Bce. Draghi “raffredda” il super euro ma senza enfasi: “Se serve ci muoviamo”

di Sergio Carli
Pubblicato il 8 Febbraio 2013 - 11:18 OLTRE 6 MESI FA

FRANCOFORTE –  “La Bce non permetterà alcuna crescita rapida del cambio dell’ euro né dei tassi di interesse”.

Le parole di Mario Draghi hanno avuto il potere di raffreddare l’euro e rassicurare i mercati: l’euro è sceso in poche ore dal picco di 1,36 dollari a un valore attorno a 1,34, con punte a 1,33 nella giornata di giovedì, proprio in concomitanza con la conferenza stampa mensile del presidente della Banca Centrale Europea. Cauto ma deciso, Draghi non vede tentativi da parte delle altre banche centrali di perseguire obiettivi di svalutazioni competitive delle proprie monete.

Se questo accadrà, “allora ne riparleremo”, ha assicurato Draghi. Assicurazione che ha convinto il Wall Street Journal di oggi (venerdì 8 febbraio) a pubblicare le sue deliberazioni con un titolo in prima pagina, mentre i quotidiani italiani hanno preferito concentrarsi sullo scandalo Mps, passando quasi sotto silenzio il problema delle oscillazioni del cambio euro/dollaro, questione vitale per l’export italiano e la sua ricaduta sulla crescita italiana.

Draghi, prima di tutto, ha voluto chiarire che l’attuale crescita dell’euro può avere effetti positivi perché riduce le spinte inflazionistiche nei 17 paesi dell’Eurozona mentre, nonostante le numerose preoccupazioni al riguardo, non sembrano esserci elementi per dire che l’euro forte stia danneggiando le prospettive di crescita.

“Vogliamo certamente vedere se questo apprezzamento, magari sostenuto, condizionerà in negativo il nostro orientamento rispetto alla stabilità dei prezzi – ha risposto Draghi ad un giornalista che lo sollecitava sul tema, prima di ribadire che –  il tasso di cambio non è un obiettivo della Bce. E comunque, sia i tassi nominali che quelli reali si aggirano intorno alla loro media di lungo periodo”.

Il nocciolo dell’intervento di Draghi arriva proprio sulla relazione tra politiche economiche espansive e la moneta. Per Draghi gli sviluppi nei mercati valutari sono un’indiretta conseguenza delle politiche di sostegno alla crescita. Tuttavia, se ci fosse l’impressione, al contrario, che qualcuno nel club delle 20 nazioni più ricche ed emergenti, stia sabotando l’impegno a restare nel perimetro di tassi di cambio che riflettano i fondamentali economici, beh, in quel caso se ne dovrà riparlare.

La relativa serenità di Draghi di fronte alla crescita dell’ euro si spiega con un aumento dei tassi negli scambi dei mercati valutari (valuta contro valuta) che ha spinto in alto l’euro rendendolo più appetibile per gli investitori. La ragione sta nella contrazione di moneta seguita alla restituzione da parte delle banche alla Bce di 140 miliardi di euro di prestiti a tre anni: il risultato è che la massa di liquidità in eccesso che gravava sul sistema economico mondiale si è ridotta.

E’ stata una decisione presa in piena autonomia dalle banche, spiega Draghi. La Bce è “accomodante”, nel senso che non forza nessuno. Però, e questo è molto importante, è pronta a immettere altra liquidità extra se il sistema bancario ne avesse bisogno, anche perché, nonostante il miglioramento complessivo degli istituti di credito, la condizione finanziaria dell’Eurozona è molto lontana dall’ideale. Ma, attenzione, la Bce non si farà sorprendere nel sonno e “will closely monitor developments in the money market meanwhile”, cioè non staccherà un momento lo sguardo da ciò che nel frattempo avviene nei mercati valutari.