Laura Boldrini vs Sergio Marchionne: guerra di parole e sgarbi sui giornali

di Warsamè Dini Casali
Pubblicato il 5 Luglio 2013 - 14:41 OLTRE 6 MESI FA
Laura Boldrini vs Sergio Marchionne: guerra di parole e sgarbi sui giornali

Laura Boldrini vs Sergio Marchionne: guerra di parole e sgarbi sui giornali

ROMA – Laura Boldrini vs Sergio Marchionne: guerra di parole e sgarbi sui giornali. Quello delle relazioni industriali è un nervo scoperto della politica italiana: lo dimostra la catena di reazioni sulla stampa dopo che il presidente della  Camera Laura Boldrini ha declinato l’invito di Sergio Marchionne per la presentazione dei nuovi investimenti negli impianti Fiat in Val di Sangro (lo stabilimento Sevel). Che la terza carica istituzionale dello Stato rifiuti di presenziare a un evento organizzato dalla più grande fabbrica italiana, adducendo impegni precedenti ma non rinunciando alla stoccata con l’accenno alla “gara al ribasso sui diritti”,  assume ovviamente un significato politico divisivo, come si dice oggi. Con il titolo “Il giusto rifiuto”, esulta il Manifesto con una grande foto di Boldrini in prima pagina. Stessa foto, sempre in prima pagina, per Libero: solo che in campo rosso e falce & martello ben in vista c’è il suo volto deformato dalla caricatura sotto il titolo “La Boldrini ama gli immigrati, non gli operai”.

Un passo indietro è necessario per ricostruire la dinamica di un incidente (anche senza attribuzione di colpe) nelle relazioni istituzionali e industriali. Un invito a Boldrini da parte di Fiat viene inviato il 28 giugno a firma Sergio Marchionne: è il giorno in cui, in coincidenza della fine dello sciopero Fiom, il presidente della Camera ha ricevuto i delegati della formazione sindacale in rotta con Fiat (“…mi farebbe piacere che Lei toccasse con mano la realtà industriale che Fiat sta ricostruendo in Italia”). La risposta di Boldrini è giunta ieri: accanto alla giustificazione di rito, al garbo istituzionale, spicca in extremis la frase sui diritti e sulla gara al ribasso sul costo del lavoro. “Argomenti che non c’entrano nulla coi nuovi investimenti del gruppo Fiat, ma che in compenso fanno scattare l’applauso di Di Pietro. Il solo ad apprezzare queste parole”, commenta amara La Stampa nel piccolo spazio a pagina 25 dove la notizia è pubblicata.

Tornando ai “titoloni”. Anche per Il Giornale è imperdonabile l’estremismo di Boldrini, (“Fa la comunista e attacca la Fiat”) sottolineando lo “sgarbo” e stigmatizzando l’infrazione al galateo istituzionale che vuole il presidente della Camera arbitro super partes. Si infiamma per lo “schiaffo” di Boldrini anche Repubblica, ma per motivi opposti e in prima pagina sottolinea invece la lezione impartita a Marchionne, “I diritti si rispettano”. Un editoriale di Luciano Gallino (“La strada bassa della Fiat”) introduce due grandi pagine all’interno del quotidiano con intervista all’ex sindacalista Fiom e oggi senatore di Sel Giorgio Airaudo, e un’analisi di Paolo Griseri. Il quale mette in relazione il rifiuto di Boldrini con la sentenza della Corte Costituzionale che proprio sulla Fiom dà torto a Fiat:  “in poche ore sono venuti a galla i limiti di una strategia di rapporti con i sindacati e l’opinione pubblica che fino alla settimana scorsa a Torino consideravano vincenti”.

A sorpresa, proprio Airaudo, mantiene un profilo più basso, potremmo dire più istituzionale se non temessimo di offendere il presidente della Camera, attraverso considerazioni di buon senso e con la rinuncia a infierire contro Fiat forte degli autorevoli pareri di  Consulta e presidenza della Camera: “Torni la pace in fabbrica basta estremismi, anche della Fiom”, è il suo appello, riconoscendo di, fatta salva la lealtà alla sua parte, “sottovalutare gli estremismi della mia parte. Ma ci sono stati”.