Berlusconi ama i giovani: belli (specie se donne) ma senza idee, bastano le sue

Berlusconi ama i giovani: belli (specie se donne) ma senza idee, bastano le sue
Daniela Santanché seleziona i giovani di Berlusconi, bell’aspetto, poche idee, importante dire yes

Berlusconi preferisce i giovani di aspetto ma non di idee, perché le uniche idee che ammette sono le sue proprie. Rispondono a un cliché formale, estetico, che non consente la formazione di un gruppo dirigente che peraltro Berlusconi non vuole.

E così, reclutati da Daniela Santanchè e capitanati da Annagrazia Calabria per ForzaItalia  i “giovani” di  Berlusconi parlano in TV recitando una lezioncina evidentemente imparata a memoria. Dichiarazioni che si segnalano non per la tanto per la omogeneità del contenuto, in qualche modo comprensibile, ma per la identità degli slogan ripetuti senza anima.

Nulla di nuovo, dunque, in uno schieramento che pure rappresenta certamente la maggioranza degli italiani. Continua a non comprendere Berlusconi la necessità di schierare persone vere, provenienti dalla società civile, capaci di esprimere sentimenti ed aspettative, di suggerire proposte concrete e praticabili. Ciò che non è accaduto negli ultimi venti anni della storia politica di ForzaItalia-Popolo della libertà-ForzaItalia. Infatti, la più consistente maggioranza della storia della Repubblica non è riuscita a fare una riforma degna di questo nome.

Nessun risultato apprezzabile né apprezzato, come dimostra la paurosa diaspora dei voti, sei milioni passati in parte a Beppe Grillo e al suo Movimento 5 Stelle, in parte al partito dell’astensione.

Il fatto è che Berlusconi non ha mai dimostrato di volere o sapere organizzare una squadra di elevata capacità operativa. Infatti o mette in campo personaggi modesti del tutto inconcludenti o bravi professionisti che scelgono il ruolo di yes men, che non intendono contraddire il capo che non tollera non dico dissenso ma neppure suggerimenti. Così sono usciti di scena gli Antonio Martino e gli Antonio Marzano, i Marcello Pera e il primo fra tutti, fin dal 1994, quel Raffaele Costa campione autenticamente liberale della lotta agli sprechi e delle semplificazioni.

Colpisce che un imprenditore abituato a lottare sul mercato non abbia compreso, una volta assunto un ruolo politico, che per vincere e continuare a vincere, cioè a soddisfare l’elettorato, è necessaria una squadra forte, coesa, capace di battere gli avversari e di stupirli con fantasia e determinazione. Stupisce che Berlusconi non abbia saputo seguire quel Napoleone, da tanti evocato come capo tra i più capaci della storia politica e militare, che sapeva scegliere i migliori, sicuro di poterli dominare e guidare, consapevole delle proprie capacità.

È questo, diranno gli storici, il limite di Berlusconi, grande comunicatore ma incapace realizzatore, animato da un formalismo che lo ha portato negli anni e lo porta ancora oggi a scegliere giovani, di età spesso non di idee, di gradevole aspetto, specie se donne. E li tiene ingabbiati in schemi rigidi, politicamente improduttivi.

Berlusconi, in sostanza distingue collaboratori e esponenti del partito ai vari livelli istituzionali e territoriali per l’età anagrafica, non per la freschezza delle idee, perché l’esperienza insegna che ci sono rassegnati e privi di idee tanto tra gli anziani quanto tra i giovani, così la fantasia l’entusiasmo e l’impegno non sono un fatto anagrafico.

Manca al cavaliere l’umiltà dei grandi, la capacità di ascoltare, di imparare dagli altri. Eppure si dice che studi Grillo e il grillismo, che nel rifugio di Arcore ascolti per ore i discorsi del comico genovese che riesce, come spesso gli uomini che praticano la satira, ad incarnare i sentimenti di gran parte degli italiani, dalla protesta alla proposta, che poi è la conseguenza della prima.

A Berlusconi basta sopravvivere? Sembra, un atteggiamento che evidentemente deluderà anche i fan più determinati a seguirlo fino alla fine.

 

 

 

 

 

 

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