Corte dei Conti: porta miliardi allo Stato costa 313 milioni. Attacco perché?

di Salvatore Sfrecola
Pubblicato il 26 Giugno 2014 - 16:02 OLTRE 6 MESI FA
Corte dei Conti: porta miliardi allo Stato costa 313 milioni. Attacco perché?

Corte dei Conti: porta miliardi allo Stato costa 313 milioni. Attacco perché?

Salvatore Sfrecola ha scritto questo articolo per il suo blog, “Un sogno italiano”.

Il danno all’Istituzione e alla sua immagine è fatto. Ed è grande! I lettori dela Repubblica saranno naturalmente indotti a credere, almeno dal 22 giugno, data di pubblicazione dell’articolo, che effettivamente “La Corte dei conti brucia 313 milioni È la sentinella più cara d’Europa”, come titola Federico Fubini. Firma illustre del Corriere della Sera prima e di Repubblica oggi, la sua critica alla Corte dei conti resterà nella memoria di molti che non hanno avuto dalla lettura dell’articolo elementi più approfonditi di valutazione sul costo per il bilancio pubblico dell’Istituzione in rapporto alle funzioni svolte ed a quelle degli altri organi di controllo richiamati per dire che pesano meno sul contribuente dei rispettivi stati, Regno Unito, Francia, Germania.
Ho subito contestato l’impianto dell’articolo su Twitter. Con i pochi caratteri a disposizione (140) ho fatto notare che sembrava “evidentemente ispirato da chi non tollera controlli o è stato condannato” (dalla Corte dei conti, n.d.A.).

Fubini ha risposto “grazie dell’attenzione. Ispirato solo dalla lettura dei dati pubblici, ed è su questi che sarebbe utile una risposta”.

Che è stata: “non tiene conto che la Corte italiana ha funzioni giurisdizionali impegnative che non hanno le altre”.

E poi “fra l’altro si poteva dire che lo Stato ha incassato 400 milioni x condono dopo la citazione della Procura del Lazio” (questione società dei giochi) e che “la mia Sezione (Piemonte) ha condannato le coop delle quote latte a 205 milioni = + di 600 nel 2013”.

Fin qui su Twitter. Poi il silenzio.

Per far capire meglio ai nostri lettori andiamo alla prosa di Fubini cominciando dal titolo “La Corte dei conti brucia 313 milioni. È la sentinella più cara d’Europa”. Tradotto, costa più delle altre Istituzioni superiori di controllo, come gli organismi presi in considerazione vengono definiti in sede INTOSAI (The International Organisation of Supreme Audit Institutions).

Prosegue: “non esiste in Europa un organismo simile che costi altrettanto. Di solito la magistratura contabile fa parlare di sé per i suoi richiami sugli sprechi, rivolti a tutti gli organi dello Stato. L’espressione “monito della Corte dei conti” su Google produce 363 mila risultati: un pilastro della lingua italiana. La relazione annuale di quell’organismo è un vademecum essenziale per capire il bilancio pubblico e ciò che là dentro non va. Sarebbe interessante capire se il prossimo rapporto della Corte dei conti conterrà anche solo un capoverso sulle sue stesse spese”.

I dati sono del bilancio pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Comprende lui stesso che non è sufficiente. “Che 313 milioni di spese siano pochi o molti è per definizione discutibile”. Infatti occorre verificare cosa un’Istituzione fa valutare se costa il giusto. Non lo fa. Ma intanto la coltellata alla schiena l’hanno sentita tutti a viale Mazzini.

Snocciola i dati delle altre istituzioni. “In Gran Bretagna, un Paese con un bilancio pubblico e un prodotto lordo simili a quelli dell’Italia, il National Audit Office l’anno scorso ha ricevuto dal Parlamento 66 milioni di sterline (circa 80 milioni di euro, inclusi 4 per spese una tantum. E il lavoro dei revisori pubblici di Londra ha prodotto per il contribuente risparmi provati di spesa per oltre un miliardo. Ma i magistrati italiani, con il quadruplo delle risorse, non hanno mai dimostrato dati alla mano risultati del genere. In Francia invece la Cour des Comptes nel 2013 è costata 206 milioni, un terzo meno che in Italia, e i portavoce di Parigi sembrano persino scusarsi per l’enormità della cifra. Essa include, si spiega, venti organi decentrati che controllano la spesa delle Regioni: come in Italia. La Corte dei conti europea a Lussemburgo l’anno scorso ha speso invece 142 milioni, benché controlli bilanci in ognuno dei 28 Paesi dell’Unione. E il Bundesrechnungshof costa 127 milioni: non sono inclusi gli impegni di 16 organi regionali, ma anche con quelli l’onere totale resterebbe molto inferiore all’Italia”.

Getta il sasso Fubini e ritira la mano. E rinvia alla Corte l’onere di far sapere “come mai… deve costare più di tutte le pari grado in Europa”. Che è certamente giusto, in quanto ogni istituzione pagata dai contribuenti dovrebbe dar conto dei risultati delle spese. Prima di tutto la Corte “dei conti”.

Avrebbe potuto farlo anche Fubini dando al suo impegno il senso di una inchiesta e non di un articolo che, mi perdonerà, sembra fatto apposta per compiacere il Presidente del Consiglio, accusato dalla Corte dei conti, e condannato, per spese non dovute nella sua qualità di Presidente della Provincia di Firenze.

Che poi, come sembra abbia detto, sia stato indotto in errore dai suoi collaboratori è molto probabile, un episodio che avrebbe dovuto insegnargli che questi vanno scelti con cura sulla base di professionalità ed esperienza. Anche a livello governativo.A questo punto occorrono alcune riflessioni.

Fubini non avrebbe potuto scrivere quel che ha scritto se la Corte facesse conoscere meglio la propria attività con diffusione di dati e fatti “confezionati” ad uso della gente, cioè dei lettori dei giornali, non solo di quelli specializzati. Ha scritto un magistrato: “non riusciamo a far conoscere all’opinione pubblica che cosa esattamente facciamo, e come ci guadagniamo faticosamente ed onestamente quello che ci viene corrisposto (non “elargito”)”.

Illustrando i dati, non solo numerici ma disaggregati e con riferimento alla loro rilevanza di fatto e giuridica. Una sentenza per danno erariale da incidente stradale ed una che condanna per lesione all’immagine della P.A. per corruzione statisticamente sono un numero. Nella realtà diverso, molto diverso è il contenuto e, certamente, l’importo della condanna. La Corte deve fare statistiche che diano conto del valore dell’affare, come l’avvocato nella parcella indica il valore della causa.

È l’esigenza di un’informazione puntuale ed efficace che faccia conoscere quello che la Corte fa. Occorre utilizzare dati, rappresentare funzioni, presidiate ed elencare fenomeni affrontati. Anche quelli che non comportano una deliberazione o una sentenza. Un richiamo molto spesso riporta l’amministrazione sui binari giusti. Non fa statistica ma conta più di una sanzione.

Anche per l’Associazione Magistrati della Corte dei conti l’articolo di Federico Fubini è “rappresentativo di una realtà non corrispondente al vero”. I dati dei conti riportati “non sono assolutamente comparabili” con quelli di analoghi Istituti di altri Paesi richiamati nell’articolo; basti considerare, al riguardo, che la Corte dei conti italiana esercita il controllo in maniera diffusa sui conti dello Stato, delle Regioni e di tutti gli Enti locali ai fini del coordinamento della finanza pubblica, a tutela della sana e corretta gestione delle risorse pubbliche, e per il rispetto dei vincoli assunti dall’Italia nei confronti dell’Unione Europea”.

La Corte italiana, inoltre, svolge funzioni giurisdizionali per il risarcimento dei danni erariali. Ciò che costituisce un deterrente per gli amministratori e dipendenti pubblici infedeli, “un “sistema” – aggiungono i magistrati contabili – a cui sono intestate funzioni di controllo e di giurisdizione, che è invidiato da tutti gli altri Paesi europei”.

E più volte, aggiungo, è stata proposta l’estensione del modello italiano alla Corte dei conti dell’U.E..

Anche l’Istituzione si è fatta sentire in termini analoghi sempre precisando che “nell’articolo vengono messi a confronto dati eterogenei e, quindi, non suscettibili di corretta comparazione”. E precisa che “l’estensione della giurisdizione dell’Istituto è in assoluto la più ampia tra le “Corti”, ed in particolare quelle europee, sia per il livello delle competenze… sia per l’estensione territoriale, che copre tutte le sedi regionali, con Sezioni e Procure”.

Quanto al controllo la Corte ricorda che “nella maggior parte dei Paesi europei la revisione dei bilanci e l’esercizio degli “audits” sono spesso affidati ad Istituzioni territoriali ovvero ad Audit Committees (Società di revisione), con costi distinti che si aggiungono a quelli delle ISC” (Istituzioni superiori di controllo).

“La Corte dei conti italiana, esercita, in sede centrale e regionale, il controllo “ex ante” di legittimità sui più importanti atti amministrativi, – connotazione pressoché unica sul piano europeo – quello di regolarità amministrativa (compliance), quello finanziario (financial) quello sui risultati della gestione (performance); svolge altresì attività consultiva nei confronti degli oltre 8 mila enti territoriali”.

“Le analisi della Corte, che vedranno in questa settimana la loro più compiuta evoluzione nella relazione che accompagna la Decisione di Parifica del Rendiconto generale dello Stato, sono, da tempo, orientate all’applicazione delle regole della Nuova Governance Europea (Six Pack, Fiscal Compact e Two Pack) e la Corte è stata la prima Istituzione europea ad analizzare il Quadro Programmatico di bilancio, nel contesto della Legge di Stabilità, come prevede, appunto il Two Pack, nella prospettiva del Pareggio di Bilancio (Balanced Budget) che è stato costituzionalizzato nel nostro Paese”.-

“Da un’analisi meno superficiale di quella condotta nell’articolo” – puntualizza il comunicato stampa della Corte – … emerge con chiarezza che la ripartizione della spesa per funzioni-obiettivo rispecchia in pieno la pluralità delle attività svolte dalla Corte, che non si esauriscono in quelle di controllo ma ricomprendono anche la giurisdizione. Le prime assorbono il 43% della spesa totale, a fronte di circa il 40% delle seconde”.

“In effetti, di quel 43% della spesa totale inerente alla funzione di controllo, quasi i due terzi si riferiscono alla dimensione territoriale che, nelle altre esperienze comparate è affidata ad istituzioni pubbliche od a società di revisione, con costi complessivamente non inferiori e non unitariamente esposti”.

“Quanto ai risultati della costante azione svolta dalla Corte dei conti, essi si manifestano in svariate espressioni, sia in funzione di prevenzione, influendo positivamente sull’azione amministrativa in via di formazione, anche attraverso linee guida e regole di buona gestione, sia in funzione repressiva, oltre che attraverso l’azione risarcitoria nei confronti degli autori di illeciti contabili, tramite la continua formulazione di osservazioni e raccomandazioni dirette ad apportare modificazioni alle attività gestionali in corso di espletamento”. Con la precisazione che “i mancati benefici non sono, di norma, da ricondurre a carenze dell’organo di controllo, ma, per lo più, al mancato conseguenziale intervento delle Autorità, di volta in volta, sollecitate dallo stesso, alle quali l’attuale normativa riserva tale successiva fondamentale operazione di adeguamento”.

Insomma, l’articolo di Fubini nella migliore delle ipotesi appare superficiale e imprudente, considerato che si è avventurato in una critica pesante ad una istituzione dello Stato che è il fulcro del sistema delle garanzie obiettive nella gestione del pubblico denaro. Non che il rango di una istituzione la renda intangibile, ma certamente meritevole di rispetto, nel senso che se una critica è da fare non basta riferirsi a “dati pubblici” che lui stesso riconosce non bastano. Dietro i numeri ci sono i fatti, il lavoro, l’impegno di funzionari e magistrati. Ci sono effetti evidenti sul buon andamento e la legalità nelle amministrazioni anche quando non immediatamente visibili.

Superficialità del resto consueta a certa pubblicistica ad effetto che si iscrive in un clima di esasperata intolleranza nei confronti dei controlli, come dimostra la preannunciata eliminazione del Segretario comunale, tradizionale sentinella della legalità e della regolarità contabile negli enti locali. Lo propone uno che vanta l’esperienza di sindaco! Di Firenze, una città che amiamo per la storia e l’arte, ma i cui abitanti sono assai meno del più piccolo Municipio di Roma.