Salvini: “Sindaci, ribellatevi alla legge sbagliata”. Era il 2016, era lui il traditore?

di Lucio Fero
Pubblicato il 4 Gennaio 2019 - 09:00 OLTRE 6 MESI FA
Salvini: "Sindaci, ribellatevi alla legge sbagliata". Era il 2016, era lui il traditore?

Salvini: “Sindaci, ribellatevi alla legge sbagliata”. Era il 2016, era lui il traditore?

ROMA – Salvini: “Sindaci, ribellatevi alla legge sbagliata. Sindaci, vi invito tutti a non applicare la legge che non risponde alla vostra coscienza”. Era il 2016, la legge era quella delle Unioni Civili. E la Lega e Salvini in persona giudicavano quella legge niente meno che come immorale se non blasfema. Quindi l’invito ai sindaci leghisti e non leghisti era quello di non registrare in Comune le Unioni Civili tra persone dello stesso sesso. Alla legge che va contro la tua coscienza ribellarsi è giusto pubblicamente diceva Matteo Salvini.

Era il 2016 e, stando a quanto Matteo Salvini dice oggi, allora il “traditore” era lui. Oggi Salvini ministro degli Interni bolla come traditori dello Stato e degli italiani i sindaci che non intendono applicare la parte del Decreto Sicurezza che nega per i migranti richiedenti asilo la possibilità di iscriversi all’anagrafe comunale mentre aspettano risposta alla loro domanda. Oggi Salvini li invita a dimettersi se non intendono rispettare le leggi dello Stato. Oggi Salvini ha dalla sua e fa suo il fortissimo e decisivo argomento per cui la legge è una e la fa il parlamento per tutto il paese e quindi non è possibile che ogni sindaco si faccia la sua e che ogni Comune si faccia una sorta di Repubblica autonoma.

Oggi…ieri Salvini diceva l’esatto contrario. In omaggio, ossequio e osservanza della ipocrisia teatrante che caratterizza la vita pubblica italiana e che ha nella politica il suo maggior teatro. Ipocrisia teatrante che è un canone cui sottostanno volentieri tutti. Magari c’è qualcuno più bravo e disinvolto nella messa in scena, Salvini è uno di questi.

Teatro è in parte anche quello dei sindaci, Leoluca Orlando e De Magistris in testa. Teatro il proclamare non valida o sospesa nel proprio Comune la legge di Stato. Teatro per mettere in scena un’opera storta. I sindaci non hanno il diritto di sospendere o non applicare leggi di Stato. Non ne hanno né il diritto né il mandato popolare. E recitare il contrario alla lunga ammala l’idea stessa di legge e Stato e legittimità e democrazia perfino. Ogni recita di questo tipo è graffio e schiaffo alla democrazia, sia quando la recita anti Stato la faceva Salvini sia quando la fa De Magistris.

I sindaci, e Orlando finalmente lo ha capito anche se solo in parte, non dovevano far clamore e mimare rivolta. Dovevano rivolgersi ad un giudice. Sottoporre a un giudice la domanda: questa parte del Decreto Sicurezza è compatibile con la Costituzione italiana? Giudice riceva istanza, esamina e se ritiene trasferisce la questione alla Corte Costituzionale che poi sentenzierà. Funziona, dovrebbe funzionare così. Non fosse per una costante rappresentazione drogata e intossicata messa in atto da politica e comunicazione.

Perché nel Decreto Sicurezza, in quel punto un problema c’è. E non è un problema buonista. Non è buonisti contro cattivisti. E’ che se neghi al richiedente asilo che è già in Italia la possibilità di avere una residenza anagrafica gli neghi elementi minimi di sopravvivenza, gli neghi tutte quelle cose che non si possono fare o avere senza avere appunto una residenza anagrafica.

Nella concezione di Salvini (Di Maio ci sta) si fa così per trasformare il migrante da assistito a partente. Gli si comunica che gli si rende letteralmente la vita impossibile mentre aspetta di sapere se l’Italia dirà sì o no alla sua richiesta di asilo. Funzionerebbe, sia pure nella logica di Salvini e cioè di buttarne fuori il più possibile, a due condizioni. Entrambe assenti. Già, due condizioni. Perché anche per essere anti migranti occorre essere efficienti e non solo teatranti. Altrimenti si fa solo casino, casino per legge di Stato.

Prima condizione: puoi negare status anagrafico al richiedente asilo se sei in grado di rispondere sì o no in poco tempo. Tenere un individuo sospeso tra legale permanenza in Italia oppure no si può per 15, trenta, sessanta giorni? Di più e caos e boomerang. In Italia una risposta alla richiesta di asilo arriva dopo non meno di un anno e spesso due. Nel frattempo se gli levi anche residenza anagrafica il richiedente asilo lo sbatti letteralmente in mezzo a una strada. e lo consegni, con un Decreto Sicurezza anti immigrati, alla clandestinità.

Seconda condizione: dopo aver tenuto sospeso per poco tempo il richiedente asilo (cosa che non fai come visto prima) dovresti per dare un senso al blocco di fatto dell’immigrazione espellere davvero quelli cui hai negato l’asilo. Ma le espulsioni sono cosa difficile, costosa e complicata. Di fatto se neghi anagrafe e asilo e non sei in grado di espellere i conti sono presto fatti: quelli che oggi non tolleri e sopporti più come assistiti li trasformi in manodopera dei clan del lavoro nero, dello spaccio, del furto, dei vari racket gestiti su base etnica spesso in joint venture con la criminalità italiana. Non proprio un successo per un Decreto Sicurezza.

Questa è comunque la legge. Una legge che fa casino e non ordine. Una legge da bar e non da legislatore. Una legge che non sa bene dove mette le mani. Una legge anti stranieri che con fervore incompetente crea stranieri clandestini. Ma questa è la legge. E i sindaci o chiunque al posto loro, i sindaci per primi chiamati ad applicarla la devono applicare. E chiamare, finché c’è, un giudice a dire se una legge così, una legge che nega perfino un indirizzo a chi ha chiesto asilo all’Italia, è una legge che non fa a pugni con la Costituzione. Fino a che c’è anche questa, la Costituzione.