Il gioco allo sfascio di Giorgia Meloni

di Silvia Cirocchi
Pubblicato il 21 Novembre 2017 - 07:30| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
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Giorgia Meloni (foto Ansa)

Si dice che spesso dai propri errori si traggano degli insegnamenti, proprio grazie a quegli insegnamenti si dovrebbe evitare di ricadere in fallo. Una regola che pare valga per molti ma non per tutti. Il caso di Giorgia Meloni ne è un esempio lampante.

Essere inclusiva evidente non è nelle sue corde. Da una parte invoca l’unità del centrodestra, dall’altra la accetta solo se il fulcro dell’unità è lei, o comunque un candidato che risponda a lei e al suo partito.

Partiamo dalle ultime elezioni comunali di Roma quando i tre principali leader del centrodestra avevano trovato la quadra su di un candidato unitario, Guido Bertolaso, ma proprio la leader di Fratelli d’Italia con la sua discesa in campo durante la corsa ha di fatto spaccato la coalizione. Ricordiamolo, una scelta di candidarsi avvenuta dopo mesi e mesi di tentativi da parte di Silvio Berlusconi di convincerla ad essere candidato unitario del centro destra. Una candidatura la sua forse molto più forte di quella di Guido Bertolaso, scelta poi come ripiego, ma arrivata decisamente fuori tempo massimo, con il solo risultato di regalare il ballottaggio al PD, non dico la vittoria perché Virginia Raggi avrebbe comunque stracciato chiunque.

Poi arriva la volta delle elezioni siciliane, che hanno avuto un percorso silenzioso fino alla scelta di Nello Musumeci a candidatura unitaria. Anche qui il ruolo di Giorgia Meloni è stato decisivo, ha fatta sua la candidatura di Musumeci, che ricordiamolo non viene dal suo partito ma bensì da La Destra di Francesco Storace, senza dialogare prima con gli alleati, mettendo in grossissima difficoltà silvio Berlusconi che nulla aveva contro la persona di Nello Musumeci ma che probabilmente avrebbe quantomeno voluto mettersi al tavolo e non abbozzare per non creare problemi, scegliendo di fatto un candidato non suo.

Per ultime le elezioni del X Municipio di Roma. A Ostia la situazione è stata molto simile. Ha scelto una sua candidata e ne ha perorato la causa, decidendo però chi doveva stare dentro e chi fuori dalle liste. Insomma, candidato mio, lista mia. Un ragionamento poco da leader, forse proprio perché di leader la Meloni ha ben poco, che di fatto è costata l’unione di tutto il centrodestra, e una unione che avrebbe potuto raccogliere anche candidati fuori dalle solite logiche di schieramento che siamo abituati a vedere nel centro destra.

La prossima tappa sono le regionali nel Lazio, che già vedono i primi atteggiamenti bellicosi della Meloni. No Pirozzi, No a un candidato di Forza Italia, Sì a Rampelli.

Prima o poi questo atteggiamento settaristico porterà all’implosione di Fratelli d’Italia.