Caro Ministro Passera,
Imporre ai ciclisti la assicurazione obbligatoria, la targa e il casco sarebbe introdurre in Italia una disciplina che limiti le conseguenze dannose di un atto un po’ avventato del suo Ministero e potrebbe essere una ultima azione del Governo con conseguenze altamente meritorie.
Il 2013 è appena nato, sulle ceneri del 2012, appena finito, come è finito il Governo di cui lei ha fatto parte in posizione non marginale e in cui, come le verrà riconosciuto quando si faranno i conti e saranno zittite le lingue malvagie che ora non le risparmiano critiche, è stato uno dei pochi a fare qualcosa di buono.
Volevo però anche avvertirla di un rischio che lei corre, ora impercettibile, anzi incapsulato nel dolce anestetico della demagogia, ma concreto, che si rivelerà a pieno quando sarà un nel po’ lungo l’elenco delle vittime di quella insensata apertura data dal suo Ministero ai ciclisti di andare contro mano nelle strade del centro delle grandi città italiane.
Il rischio che corre è che il suo nome venga in futuro indelebilmente associato a questa tragica e stolta circolare e questo lei, francamente, non lo merita.
Mi rendo conto che il suo non è un ministero, ma un pool di ministeri in uno ed è qui di altamente possibile che qualche cosa sfugga anche a lei, diligente divoratore di carte e power point.
E poi già immagino la replica.
Si tratta, certo, di una autorizzazione con molti vincoli, ma questi sono stati subito spazzati via, perché tanto è bastato a indurre i ciclisti a sfrecciare traballanti sui sampietrini romani o sui pavé del Nord come missili umani.
Mi rendo conto che i ciclisti urbani sono una schiera agguerrita e prepotente, che include professionisti, gente di censo e di potere.
Per avere scritto, qualche mese fa, alcune cose ispirate ad un elementare buon senso incluso imporre ai ciclisti la assicurazione, la targa e il casco, sono stato sommerso da insulti anche grevi, certo favoriti dall’anonimato di internet, ma comunque rivelatori di una aggressività imbarazzante.
Per questo vorrei tanto che uno di questi giorni lei si facesse una passeggiata in centro, tenendo la scorta a una certa distanza, per apprezzare direttamente quel che le sto scrivendo.
Proprio l’altro giorno passavo con la macchina in una piazza di Roma nei cui pressi lei ha abitato per anni: rigorosamente a senso unico, come a senso unico è la strada, piuttosto stretta e leggermente in salita, che dalla piazza immette al lungotevere.
Ero fermo, per la sana prudenza che mi aveva ispirato un furgone sull’angolo che mi limitava la visuale, con l’aggiunta di una coppia che camminava in mezzo. Fortuna, o Provvidenza divina: in quei secondi, mi è sfrecciata davanti una bicicletta, con signora over 40, rigorosamente a capo scoperto, molto insicura tra sellino e manubrio, piuttosto emozionata, traballante sui sampietrini.
Con un brivido ho pensato cosa sarebbe successo se mi fossi spinto in po’ oltre l’angolo: sarebbe stata sbalzata sul parabrezza e una serie di guai per me assassino avrebbe avuto inizio da lì.
Ma quella era la mia giornata del ciclista. Sbucato sul lungotevere, ecco venirmi incontro una ridente famigliola di cinque su due biciclette: papa’ portava su un secondo sellino un bambino, mamma ne portava due: uno davanti e uno dietro. Tutti e cinque a capo scoperto, era una bella giornata di sole.
Se si mette nei panni dei vigili urbani si rende perfettamente conto della ragione che li induce a ignorare queste palesi violazioni delle più elementare norme di sicurezza. Il meglio che può capitare agli agenti è di finire a terra con frattura più o meno gravi. Se invece toccasse al ciclista di cadere durante il tentativo di fermarlo, tutti possiamo ben immaginare quel che accadrebbe.
Questo per quanto riguarda i ciclisti, ma vorrei spendere alcune parole anche nell’interesse di chi, da pedone, rischia grosso ormai ogni giorno, più volte al giorno, nelle nostre strade.
A me è capitato più volte di mancare per un capello di essere travolto da un ciclista, sbucato da dove non doveva esserci nessun mezzo di trasporto, meno che mai a velocità di parecchi chilometri orari: una isola pedonale, una strada a senso unico.
Una persona anziana può essere buttata a terra e morire per la botta, come lei ricorderà avvenne, un po’ di anni fa, a un dirigente della pubblicità che lei conosceva bene e cui era anche molto affezionato.
Ma come identificare il ciclista senza targa? Come ottenere un indennizzo senza assicurazione?
Non è mia intenzione procurare muovi introiti alle già ricche e avide compagnie, come qualcuno mi ha accusato di voler fare. Vorrei solo non essere lasciato negli ultimi giorni della mia vita senza la soddisfazione di sapere chi ringraziare e a chi presentare o far presentare i conti dell’ospedale, del funerale, dei fiori.
Faccia qualcosa, prima che le elezioni travolgano tutto. Anche un avvio di procedura può essere uno spunto importate per il Governo che verrà. Se poi lei ne farà ancora parte, avrà già un punto fermo dal quale partire.
I commenti sono chiusi.