Quirinale, 15 candidati più Napolitano

di Sergio Carli
Pubblicato il 2 Aprile 2013 - 12:12| Aggiornato il 4 Dicembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Nuovo Governo e nuovo Presidente della Repubblica sono due partite che sono intrecciate.

I politici litigano per i dieci saggi del Quirinale, ma, nota Stefano Folli sul Sole 24 Ore,

“il vero nodo è la sfida per la presidenza della Repubblica. Le attuali sono solo scaramucce in vista della battaglia che comincerà subito dopo il 15 aprile. E il rischio è che il Parlamento non riesca a scegliere. O a scegliere bene. Il ruolo di equilibrio del Quirinale nel cortocircuito italiano è troppo prezioso per comprometterlo con miopia politica”.

Il Presidente uscente, Giorgio Napolitano, è alla fine del suo “semestre bianco”, in cui non può sciogliere le Camere, perché il 14 maggio sarà il suo ultimo giorno in carica. Dice di non pensarci nemmeno a essere rieletto, anche se montano le implorazioni per una sua riconferma, ma da quello che fa sembra intenzionato a dare all’ Italia un Governo prima di lasciare e per evitare elezioni anticipate a breve termine.

 
Le elezioni anticipate avrebbero una serie di conseguenze:
 
1. difficilmente ci sarà un Governo prima dell’autunno al posto di quello di Mario Monti, dimissionario e ormai delegittimato dal voto popolare anche se non dalla sfiducia parlamentare di un Parlamento comunque nuovo rispetto a quello che lo aveva subito: avremo quindi almeno un semestre di Governo in prorogatio, di un Governo capace solo di ordinaria amministrazione in un momento così brutto per noi;
 
2. è possibile e forse probabile che dalle elezioni esca trionfante ancora una volta Silvio Berlusconi, con tutto quel che c’è di negativo per la posizione internazionale italiana a causa del comportamento indecente tenuto da Berlusconi nelle sue esibizioni internazionali;
 
3. alto è il rischio che al Pd venga addossata la responsabilità della crisi politica che ha determinato le elezioni anticipate. Il Pd non vuole accordi con Berlusconi se non con Berlusconi come portatore dì’acqua, meglio se da un carcere. Questo è nei voti di moltissimi elettori del Pd e avere radicalizzato la posizione politica della sinistra in un Berlusconi fuori o morte è stato però un errore fondamentale di Pierluigi Bersani, segretario del Pd, che infatti proprio per questo è miseramente fallito nei suoi tentativi per diventare Primo ministro.
 
C’è però una parte degli italiani cui sta più a cuore il proprio fine mese che non l’arresto di Berlusconi anche se molti di loro hanno votato Pd alle ultime elezioni. Come ha scritto Massimo Franco sul Corriere ella Sera:
“dichiarare impossibile un’intesa piò rendere felice il grosso dei militanti, ma impedisce passi avanti e facilita una regressione che nessuna istituzione “amica” [traduzione: un Presidente della Repubblica come Romano Prodi] potrà bilanciare”.
 
Se la parte moderata degli elettori del Pd volterà le spalle al partito per punirlo della crisi e anche del ritorno di Berlusconi al Governo, alte sono le probabilità di:
a. un crollo elettorale del Pd
b. un nuovo scenario dove alla destra di Berlusconi si opporrà la sinistra di Beppe Grillo.
 
Si tratta di una doppia minaccia, la prima per il suo ex partito, la seconda per tutti noi, che Napolitano vole fare di tutto per scongiurare. I tempi però sono stretti, Napolitano ha davanti a sé poco più di un mese, in un clima molto agitato a sinistra come a destra. A sinistra, come riferisce Goffredo De Marchis su Repubblica, nel Pd:
la resa dei conti è nei fatti [e ] la prossima settimana [si terrà la Direzione del partito]. Il fronte che è pronto a contestare a Bersani tutti i passaggi compiuti nel periodo che va dalla mezza vittoria del 25 febbraio al congelamento di Giorgio Napolitano si allarga ogni giorno di più: l’ipotesi del governo del Presidente rimane in piedi anche dopo l’elezione del nuovo capo dello Stato. Ed è questa l’opzione che registra un’alleanza traversale tra Matteo Renzi, Dario Franceschini, Walter Veltroni, Massimo D’Alema e il vicesegretario Enrico Letta nella versione di un esecutivo che abbia solo un obiettivo: cambiare la legge elettorale”.
Secondo  De Marchis,
Bersani è pronto a svolgere il ruolo di regista per le tappe future (a cominciare dalla scelta del presidente della Repubblica) con le mani libere «del segretario del Pd», ruolo che non è in discussione. E non vuole metterlo in discussione il diretto interessato, con un passo indietro o di lato. Soprattutto, in vista della partita per il Quirinale”. 
 Bersani vuole
“guidare le trattative per il Colle,  dire l’ultima parola. […] Questa linea espone certo il segretario al vento dei sospetti, dei veleni e delle interviste”. 
“Il punto è non far precipitare la crisi verso le elezioni anticipate”, la cosa che a sinistra spaventa più di ogni altra prospettiva.
 
Prospettiva opposta dalla parte della destra. La nomina dei dieci commissari è vista da Berlusconi come una «manovra» di Bersani per prendere tempo, trascinare tutto fino al 15 aprile, favorire l’intesa Pd-M5S per il nuovo Presidente della Repubblica. Carmelo Lopapa e Umberto Rosso, su Repubblica, parlano di un
“fantasma che ossessiona le ultime notti di Arcore: l’elezione tra due settimane di un presidente della Repubblica «ostile », figlio dell’abbraccio «mortale » tra Bersani e Grillo, una prospettiva che nel fortino Pdl porta dritto ai nomi di Gustavo Zagrebelsky o a Stefano Rodotà, se non a Romano Prodi”.
L’incubo di Berlusconi si materializza in rotativa, nel titolo di apertura del Giornale di famiglia di martedì mattina:
 “Occhio, ci rifilano Prodi. Pd e Grillo pronti all’intesa sull’ex premier al Quirinale. In alternativa spunta persino la [Ilda] Bocassini”.
Sudori freddi è il minimo che si può immaginare. Da qui quello che Repubblica sintetizza in questo titolo: Berlusconi “vuole rovesciare il tavolo“.
 
Per questo, come scrive Stefano Folli sul Corriere della Sera,
Berlusconi si è impuntato, senza dubbio perché la tentazione di un ritorno alle urne è in lui sempre più forte”. 
E questo, osserva allibito Folli,
“nonostante che i sondaggi, a dire il vero, non gli garantiscano affatto la ragionevole certezza di un successo in entrambe le Camere. Insomma, è alta la probabilità che ci si trovi poi nella stessa ingovernabilità di oggi. Uno scenario che comincia ad assomigliare in forme inquietanti a quello che accadde nella repubblica tedesca di Weimar. Quando si votava e si rivotava, e intanto si sprofondava nella palude dell’impotenza”.
Ma chi sono i probabili o possibili candidati alla carica di Presidente della Repubblica? Lina Palmerini, sul Sole 24 Ore, ne conta 15, senza contare lo stesso Napolitano, che escono da tre scenari alternativi:
1. Ha successo “l’ultimo tentativo di Napolitano di creare i presupposti per un accordo tra le principali forze politiche evitando uno scontro finale sul Quirinale che diventerebbe anche istituzionale. Naturalmente se ci sarà un’intesa sul Colle sarà più facile determinare un nuovo Governo con gli stessi protagonisti del patto, soprattutto se saranno Pd e Pdl, che  mettono ai voti un candidato comune, a scelta fra Gianni Letta e Marcello Pera, insieme con altri nomi più di confine tra i due partiti, Massimo D’Alema, Giuliano Amato, Oppure ancora il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri e il ministro della Giustizia Paola Severino, senza escludere Emma Bonino:che ha il profilo bipartisan visto che fu nominata commissario europeo grazie all’appoggio del centro-destra, ma è stata anche ministro per il commercio con l’estero con Prodi e vice-presidente del Senato con il centro-sinistra. Resta in campo anche l’ipotesi dell’ex presidente del Senato, Franco Marini.
 
2. la rottura con il Pdl e l’accordo con Grillo. In questo caso lo schema di gioco diventa quello che ha portato all’elezione dei presidenti delle Camere. E proprio ricalcando questo schema in pole position ci sarebbe il presidente del Senato Pietro Grasso. Nell’ambito più politico, è accreditato di simpatie tra i grillini soprattutto Romano Prodi, l’unico che ha battuto Berlusconi due volte e, quindi, con una nota di merito alta.  sempre con un alto tasso di anti-berlusconismo ci sono Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Corte costituzionale, e Stefano Rodotà già Garante della Privacy. Sembra, invece, avvantaggiato dalla sua presenza nel gruppo di lavoro nominato da Giorgio Napolitano, Valerio Onida, ex presidente della Consulta, anche lui figura gradita a sinistra e tra i grillini.
 
3. un accordo con Grillo, che è il meno probabile perché ha come conseguenza non la formazione di un governo con il Pd – al quale il Movimento ha già detto di no – ma piuttosto il ritorno alle urne. Invece l’accordo con il Pdl potrebbe allontanare il voto e dare al Pd l’ossigeno per riorganizzarsi dopo le tensioni nel partito create dal post-voto e soprattutto dalla gestione Bersani durante la crisi. La subordinata è un accordo tra il Pd e Monti: i numeri sarebbero sufficienti visto che a Pd e Sel mancano 9 voti per eleggere un capo dello Stato e Scelta civica ne ha 71. Il punto debole, però, è che Monti dopo l’esperienza elettorale e con un governo sempre più debole appare come un’opzione residuale.