Tesoro. Derivati. Quel mistero Morgan Stanley che Maria Cannata non ha sciolto

di Gustavo Piga
Pubblicato il 16 Febbraio 2015 - 09:25| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA
Maria Cannata (foto Lapresse)

Maria Cannata (foto Lapresse)

ROMA – Gustavo Piga ha pubblicato questo articolo anche sul suo blog con il titolo: “Aprite la cantina del Tesoro italiano”.  La relazione del Direttore del Debito Pubblico del Tesoro italiano, Maria Cannata, di fronte alla Commissione Bilancio presieduta dall’on. Daniele Capezzone, sui derivati fatti da Stato ed enti locali rappresenta una svolta storica nei rapporti tra burocrazia e i cittadini in Italia. Ma la svolta non è ancora completa, rimangono troppe zone d’ombra e le spiegazioni portate da Maria Cannata non convincono.

Perché l’audizione di un dirigente dell’amministrazione riveste così tanta importanza? Prima forse andrà chiarito come Maria Cannata è da anni al posto di comando per la gestione del debito pubblico, un lavoro delicatissimo. Il che non la esime ovviamente di circoscrivere il suo ruolo e le sue responsabilità: “nel 2002, in applicazione dei principi previsti … in merito alla separazione dell’attività di gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa, di competenza dei dirigenti, da quella di indirizzo politico, l’attività in derivati venne delegata dal Ministro dell’Economia e delle Finanze al Dipartimento del Tesoro; il Direttore … (del Debito) procedeva alla stipula degli accordi stessi ed il Direttore Generale del Tesoro alla loro approvazione… Di tali operazioni era data comunicazione al Gabinetto del Ministro.” Ma la sua relazione sullo stato dei derivati italiani era attesissima dato fino ad oggi il quasi totale silenzio del Tesoro al riguardo (epocale è rimasta la relazione in merito del sottosegretario all’istruzione Marco Rossi Doria alle Camere, persona assolutamente tanto meritevole quanto ignaro del tema) e la possibilità che gli ammontari in gioco fossero rilevanti per cittadini e investitori.

La relazione, disponibile sul sito del Tesoro, non ha deluso le aspettative, senza dubbio il documento più trasparente e ricco di informazioni che il Tesoro italiano abbia mai pubblicato.

Merito dunque al Tesoro ma anche a Daniele Capezzone (e alla frenetica opposizione grillina), perché è probabile che senza questa audizione non si sarebbe mai arrivati a questo punto di non ritorno. Già, perché da qui non si torna più indietro: le informazioni rivelate da Maria Cannata in maniera esplicita (alcune erano rintracciabili già oggi presso Banca d’Italia, Istat e Corte dei Conti) faranno parte da ora in poi di un aggiornamento periodico del Tesoro atteso da tempo, ne siamo certi.

La domanda chiave è cosa deve venire in più (perché certamente non basta quanto detto dal Direttore del Debito per dare a contribuenti e mercati quella fiducia nell’emittente sovrano fondamentale per ridurre il costo del debito della Repubblica), che cosa manca ancora.

Daniele Capezzone, dopo avere interrotto per mancanza di tempo la relazione di Maria Cannata proprio sul più bello (in particolare alla pagina 23, quella con abbondanza di dati), ha invitato il Direttore per una seconda audizione, alla quale gli ha chiesto di presentarsi con 4 informazioni: il valore totale dei derivati italiani (ma la Cannata mi pare lo dia, 159,6 miliardi di euro per lo Stato e circa 25 miliardi – censiti, ma chissà che non ce ne siano altri – per gli enti locali; il ché conferma che l’enfasi negli anni dei responsabili del debito sui soli enti locali era decisamente sproporzionata rispetto all’effettivo peso dei derivati del Tesoro), la cifra del valore di mercato per ogni contratto (oggi fissata, ci ha aggiornato Maria Cannata, a 36,87 miliardi totali in rosso, con un peggioramento ulteriore rispetto ai dati pubblicati dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio per il 2013, di 29 miliardi, e massimo storico), il valore di mercato dei contratti degli enti locali (che Maria Cannata ha subito detto di non possedere, con comprensibile disappunto dell’On. Capezzone) la divisione territoriale dei derivati degli enti locali (vedi il tutto negli ultimi 10 minuti sul video dell’audizione).

Valori di mercato negativi non necessariamente sono un ragione per gridare allo scandalo: Maria Cannata ha spiegato come il Tesoro aveva qualche anno fa il (giusto) obiettivo di allungare la vita media del debito per ridurre il rischio debito e il rischio tasso, con un’assicurazione chiamata appunto derivato, emettendo a lunga ed entrando in swap che trasformassero i titoli a breve in titoli a lunga (pagando dunque, nei derivati, un tasso fisso e ricevendo un variabile). Il drammatico e inatteso crollo dei tassi a breve del dopo crisi ha reso negativi i valori di mercato dei derivati (Cannata ha ben spiegato che spesso nella vita come cittadini paghiamo l’assicurazione senza ricevere soldi perché l’evento contro cui ci siamo assicurati non avviene, ma non per questo dobbiamo rimpiangere di esserci assicurati), perdite che comunque non si realizzeranno a meno che il Tesoro non sia obbligato dalle controparti private ai sensi del contratto a interrompere lo scambio di flussi e a rimborsare la parte creditrice prima della scadenza.

E qui nasce appunto il problema dei problemi. Non abbiamo la dimensione di questo rischio. Un esempio su tutti. Maria Cannata fornisce dati nuovi sulla famosa transazione Morgan Stanley e spiega come la clausola di rescissione unilaterale inserita a favore della banca d’affari ha generato significativi costi per il contribuente. Rimane da capire quali fossero le caratteristiche di questo contratto e perché fu sottoscritto, in primis, e con una clausola di questo tipo in secundis.

Il Direttore del debito spiega poi che clausole di rescissione bilaterali si svilupparono nei primi anni per tutelarsi dal rischio delle banche, percepite allora più rischiose della Repubblica italiana: ma ciò non vale per la transazione con Morgan Stanley, dove l’unica a proteggersi con la clausola di rescissione fu la banca stessa.

Altre informazioni mancanti riguardano operazioni più recenti, benché si debba riconoscere la maggiore trasparenza ottenuta grazie alla relazione di Maria Cannata, che comunica come esistano a tutt’oggi “13 contratti (dove) sono presenti clausole di risoluzione anticipata (bilaterale) al valore di mercato.” Si è arrivati a 22 cancellazioni, da ben 35 nel 2011, “nella maggior parte dei casi contestuale alla novazione soggettiva, ristrutturazione o rinegoziazione delle posizioni che le includevano; solo in due casi è avvenuto l’esercizio da parte dalla controparte (giugno e dicembre 2014”. Ma quanto sono costate queste cancellazioni, soprattutto queste ultime due? Non è dato sapere perché non conosciamo i contratti sottoscritti.

E, già che ci siamo, ricordiamo che Maria Cannata fornisce la lista delle controparti, 19, in appendice della sua relazione. Informazione rilevante, ma che non ci rivela quale sia l’esposizione rispetto alle singole banche o, perlomeno, tra diversi livelli di rating. Andrebbe fatto, in nome della trasparenza e della rassicurazione di contribuenti e investitori, anche perché non si vedono i rischi connessi alla pubblicazione di tale informazione, tenuto anche conto che la stessa Direttrice ha spiegato quanto dal 2011 sia divenuto rilevante il rischio di controparte.

Certo è vero che Maria Cannata ha anche rassicurato tutti su quelle transazioni peculiari in derivati che lei stessa definisce come “sottoscritti (dai Governi) deliberatamente in maniera sbilanciata”, utilizzati molto probabilmente dalla Grecia – e causa dell’avvio della crisi ellenica – nascondendo un prestito delle banche con un’entrata fiscale pur di mostrare un deficit migliore invece che un maggiore debito come dovrebbe essere, ingannando contribuenti e investitori sulla salute dei conti pubblici greci. Esclude, Maria Cannata, che tali contabilizzazioni “anomale” siano mai avvenute in Italia, visto che lei stessa le descrive come rappresentanti “inequivocabilmente un prestito” e quindi non lasciando dubbi su come il Tesoro abbia contabilizzato correttamente queste operazioni peculiari.

Rimane un’ultima richiesta che andrà prima o poi esaudita, meglio prima che poi. E che ci fa sollevare automaticamente una domanda condita di perplessità: ma perché il Tesoro rimane “avaro” di informazioni sui singoli contratti, tra l’altro richieste dall’opposizione grillina a gran voce (vedi video ultimi 10 minuti)?

Certo, non è detto che la trasparenza sia sempre ideale: in alcune occasioni è bene che un Governo mantenga riservati i suoi comportamenti. In questo caso non è così ed è ampiamente tempo che possa essere per sempre eliminato quel dubbio, che attanaglia i mercati da tempo, che chissà quale mistero circondi transazioni che, invece, il Tesoro ha avuto modo di argomentare in maniera convincente – nell’audizione e in passato – sono state perfettamente in sintonia con una gestione del rischio di un buon padre di famiglia. Detto questo, sono due gli ordini di spiegazioni che dà Maria Cannata per l’assenza di pubblicità sui singoli dati.

Il primo, nel dibattito finale, è questo: “la richiesta dei singoli contratti è un po’ particolare perché ci sono delle sensibilità: un grado così granulare di disclosure [informazione] non lo dà nessuno perché potrebbe avere dei riflessi di farci perdere in termini competitivi rispetto al resto del mercato”. Non è una motivazione molto chiara (che riflessi? che competitività?) ma soprattutto ci spiace smentire il Direttore del Debito Maria Cannata sul fatto che nessun Paese fornisca tale informazione. Basterebbe andare sul sito della Banca centrale danese, che gestisce il debito della Danimarca, per vedere come da sempre questa non solo pubblica – nella sua Relazione Annuale – un capitolo interamente dedicato alla politica dei derivati ma anche fornisce, in apposite tabelle, le singole operazioni (di apertura e chiusura!) su ogni derivato avvenute in quell’anno (vedi tabella sotto), anche se mancano alcuni dettagli delle singole operazioni (nome controparte, tasso dell’operazione, ecc.).

Certo non siamo a conoscenza di un Paese dell’area euro che sia trasparente come la Danimarca (ed anche la Svezia) e ci aspetteremmo che BCE, Commissione europea ed Eurostat forzassero la mano a tutti i governi dell’euro per dare più sicurezza agli investitori nell’area della moneta comune. Ma, cominciando dall’Italia, l’esempio danese mostra come non vi sia motivo perché il Tesoro italiano non faccia altrettanto e perché i vertici del Ministero, che Maria Cannata ricorda “stanno valutando la richiesta… e (comunque) non vogliono nascondere nulla”, non siano completamente aperti e trasparenti al riguardo, come i danesi che hanno la trasparenza nel sangue e non percepiscono alcun costo da tale pubblicazione.

Certo, alla fine il Direttore del Debito Maria Cannata aggiungerà, come motivo per non dare tali dati, questo: “se ci chiedete tutti i contratti dal ’90 ad oggi noi ci paralizziamo perché dobbiamo andare scavare nelle cantine a ripescare chissà che cosa”. Ma, se mi permette il Direttore, ritengo proprio che la cantina vada aperta a tutti.