Paolo Villaggio e cultura africana inferiore. Schiavo del politicamente scorretto

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 30 Aprile 2014 - 14:49| Aggiornato il 2 Maggio 2014 OLTRE 6 MESI FA
Paolo Villaggio e cultura africana inferiore. Schiavo del politicamente scorretto

Paolo Villaggio e cultura africana inferiore. Schiavo del politicamente scorretto

ROMA – Paolo Villaggio e cultura africana inferiore. Schiavo del politicamente scorretto. “Chi è il Tolstoj degli Zulu? E il Proust degli abitanti di Papua? Sarei lieto di poter leggere i loro capolavori”. Questa provocazione del premio Nobel per la letteratura Saul Bellow, gli costò in vita l’accusa di razzismo, dopo morto l’assurda pretesa di negargli una targa commemorativa a Chicago, la sua città, quello che New York è per Woody Allen.

L’obiettivo del caustico sprezzatore di ogni cedimento al politicamente corretto erano i cultural studies americani, ovvero l’inserimento obbligatorio nei programmi universitari di ogni traccia anche esangue, anche platealmente dozzinale purché riferibile a qualche idolatrata minoranza. Discutibile, amaramente paradossale, forse anche da “angry old man”, ma non necessariamente razzista.

Quando invece Paolo Villaggio, senza un filo di ironia accertabile, dichiara avventato che “la cultura africana è inferiore” a proposito della banana lanciata al calciatore Dani Alves (che al posto di indignarsi se la mangia), qual è il suo obiettivo? A parte l’ansia di dimostrarsi sempre e comunque politicamente scorretto, non c’è. Tutti conosciamo i guasti del conformismo politicamente corretto. Come sosteneva Sandro Modeo, in Italia però questo conformismo è ormai precipitato nel suo contrario.

“Chiunque — liberando qualche sfogo umorale — può ricorrervi come a un’autocertificazione di teppismo intellettuale, senza rendersi conto che un’eresia di massa diventa presto ortodossia”. Vuol essere ricordato così Paolo Villaggio: un anti-conformista e un libero pensatore che dice pane al pane, per cui lui le persone di colore non esita a chiamarle “negri”, sfinito dall’ipocrisia dilagante. In Italia, dove siamo passati direttamente dal “negretto” dei cronisti sportivi al “negro” orgogliosamente scorretto! Quand’è che Villaggio ha dovuto subire la dittatura del politicamente corretto? Non è nemmeno un razzista, è un forzato del politicamente scorretto. Viva la Corazzata Potemkin!