Un bene pubblico puro: la Protezione Civile

di Marcello Degni
Pubblicato il 28 Novembre 2009 - 09:37| Aggiornato il 26 Febbraio 2020 OLTRE 6 MESI FA

Il capo della Protezione Civile Bertolaso con Berlusconi

Il capo della Protezione Civile Bertolaso con Berlusconi

Circola una bozza di decreto legge, non ancora approvato, che trasferirebbe al Dipartimento Nazionale della Protezione Civile l’attività di monitoraggio dei terremoti, le funzioni di sorveglianza sismica del territorio nazionale e il coordinamento delle reti sismiche, fino a oggi di competenza dell’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV). Le funzioni trasferite verrebbero gestite attraverso una società per azioni interamente partecipata dalla Presidenza del Consiglio.

Secondo i ricercatori dell’istituto questa privatizzazione metterebbe in pericolo: il servizio di sorveglianza sismica e vulcanica del territorio nazionale; importanti progetti di ricerca sismologica e vulcanologica anche in collaborazione con grandi istituti di ricerca internazionali; l’aggiornamento della mappa della pericolosità sismica.

Se si analizza questo problema sotto il profilo della teoria economica è possibile sviluppare alcune considerazioni di contesto utili alla valutazione del problema.

È evidente che le funzioni di sorveglianza sismica si configurano come un bene pubblico puro. Un bene pubblico puro è caratterizzato da due proprietà fondamentali: non è possibile razionare il suo consumo e un tale razionamento non è desiderabile.

Se viene segnalato un pericolo di sisma non può essere escluso dalla informazione un singolo individuo. Nello stesso modo per cui non è possibile escludere dalla difesa nazionale (altro bene pubblico puro) uno o più cittadini.  Se non si può razionare un bene mediante il sistema dei prezzi, e questo deve essere fornito, deve essere lo stato ad erogarlo.

Se nessuno può essere escluso dalla fruizione del bene, non vi sarebbero incentivi a pagarlo volontariamente. Deve quindi essere finanziato con la tassazione ed erogato da una istituzione pubblica. L’obbligo dell’imposta evita il problema del free riding. Se il bene sorveglianza sismica fosse erogato da una azienda ad un certo prezzo, molti sarebbero indotti a non pagarlo (free rider), perché potrebbero comunque usufruirne in caso di necessità.

Oltre a non essere possibile, se il bene è pubblico, non è neppure desiderabile escludere qualcuno dalla sua fruizione. Il consumo di un individuo non sottrae nulla a quanto possono consumare gli altri. Una struttura di sorveglianza sismica protegge tutti i cittadini, informandoli tempestivamente e approntando le necessarie misure. Non avrebbe un costo minore monitorare il territorio se ci fosse un numero di fruitori minore. In altre parole il costo marginale per fornire il bene ad un soggetto che si aggiunge a quelli preesistenti è zero.

Talvolta i beni pubblici possono essere prodotti dal settore privato (nel nostro caso dalla SPA pubblica) per attivare meccanismi di efficienza. Ma se il bene pubblico è puro, come nel caso in esame, vi sono due fonti di inefficienza collegati alla produzione privata. La prima. Se il costo marginale del bene è zero, la fissazione di un prezzo (difficilmente immaginabile nel caso in esame: si potrebbe pensare a convenzioni per le diverse aree), produce una sotto utilizzazione del bene stesso (l’esempio classico è quello del ponte con un pedaggio). La seconda. Il bene potrebbe essere offerto in quantità troppo piccola e, in alcuni casi non offerto affatto. Una gestione privatistica della sorveglianza sismica potrebbe indurre ad una restrizione delle zone di osservazione, magari a quelle più importanti. Tutti fruirebbero di quelle osservazioni, ma l’offerta complessiva sarà inadeguata.

L’economia pubblica consiglia quindi, in questo caso, di lasciare le cose come stanno. Peraltro stiamo parlando di una struttura di eccellenza, che il mondo ci invidia, cosa non comune in Italia, di questi tempi.