Se in Italia pensioni, istruzione gratis, sanità gratis sono a rischio, la colpa è di…

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 15 Febbraio 2017 - 06:40 OLTRE 6 MESI FA
Se in Italia pensioni, istruzione gratis, sanità gratis sono a rischio, la colpa è di che ha esagerato nel passato ipotecando il futuro

Se in Italia pensioni, istruzione gratis, sanità gratis sono a rischio, la colpa è di che ha esagerato nel passato ipotecando il futuro, scrive Giuseppe Turani (nella foto)

Le cose italiane sembrano andare meglio, in economia, e quindi si sta diffondendo una certa sicurezza. Ma è un errore, avverte Giuseppe Turani in questo articolo pubblicato anche su Uomini & Business.

In realtà, siamo uno dei paesi più pericolosi d’Europa. E non è difficile capire perché. Le ragioni, fondamentalmente, sono due.

1- I nostri conti non sono a posto. Si continua a viaggiare sul bordo del consentito. E si è prigionieri di una specie di paradosso: la bassa congiuntura impedisce di fare operazioni rilevanti sul fronte della spesa pubblica (troppi tagli ci rispedirebbero immediatamente in recessione). D’altra parte, se non si smonta un po’ la macchina dello Stato e della politica, questi due soggetti finiranno per mangiarsi l’Italia. Qualcuno ha detto: diventeremo come i tunisini, cammellieri e albergatori. Prima, c’è il rischio che noi si diventi così instabili da essere costretti a lasciare l’Unione (e l’euro) per manifesta incapacità a rimanere. E a quel punto ci sarà poco da scegliere: Tunisia, Argentina, … si potrà scegliere con quale modello andare a fondo.

2- La seconda ragione per cui siamo un pericolo per l’Unione dipende dalla nostra politica. Prima o poi si andrà votare e ci sono buone probabilità che gli anti-euro e gli anti-tutto (i grilloidi) riescano in qualche modo a vincere la partita e a determinare la nostra uscita dalla comunità europea.

I due pericoli sono questi. Si possono evitare? La risposta può venire solo dalla politica. Purtroppo la politica è in fase autodistruttiva e non sembra che abbia la forza di riprendere seriamente in mano la “questione Italia”. Lo schema di gioco sembra questo: Gentiloni faccia quel poco che riesce a fare, veda lui, perché noi dobbiamo regolare dei conti, dobbiamo salire sul ring e vedere chi scenderà vincitore.

Ha un senso tutto ciò? Possiamo trascurare tutto il settore di destra (Salvini, Meloni, grilloidi), finiti chiaramente nelle mani del lato oscuro della Forza (e dell’ignoranza) e quindi non utilizzabili per alcunché, materiali di scarto, meri residuati tossici.

L’attenzione si deve spostare necessariamente sul Pd per la semplice ragione che il cambiamento o passa da quelle parti o non passa. Altri soggetti “cambisti” non si vedono nella presente realtà italiana. La rivoluzione liberale di Berlusconi, ormai, vive solo nei libri di memorie di qualche suo consulente.

E quindi faro puntato sul Pd. Che cosa si vede? Lasciamo da parte tutti gli aspetti personali (tipo Bersani & C., che considerano la ditta roba loro e che se la vogliono riprendere). E stiamo sulle linee politiche.

La divisione è netta. Da una parte ci sta Renzi, con tutti i suoi difetti, che vuole davvero cambiare. Spesso ho il sospetto che non sappia nemmeno bene come, ma è sicuro che sta cercando un cambiamento perché una cosa l’ha capita: se si va avanti così, il Paese affonda e poi chiunque vinca avrà vinto niente, avrà vinto un disastro. Se dovessi dire che il disegno renziano è bello lucido, preciso nei dettagli, direi una sciocchezza. C’è molta confusione e anche qualcosa di chiaramente sbagliato, ma c’è ricerca, c’è desiderio di muoversi. Dati i tempi e la crisi epocale della sinistra non è poco.

Poi c’è appunto la sinistra storica. Un’area che oggi viene rappresentata solo da personaggi pittoreschi (non so perché), che rispondono ai nomi di Rossi, Emiliano, Vendola (redivivo), Speranza, Bersani (sempre più confuso e confusionario). Non esiste in questo pacchetto di mischia un solo statista che vada oltre la caricatura. Dimentichiamoci di Vittorio Foa o di Bruno Trentin (tanto per fare due nomi che non si citano più). Qui siamo vicini al livello zero della politica.

E continuano a diffondere un equivoco: loro sono meglio dei “cambisti” perché vogliono difendere il popolo, le sue conquiste, i diritti dei lavoratori, l’articolo 18, la Cgil e tutto l’archivio del movimento operaio.

Bene, è ora di spiegare a questa gente che stanno vivendo di illusioni. Tutto quel benessere ”operaio”, che così tenacemente difendono, è una bufala: è tutta roba che è stata acquisita con debiti, siamo riusciti a farla  pagare agli altri, ai risparmiatori italiani e agli stranieri. E alle prossime generazioni.

Oggi, l’Italia non è un paese in grado di garantire a tutti i suoi cittadini pensioni, istruzione gratis, sanità gratis. E’ ora che si cominci a capirlo. Tutte queste cose oggi vengono distribuite perché si continua a fare debiti. Un po’ come la Grecia, quando mandava in pensione la gente a 50 anni e metà dei lavoratori erano dipendenti pubblici.

Noi non siamo così, abbiamo un sistema industriale non finto e in alcune sue componenti anche di grande qualità. Ma non abbastanza per consentirci questo benessere nel quale viviamo.

L’urgenza di cambiare nasce da questa semplice osservazione: se non vogliamo regredire, dobbiamo spostarci in avanti. Avere una scuola che funzioni e uno Stato decente, un mercato e della buona concorrenza.

Tutto questo si può fare? Sì, si può fare. Basterebbe avere una politica forte. Con governi che durino cinque anni e che non perdano tempo a inseguire farfalle.

Volete più crescita? Bene, non basta dire allora facciamo politica industriale, con le commissioni parlamentari che decidono quali fabbriche aprire e chiudere. Se si vuole crescita, ci sono due strade per averla: si spendono soldi (presi a prestito, ovviamente) per investimenti o si tagliano i salari. Tutto il resto è aria fritta.

Ma se si prendono soldi a prestito, bisogna fornire delle garanzie: e la garanzia più importante è che il Paese cambia, perché solo così sarà in grado di restituire i soldi avuti in prestito. E qui il cerchio si chiude.

Infine, un’ultima illusione. Poiché abbiamo più di 2 mila 200 miliardi di debiti, si continua a sperare che essi vengano, almeno in parte, mutualizzati, cioè pagati almeno in parte dai nostri partner europei. E’ possibile che, per evitare che l’Italia esploda davvero, questi un giorno si decidano a mettere mano al portafoglio e ci  diano una mano a rimborsare parte del nostro debito.

Attenzione, però, se questo dovesse accadere, poi i generosi partner vorranno avere un certo controllo  (diciamo totale) sulla gestione di quei soldi. Potranno mandare la troika o il commercialista di fiducia della signora Merkel. Ma qualcuno arriverà.

Solo a sinistra, solo  Vendola, Emiliano, Rossi & C. e la Camusso credono ancora che nel mondo esistano pasti gratis.

Non ci sono più, sono stati aboliti da tempo, smettetela di raccontarvi e di raccontare frottole.