Fermare black bloc o graffitari? Far pagare i danni più efficace del carcere

di Salvatore Sfrecola
Pubblicato il 5 Maggio 2015 - 07:02 OLTRE 6 MESI FA
Fermare black block o graffitari? Far pagare i danni più efficace del carcere

Le scritte sui muri di Milano dopo il corteo dei No Expo (foto Ansa)

ROMA – Salvatore Sfrecola ha pubblicato questo articolo anche suo suo blog, Un sogno italiano, col titolo “Stato imbelle. Chi rompe paghi, dai graffitari ai black bloc“.

Nel giorno della inaugurazione di EXPO 2015 sono andate in onda sulle televisioni di tutto il mondo non solamente le immagini della cerimonia e degli stand, gli squilli di tromba e lo sventolio delle bandiere. A fare notizia è stata anche la devastazione di aree centrali di Milano in mano ai black bloc che, presenti nel corteo dei NO EXPO, hanno incendiato automobili e cassonetti e infranto vetrine, mentre le avanguardie provvedevano a neutralizzare le telecamere di sorveglianza ricoprendole di vernice. Danni che la Regione Lombardia si è impegnata a risarcire ai cittadini, mediante costituzione di un fondo per il quale è prevista una dotazione iniziale di un milione di euro. Una somma sottratta a destinazioni di interesse istituzionale e sociale.

Danni rilevanti, dunque, a cose e persone, agli agenti delle forze dell’ordine, in particolare, che, fedeli alle direttive, non hanno ingaggiato un confronto con i manifestanti ma si sono limitati a contenerli proteggendo alcuni obiettivi. Una scelta, evidentemente dettata dal Ministero, che si può condividere o meno, anche se la possibilità di prevenire le violenze era concretamente perseguibile, considerato che nei giorni precedenti erano stati indentificati i facinorosi, italiani e stranieri, dediti alla devastazione delle città in occasione di avvenimenti di rilievo internazionale.

Come reagire in questi casi? Se lo chiedono i media ad ogni occasione e sempre con un certo senso di impotenza.

Nel caso di avvenimenti sportivi una strada è stata trovata nel coinvolgimento delle società sportive e nelle misure interdittive nei confronti di violenti abituali che vengono tenuti lontano dagli stadi. Manca tuttavia, a mio giudizio, l’attenzione per una regola antica e saggia, quella secondo la quale “chi rompe paga”. Nel privato avviene normalmente. Nel pubblico le amministrazioni non riescono a farsi risarcire dagli autori degli illeciti.

È mia opinione che nella ricerca di misure di contrasto alla violenza che provoca danni a persone e cose non si possa percorrere esclusivamente la strada della sanzione penale che da sola non realizza quella deterrenza che le si vorrebbe riconoscere e che non ha, come l’esperienza insegna, neppure rispetto ai reati più gravi. Basti pensare alla corruzione.

Occorre, dunque, un mix di misure penali, amministrative e risarcitorie capaci effettivamente di dissuadere e di ottenere un risarcimento dei danni dalle persone e dalle organizzazioni che chiedono l’autorizzazione ad una manifestazione pubblica. In sostanza si dovrebbe prevedere che, al momento della autorizzazione ad un corteo o ad una manifestazione, gli organizzatori fossero contestualmente responsabilizzati per le vicende che possono derivarne. Magari attraverso il deposito cauzionale di una somma da liberare solo al termine della manifestazione, ove non ci fossero stati danni o i danni non fossero imputabili ai partecipanti alla manifestazione inquadrati nell’organizzazione promotrice. Un tempo i sindacati organizzavano un “servizio d’ordine” che teneva lontano i malintenzionati, in qualche modo concorrendo con le Forze di Polizia ad evitare incidenti.

E poiché parliamo di danni causati a beni pubblici e della comunità, mi soffermo sull’annosa vicenda dei cosiddetti “graffitari” i quali provocano alle amministrazioni danni valutati in molti milioni di euro come messo in evidenza da alcune statistiche relative al costo del ripristino di immobili o di vagoni ferroviari e tranviari deturpati.

Significativa una trasmissione su Rai2 dal titolo “Senza peccato”, che già di per sé dimostra un atteggiamento “comprensivo”, la quale, tra le varie testimonianze che hanno accompagnato lunghi filmati nei quali si illustravano le prodezze di giovani e meno giovani, ha mandato in onda la testimonianza di un funzionario della Polizia Municipale di Milano palesemente orgoglioso del fatto che alcuni deturpatori, identificati tramite videocamere o altri filmati, erano stati condannati ad una pena di sei mesi. Nessun riferimento ad una ipotesi di risarcimento. È evidente la inadeguatezza dello strumento penale che si basa su due articoli del codice, il 635 e il 639. Il primo punisce il danneggiamento, il secondo il deturpamento e l’imbrattamento di cose altrui. Le pene vanno da sei mesi a tre anni di reclusione, per il 635, e da uno a sei mesi per il 639 “se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati”, pena alternativa ad una multa da 300 a 1000 euro.

Ritengo evidente che se, ferma restando la sanzione penale, le amministrazioni si aprissero al risarcimento del danno, manifestanti violenti e graffitari sarebbero ricondotti a più miti consigli perché l’azione risarcitoria è assistita dalla possibilità di misure di garanzia patrimoniali, quale il sequestro di beni, che certamente dissuadono colui che intende delinquere molto più della ipotetica sanzione penale. E comunque fa male mettere la mano al portafoglio.

Ricordo, poiché ci avviciniamo all’estate, di avere affrontato alcuni anni fa, da Procuratore della Corte dei conti, questo problema con riferimento ai danni provocati da incendi dolosi che avevano interessato boschi andati distrutti e di aver invano insistito perché la P.A. si costituisse parte civile in sede penale con richiesta di risarcimento dei danni. Questi sono costituiti in primo luogo dal danneggiamento dell’assetto naturale di un territorio, spesso molto vasto, che ha bisogno di essere ripristinato con interventi straordinari per la restituzione dell’habitat naturale. C’è, poi, il costo dello spegnimento dell’incendio assai rilevante, in particolare l’impiego di aerei e di elicotteri costa decine di migliaia di euro.

Ho affrontato in più occasioni questo tema e mi è stato fatto osservare che, a volte, l’incendiario è lo scemo del villaggio, anche se sappiamo che, più spesso, l’incendio è doloso e originato da interessi illeciti. Bene, io ritengo che se l’autore dell’incendio è realmente lo scemo del villaggio e rischia di essere chiamato a risarcire il danno, chi ne ha la responsabilità, in primo luogo la famiglia, sarà indotto a tenerlo a casa per il periodo estivo, ad evitare che vada in giro col fiammifero in mano. Inoltre, in caso di incapienza patrimoniale del responsabile e dei suoi familiari, una norma intelligente dovrebbe prevedere l’assegnazione dell’incendiario – ma anche del graffitaro – ai servizi sociali per risarcire la comunità, del tipo pulizia dei parchi, degli arenili o delle sponde dei fiumi ad evitare accumulo di materiali che potrebbero farli esondare. Ipotesi come tante. L’importante è che l’autorità pubblica, utilizzando i poteri che ha o dotandosi di nuovi strumenti normativi, sia capace di dissuadere dal danneggiamento di beni pubblici e privati non solo minacciando la sanzione penale ma anche un congruo risarcimento dei danni che l’amministrazione e la comunità hanno effettivamente subito.