Scienze Comunicazione esige posto fisso a scuola. Avanti…c’è posto

di Lucio Fero
Pubblicato il 25 Maggio 2020 - 10:35| Aggiornato il 27 Maggio 2020 OLTRE 6 MESI FA
Scienza Comunicazione esige posto fisso a scuola. Avanti...c'è posto

Scienza Comunicazione esige posto fisso a scuola. Avanti…c’è posto (Foto d’archivio Ansa)

ROMA – Scienze della Comunicazione esige posto fisso a scuola. O meglio, lo fanno in gruppo un bel po’ di laureati in Scienze delle Comunicazioni (singolare o plurale dei termini fa lo stresso) con pubblica lettera al Corriere della Sera.

Lamentano che la laurea in Scienza/Scienze delle/della Comunicazione/Comunicazioni non sia titolo di accesso (e successo) ai Bandi vari per andare in cattedra.

Prima domanda riguardo al lamento e susseguente rivendicazione di posti, quota posti in cattedra per laureati in Scienze delle Comunicazioni (oppure al singolare, è uguale): a che titolo? Appunto, a che titolo si vuole una cattedra?

A titolo di laurea? Se il mercato del lavoro entità astratta ma anche le aziende e perfino il pubblico impiego valutano in un certo modo la laurea in Scienze delle Comunicazioni non varrà il caso, non sarà la pena di farsi una domanda e, soprattutto, darsi una risposta?

Aver scelto il corso di studi meno selettivo e meno impegnativo del bouquet universitario poteva restare una scelta neutra quanto a conseguenze? Anzi poteva restare una scelta che apre porte di lavoro al pari di altre lauree? 

Aver scelto molti sapendo cosa facevano, altri in stato di inconsapevolezza, di fregiarsi di un frullato di incompetenze, per di più imprecisate, cosa avrebbe dovuto garantire?

Seconda domanda riguardo al lamento e susseguente rivendicazione di posti: scrivono i laureati di volere “adeguato riconoscimento del titolo”, ecco, cosa è davvero adeguato al titolo di laurea in questione? Spesso una triennale senza specializzazione, spesso una mini laurea, spesso scelta proprio perché mini quanto a impegni e studio richiesto?

Adeguato al titolo forse no la mortificante ricerca del mito del lavoro giornalistico. Adeguato al titolo di laurea di sicuro no il lavoro nero o sottopagato nei vari meandri e sottoscala della comunicazione.

Ma certamente il titolo di laurea in Scienze delle Comunicazioni non “adegua” ad una cattedra a scuola, proprio no. Né “adegua” al diritto a un posto fisso nel pubblico impiego, né “adegua” ad una condizione professionale e reddituale da professionista.

Il titolo di laurea in questione adegua a quel che è: una mini laurea orfana di precise competenze. Anzi, diciamola tutta: scienza o scienze della Comunicazione è uguale perché in ogni caso non vi è nessuna “scienza”, solo delle pratiche euristiche più o meno consolidate e infarinate di sociologia auto prodotta in auto promozione dal sistema della comunicazione.

Ma non disperino i laureati in Scienze della Comunicazione che vogliono un posto nella scuola. Avanti…c’è posto.

Si sta facendo posto, è di queste ore, a 32 mila nuovi docenti che andranno in cattedra. Docenti per esplicito e solitario criterio di anzianità. Anzianità di precariato. Hai fatto il supplente? Almeno per un po’? Diventerai prof. Altro non ti si chiede.

Non un concordo, tanto meno e non sia mai una selezione. Sindacati, Pd, Leu sono d’accordo nel tutti dentro. Sempre ope legis, cioè per infornata di legge e di gruppo, mai per individuale merito.

Incredibilmente, in un rovesciamento di ruoli che la insegna lunga, era il ministro Azzolina M5S a volere uno straccio di concorso per mandare gente in cattedra. E’ finita che prima i 32 mila vanno in cattedra, a settembre. Poi, magari, con calma, il concorso. Che sarà finto perché chi rimanderà indietro anche uno solo dei 32 assunti…temporaneamente?

Tanto, nell’improbabile (?) caso qualcuno dei 32 mila fosse incapace o incompetente, pagano gli alunni. Precario vota, alunno no: precari battono di gran lunga alunni sul campo della politica.

E allora, se precario è titolo valido per andare in cattedra, allora anche la mini laurea in Scienze Comunicazione lo è. Avanti, nel grande bus della scuola come fabbrica di stipendi e di posti fissi, c’è posto.