obbligo di “vigilare”, garantendone la destinazione, post confisca, a fini nobili. 

Da Magistrato a imputato, in questi quattro anni Silvana Saguto ha costruito la sua difesa intrecciando trame, che raccontano di un sistema diffuso fatto di richieste e scambi di favori. Un sistema talmente diffuso da apparire normale e far apparire l’ eventuale  colpa, sua e dei suoi colleghi, soggettiva e relativa. 

Gli agenti mandati a ritirare le scarpe? “Era una questione di sicurezza”. La spesa di 15 mila euro mai saldata al supermercato sequestro alla mafia? “Un debito”. 

Nei suoi racconti, anche i reati non sono più tali se si cambia il punto di vista. Nulla è oggettivo, neanche i fatti. 

Fortunatamente, come in una pièce teatrale, arriva il momento in cui gli atti finiscono, cala il sipario e chiunque è libero di applaudire (oppure no).

Una nota di più ampi respiro e portata . Alla Saguto che contestava la mancata sospensione del procedimento disciplinare in attesa dell’esito del processo penale, la Corte di Cassazione ha replicato che “la pendenza di un processo penale relativo agli stessi fatti non determina la necessaria sospensione del procedimento disciplinare”, visto che “i criteri di accertamento della responsabilità sono diversi”.

Principio che vale per i politici e più in generale per il diritto di cronaca. Il giudizio etico e professionale non si esaurisce e non è assorbito dalla giustizia ordinaria.