Eurotassa, stangate a casa lavoro e pensioni? E le rendite finanziarie?

di Viola Contursi
Pubblicato il 11 Agosto 2011 - 10:04| Aggiornato il 12 Agosto 2011 OLTRE 6 MESI FA

Giulio Tremonti (Foto La Presse)

ROMA – Il governo, alla ricerca di 25-30 miliardi per ripareggiare i conti, sta pensando a tassare la casa, il lavoro, i redditi, le pensioni, addirittura a fare una nuova eurotassa. L’unica cosa a cui non hanno pensato, o almeno non pienamente, è quella di aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie. Dei passi in avanti sembra che se ne faranno: dal tavolo tra governo e parti sociali di mercoledì è uscita l’idea di aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie (esclusi Bot e Btp) al 20%. Ma non è abbastanza. Perché uno stipendio medio o una pensione vengono tassate al 40% e le rendite finanziarie appena al 20%? Se si deve risparmiare, e si deve fare perché la terra ci sta franando sotto i piedi, che gli sforzi e i sacrifici almeno siano equamente distribuiti. A chiedere a gran voce l’aumento delle tasse sulle rendite finanziarie è, ad esempio, Luigi Angeletti della Uil: ”Se ci sono tasse da aumentare, basta con i prelievi sul lavoro e si pensi invece alle rendite finanziarie, ma non alla casa”. E ha ragione. Certo, sarà un’impresa difficile visto soprattutto che una parte importante del nostro debito pubblico è in mano agli stranieri e che solitamente il più forte non morde il più forte. Ma è un’operazione che deve essere. L’esempio deve prima di tutto venire dall’alto.

Dai tagli sulle pensioni all’eurotassa, le misure pensate dal governo. Andiamo con ordine. Il governo ha bisogno di liquidità per ripareggiare i conti entro il 2013 e sta pensando a vari modi per reperire i soldi. Primo capitolo: le pensioni. Nonostante il no di Bossi e della Cgil è il nodo su cui il governo vuole puntare maggiormente. L’obiettivo sarebbe quello di “abolire” le pensioni di anzianità, salvaguardando soltanto l’uscita di chi ha 40 anni di contributi. Oggi le norme prevedono che si possa andare in anzianità a quota 96 (max 61 anni) nel 2012 e a quota 97 (max 62 anni) dal 2013: la riforma sarebbe impostata in modo di arrivare a “quota 100” nel 2015 (65 anni più 35 di contributi) attraverso un aumento della quota di un punto l’anno (97 nel 2012, 98 nel 2013 e 99 nel 2014). Risparmi garantiti a regime: 3,5 miliardi.

Ma risparmiare sulle pensioni non darà al governo quei 25-30 miliardi che gli servono. Ecco allora che spuntano due vecchi “disamori” di Berlusconi: la tassa patrimoniale e una sorta di eurotassa, ovvero un’una tantum sui redditi medio-alti (sopra i 60mila euro l’anno). Per quanto riguarda la patrimoniale, Berlusconi non la vuole, i suoi uomini neanche ma al Tesoro i tecnici l’hanno già preparata: 6-7 miliardi con una addizionale speciale Ici sulla seconda casa. Per l’eurotassa, invece, prende sempre più corpo l’idea di una tassa “di solidarietà” che verrebbe richiesta a chi guadagna più di 60mila-100mila euro l’anno. Un po’, insomma, come quella che fece il governo Prodi all’epoca dell’entrata dell’Italia nell’euro. Sarebbe un duro colpo alla figura di Berlusconi: lui, che ha sempre fatto del “meno tasse per tutti” la sua formula magica, ora copia addirittura Prodi.

Un’altra fonte di liquidità, poi, arriverebbe dai tanto contestati ticket sanitari imposti dalla Manovra, che varrebbero anche per i ricoveri. E poi ci sarebbe, appunto, l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie al 20% con l’obiettivo di incassare 1 miliardo. Un aumento così poco considerevole, però, da sembrare più che altro uno specchietto per le allodole, per non dire una presa in giro. A parte che un miliardo di entrate non è nulla a confronto di quanto ci serve per salvarci la pelle, ma poi perché far ricadere tutti i sacrifici su casa, lavoro, pensioni e limitare quelli per i più ricchi?