Montezemolo, crescono i voti a sinistra: 120 mila clic dai lettori dell’Espresso

di Sergio Carli
Pubblicato il 4 Settembre 2012 - 12:21| Aggiornato il 5 Settembre 2012 OLTRE 6 MESI FA
Luca Cordero di Montezemolo

ROMA – Zitto zitto, sempre in attesa del grande momento, Luca Montezemolo continua a crescere nei consensi presso il grande pubblico di sinistra. Il termometro è un sondaggio lanciato dal sito internet del settimanale l’Espresso il 9 ottobre 2010 sul tema: chi sarà premier nel 2012? Montezemolo è arrivato a oltre 120 mila preferenze, su un totale di 333 mila click alla data del 4 settembre 2012. Un notevole progresso rispetto ai  60.209 “voti” su 250mila e passa, registrati quando per la prima volta Blitzquotidiano ne diede notizia,  il 7 gennaio 2010, sia in termini assoluti (ha raddoppiato) sia in termini di quota (dal 24% al 36%).

Anche se nel 2012  l’Italia si trova un primo ministro assai diverso da quello che voleva la gente, frutto di operazioni politiche magari illuminate ma certo estranee alle procedure consolidate della democrazia, gli insuccessi che sta mettendo in fila il Governo definito tecnico guidato da Mario Monti continuano a spingere le speranze dei cittadini in altra direzione. Interessante appare anche l’evoluzione dei voti per gli altri nomi indicati dalla redazione dell’Espresso: la lista non comprende ovviamente quello di Monti, che all’epoca non era nemmeno all’orizzonte, ma include nomi poi scivolati nell’oblio, come quelli di Giulio Tremonti, Franco Frattini e Bruno Tabacci.

Sono rimasti invece in classifica generale i primi due dopo Montezemolo, Mario Draghi e Gianfranco Fini. Draghi ha proseguito la sua corsa pur dall’esilio dorato della Bce dove lo ha mandato Silvio Berlusconi nella speranza di esorcizzare la propria caduta; anche Draghi ha raddoppiato i voti, anche se solo passando da 20 a 40 mila. Fini invece, in difficoltà dopo la rivolta contro Berlusconi, lo scandalo di Montecarlo e le altre vicende legate alla compagna Elisabetta Tulliani, è rimasto fermo a quota 20 mila, dove si trovava già due anni fa.

L’evoluzione dei voti di Draghi e Fini conferisce credibilità al sondaggio e anche se non si può escludere che almeno una piccola parte dei voti di Montezemolo siano stati cliccati a più riprese dagli stessi amici e parenti, appare impossibile che il loro numero sia pari alla legione anzi esercito di clientes che tributava voti da plebiscito a Giulio Andreotti, al quale, peraltro, nelle cifre Montezemolo sembra avvicinarsi. Per valutare la designazione si deve considerare che il sondaggio è sepolto nella sezione dedicata del sito del settimanale e che da allora non risulta essere stato più riproposto ai lettori, ma solo reperibile attraverso Google e il motore interno del sito.

Lo stesso sito, il 25 novembre 2010, aveva in un certo senso provato a ridimensionare il successo con questa domanda un vagamente sprezzante: “Luchino in politica: iattura o benedizione?”, che però non aveva distratto i lettori dell’Espresso. Ben 1588 su 2862 avevano cliccato sulla casella che indicava il giudizio “Molto positivo: è una ventata innovativa oltre i vecchi steccati ideologici”. Che dal pubblico italiano emergesse una designazione nei confronti di Montezemolo e che questa tendenza fosse intercettata dai sondaggi lo si è potuto confermare nel passato anche recente grazie agli attacchi a Montezemolo da parte di Tremonti, quando da ministro appariva un credibile pretendente al posto di Berlusconi.

Al quale Berlusconi, non va dimenticato, la “pericolosità” di Montezemolo candidato capace di vincere, non era affatto sfuggita e ancora in aprile cercava in tutti i modi di neutralizzarla. Una cena discreta ma debitamente pubblicizzata, un incontro disteso e cordiale per mostrarne la natura di candidato fisiologicamente moderato, estraneo alla sinistra. In quell’occasione gli aveva proposto un apparentamento del Pdl con la sua lista, politicamente un matrimonio benedetto dalla stessa appartenenza alla famiglia popolare europea. Un modo per bruciarlo di fronte agli elettori di sinistra, una lusinga esorcizzante per costringerli a riconoscere l’assoluta incompatibilità di valori e interessi tra sinistra e Montezemolo.

D’altra parte, della capacità potenziale di Montezemolo a scompaginare le carte a sinistra dovrebbero rendersene conto anche i vertici del Pd, se prestassero ascolto agli ammonimenti di un osservatore acuto come Luca Ricolfi. Lo scontro, ha sostenuto in un editoriale su La Stampa, come 20 anni fa sulle macerie di Mani Pulite, sarà tra vecchio e nuovo. Sbagliano i dirigenti Pd che la linea di demarcazione la mettono solo sul confine ideologico destra contro sinistra. I dirigenti del Pd non devono sottovalutare Montezemolo o anche Grillo: al di là dei contenuti che esprimono, essi sono percepiti come novità nell’offerta politica. Il vecchio, invece, nella percezione generale, sta dentro gli irriformabili partiti tradizionali.