Alimenti: moglie ricca, marito pensionato ma il Tribunale…

di Simona Napolitani
Pubblicato il 24 Maggio 2016 - 06:30| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
Alimenti: moglie ricca, marito pensionato ma il tribunale...

Alimenti: la moglie è diventata ricca, il marito, pensionato, non riesce più a pagare, ma per il Tribunale deve continuare così

Si riteneva che i patti stipulati prima del matrimonio fossero nulli per illiceità della causa perché avevano per oggetto materie non negoziabili senza l’intervento dell’Autorità Giudiziaria: gli accordi di separazione e di divorzio erano sottratti alla libera e autonoma disponibilità delle parti perché preposti a perseguire superiori interessi familiari, quindi anche il loro contenuto meramente patrimoniale era assorbito e reso  indisponbibile dal loro contenuto necessario, costituito dalla regolamentazione dei rapporti personali dei coniugi, come l’affidamento dei figli, il loro mantenimento o l’assegnazione della casa coniugale. L’orientamento giurisprudenziale si è sviluppato nel senso di non ritenere più esistente un interesse della famiglia superiore e trascendente a quello dei singoli componenti il nucleo familiare, si è così lasciato il campo ad una sempre maggiore autonomia negoziale, seppure anteponendo sempre la tutela dei minori.

Quindi, in applicazione del principio di meritevolezza degli interessi personali, espresso dall’art. 1322 c.c., è stata ritenuta valida la regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi sula base di reciproche concessioni cui dare esecuzione nell’ipotesi di fallimento del matrimonio stesso (Cass. 23713 / 2012), o validi gli accordi di natura patrimoniale che siano stipulati i vista della separazione coniugale, oppure a seguito di giudizi di separazione o di divorzio.

E’ quindi da considerare valido il patto avente ad oggetto il trasferimento di un immobile tra marito e moglie, sia che tale patto sia invertito nel verbale di separazione o recepito nella sentenza di divorzio, sia che si tratti di una convenzione autonomamente stipulata tra coniugi separandi; così come è da considerare valido l’accordo avente ad oggetto il trasferimento di somme di denaro o di altri beni mobili quale adempimento dell’obbligazione di mantenimento gravante su un coniuge a favore dell’altro.

Si rende però necessario prestare una particolare attenzione alla modalità con cui si esprime la volontà delle parti e non considerare sempre e comunque meritevole di interesse una pattuizione delle parti, in virtù del principio di autonomia negoziale tra i coniugi, che deve sempre e comunque muoversi all’interno di una cornice di legalità.

Recentemente il Tribunale di Napoli ha rigettato la richiesta di cessazione dell’erogazione mensile a favore dell’ex moglie, la quale nel corso degli anni aveva accumulato notevoli proprietà mobiliari e immobiliari, mentre l’uomo, andato in pensione, non era più in grado di sostenere l’esoso esborso mensile qualificato nel corpo della sentenza di divorzio congiunto come “rendita vitalizia”, sebbene erroneamente il Tribunale, in calce alla  sentenza stessa, dopo l’espressione della volontà delle parti, ha indicato l’impegno economico dell’ex marito come “equo esborso una tantum”.

Dopo oltre 25 anni di pagamenti mensili, che nulla hanno a che fare con il concetto di liquidazione “una tantum”, l’ex marito, andato in pensione, ha chiesto la dichiarazione di nullità della “rendita” che sostanzialmente camuffava nient’altro che un assegno divorzile, non più dovuto a seguito dell’intervenuta modifica dell’assetto economico delle parti. Il Tribunale di Napoli ha rigettato la domanda, perché, a suo dire, si tratterebbe di una somma una tantum, quindi non suscettibile di revisione. Le parti mai avevano indicato negli accordi di divorzio l’erogazione di una somma determinata nel suo ammontare, né avevano fatto riferimento ad un importo una tantum, ma avevano illegittimamente fatto riferimento ad una rendita vitalizia, nulla perché priva dei requisiti previsti  e richiesti dalla legge. Quindi l’ex marito deve continuare a pagare una somma per lui ormai insostenibile, regolamentata dalle parti sulla base di accordi nulli e non valutati tali dal Tribunale.

Occorre, pertanto, che la regolamentazione tra le parti avvenga sì nel rispetto del principio di autonomia contrattuale dei coniugi, ma anche e soprattutto nel rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento.
Avv.SimonaNapolitani

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