Gli errori degli integralisti della famiglia, fra coppie di fatto e diritti di omosessuali

di Senator
Pubblicato il 6 Luglio 2015 - 06:33 OLTRE 6 MESI FA
Gli errori degli integralisti della famiglia, fra coppie di fatto e diritti di omosessuali

Family day, roma, 20 giugno 2015

ROMA – Senator ha pubblicato questo articolo anche su Un sogno italiano col titolo: “Dopo il Family Day: la famiglia, tra poche idee ed errori di comunicazione”.

Sono convinto da tempo che la sacrosanta battaglia per la famiglia italiana sconti errori antichi e più recenti. Soprattutto di comunicazione. Lo si deduce anche dai titoli dei giornali e dagli articoli che hanno commentato la manifestazione di sabato pomeriggio a Roma, a piazza San Giovanni. La dimostrazione nella didascalia che accompagna la foto sulla prima pagina del Corriere della Sera di domenica: “a sostegno della famiglia tradizionale e contro le unioni civili”. Mentre Il Fatto Quotidiano titolava “risorge la destra bigotta”.

In sostanza i giornali, e quanti hanno contestato la manifestazione, interpretano l’iniziativa esclusivamente come contro le unioni civili e “l’educazione di genere”. Tutto questo mi fa dire, come ho affermato iniziando, che alla base del confronto c’è anche un difetto di comunicazione. E un po’ di confusione di idee, da una parte e dall’altra. Anche perché manca una proposta alternativa al disegno di legge Cirinnà per cui si combatte sul terreno avverso, un modo sicuro per perdere, come insegna il calcio ma anche l’arte della guerra.

Cominciamo daccapo per capire come siamo arrivati al Family Day.

In primo luogo è facile constatare come siano del tutto insufficienti le politiche sulla famiglia intesa laicamente come una piccola comunità fondata sull’amore di due persone di sesso diverso, la quale ha un ruolo fondamentale nella società, in quanto costituita da lavoratori, aspiranti lavoratori, risparmiatori, aspiranti risparmiatori e consumatori.

Ne deriva che lo Stato debba avere attenzione per la famiglia sotto tutti questi profili e curarne la prosperità, perché dalle disponibilità economiche delle famiglie discende la natalità e l’attitudine ad intervenire sul mercato interno attraverso l’acquisto di beni e servizi. Constatiamo invece, non da oggi ma da lunghi anni, fin da quando erano al governo dello Stato personaggi di manifesta fede cattolica, che le leggi, a cominciare da quelle tributarie, penalizzano gravemente la famiglia e inducono coppie felici a non sposarsi od a separarsi “legalmente” per “difendersi” dal fisco. Con la conseguenza che le coppie sposate che resistono alla pressione tributaria sono svantaggiate, rispetto a coppie che non hanno formalizzato il loro vincolo, in tanti momenti della vita sociale, dall’iscrizione alla scuola, in particolare agli asili, all’università, dove il reddito considerato ai fini delle tasse universitarie sarà dimensionato su quello della madre o del padre che ha in carico lo studente.

Credo, pertanto, da sempre, che la prima cosa che dovrebbe fare uno Stato è quella di disciplinare i rapporti di coppia in modo tale che vi sia uguaglianza di diritti e di doveri in qualunque modo sia stato formalizzato il rapporto matrimoniale religioso o civile. Ugualmente ritengo debbano essere definiti i rapporti tra coppie conviventi togliendo loro l’alibi di utilità e vantaggi derivanti da una fittizia separazione.

Credo che questo dovesse essere fatto da tempo. Cioè, prendendo atto che esistono rapporti di coppia derivanti da una unione religiosa, civile o di fatto, le leggi dello Stato avrebbero dovuto individuare una disciplina comune di diritti e di doveri, come ho detto poc’anzi.

Se questo fosse stato fatto per tempo oggi non ci troveremmo a discutere, in un unico contesto, di unioni civili eterosessuali e di unioni omosessuali, avendo sullo sfondo la preoccupazione dell’apertura alla adozione di queste ultime, per la semplice considerazione che nessuno chiederebbe al bimbo adottando se preferisce essere accolto da una coppia eterosessuale ovvero omosessuale.

Ritengo un grave errore da parte di alcuni esponenti del mondo cattolico di avere combattuto una battaglia, evidentemente perduta, contro le coppie di fatto eterosessuali. La soluzione dei problemi di queste ultime avrebbe emarginato la richiesta delle coppie omosessuali di equiparazione al matrimonio, così facendo emergere in modo non equivoco la differenza fra una coppia eterosessuale, naturalmente destinata alla procreazione (con tutto il rispetto per le coppie sterili che hanno identica dignità), e quelle omosessuali per definizione inidonee alla procreazione.

Questo errore antico, dovuto a certa astrattezza dell’impostazione di ambienti cattolici che sembra abbiano la vocazione al martirio, nel senso che sembra cerchino la sconfitta, oggi lo paghiamo perché si fa di ogni erba un fascio ed abilissima è la propaganda di provenienza di ambienti omosessuali nelle confondere le idee alla politica e alla gente, sostenendo che non si vuole riconoscere dei diritti. Com’è quello, cui si fa riferimento frequentemente perché colpisce, del compagno o della compagna di un omosessuale ricoverato in ospedale che chiede di poter visitare ed assistere l’infermo.

Ritengo che opporsi a siffatta richiesta sia sciocco ed anche poco cristiano. Non riconoscendo un siffatto diritto si danneggia la famiglia la quale è, invece, messa in grave difficoltà nel significato primo della convivenza dalla disparità di trattamento di coppie eterosessuali che devono essere messe nella condizione di fruire di identici diritti e di essere tenute a rispetto dei medesimi doveri, qualunque sia il tipo di vincolo giuridico riconosciuto dallo Stato, se un matrimonio religioso o civile o una convivenza legalizzata.

Questa deve essere la battaglia per difendere veramente la famiglia, pretendendo dallo Stato una specifica attenzione per il ruolo che svolge nella società, un ruolo morale ma anche economico importantissimo perché la salute delle famiglie è un indice della salute della società e dello Stato.

Solo se prenderà questo indirizzo la grande manifestazione di piazza San Giovanni del 20 giugno 2015 potrà essere considerato un punto di partenza efficace per ricostituire questa cellula fondamentale della società che non a caso la Costituzione definisce “società naturale” fondata sul matrimonio, un vincolo che ben può essere interpretato da regole uniformi, indipendentemente dall’origine religiosa o civile che stia alla base.

In questo modo sarà possibile delimitare il riconoscimento di diritti a coppie omosessuali, esclusa evidentemente l’adozione, per il rispetto che si deve al bambino che nessuno si propone di interpellare. E contestualmente respingere al mittente l’ipotesi di educazioni che, in una fascia di età nella quale sentimenti e propensioni personali vanno rispettati e tutelati, si esprime con una violenza che ne vorrebbe condizionarne lo sviluppo.

In conclusione la battaglia del Family Day va condotta su una idea forte, non sulle ipotesi Cirinnà perché, ripeto, combattere sul terreno dell’avversario significa perdere la partita. Come nel calcio quando si gioca “di rimessa”.