Alessia Marcuzzi confessa: “Quando cominciai nel 1991…”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Febbraio 2016 - 16:42 OLTRE 6 MESI FA
Alessio Marcuzzi (foto Ansa)

Alessio Marcuzzi (foto Ansa)

ROMA – “Cominciai nel 1991 a Telemontecarlo, ma non lo diciamo troppo altrimenti sembro già vecchia” racconta, intervistata dal Fatto Quotidiano, la conduttrice della prossima edizione dell’Isola dei famosi, Alessia Marcuzzi.

“Ai primi provini – racconta la Marcuzzi – mi presentavo in jeans e Superga con la minigonna e le scarpe con il tacco nello zaino. Prima che me lo chieda, con me non ci hanno mai provato. Non si è mai azzardato nessuno. Questo lavoro si può fare benissimo senza scendere a compromessi”.

Dei suoi 178 centimetri di altezza, della città di cui conserva lo slang: “Ho paura di attaccarle il pippone” e delle abitudini che è riuscita a non trasformare in ossessione, Marcuzzi ha fatto un inno alla normalità: “Il mio lavoro termina quando si spegne la luce rossa della telecamera, sono stata attenta a non farmi divorare dal meccanismo e a sparire tra un programma e l’altro”. Sui social network la seguono milioni di persone: “Ed esclusi quelli che mi insultano o mi scrivono sconcezze e che vorrebbero disperatamente risposte, una soddisfazione che non gli darò mai, parlo con tutti”.

Ride spesso. Esce poco. Scrive. Disegna. Fa la madre. “È la ragazza della porta accanto -scrisse Giancarlo Dotto- anche se tu quello della porta accanto non sei mai”. Un colpo di tosse: “Adesso faccio un po’ la figa e mi sente con la voce squillante, ma vengo da un’influenza bestiale”. Le prossime settimane già impegnate con i nuovi naufraghi in costume da bagno, mentre i reduci dell’Isola, da Rocco Siffredi a Vladimir Luxuria, vedranno gli eredi alle prese con ciotole di riso, capanne improvvisate, messaggi nella bottiglia.

Le piace il programma?

Tra disagi e privazioni esce la tua vera natura. È una trasmissione che nella sofferenza tira fuori chi sei e a volte, molto spesso, il peggio di te. I naufraghi hanno fame davvero, dormono male e alla lunga faticano a controllarsi.

C’è chi dice che sia all’Isola dei famosi che al Grande Fratello sia già tutto scritto, tutto sceneggiato in anticipo.

Ma quando mai? È una favola. Al Grande Fratello i concorrenti pensano di spaccare il mondo, poi entrano nella casa e si scoprono tutti reclusi, straniati e persi. Non sanno dove siano le telecamere. Non hanno contatti con l’esterno. L’atmosfera è claustrofobica.

E all’Isola?

Chi sbarca si illude di controllare il meccanismo televisivo, di usare la telecamera a proprio vantaggio e di sedurre la platea e poi all’improvviso si scopre nudo e in difficoltà proprio come il naufrago che è. Le tattiche saltano e vanno per aria anche strategie e illusione del concorrente. Avrebbe voluto presentarsi con un preciso personaggio per orientare la simpatia del pubblico e il pubblico ha scoperto che in realtà è tutto un altro tipo di persona. È un teatro. Ci sono le maschere, I caratteri. Gli attori principali e i comprimari. Si va in scena senza paracadute e senza pronostici possibili. Prenda Siffredi. Tutti a ironizzare sulle sue imprese erotiche e poi lui piangeva solo per la moglie.

La conduttrice di un tempo, Simona Ventura, sarà nel cast.

È stata spiritosa e coraggiosa. Si è messa in gioco. Io sull’Isola non potrei stare. Ho sempre fame. Mi mancherebbero i figli. Darei di matto.

Catherine Spaak l’anno scorso fuggì prima del via.

Non me lo sono mai spiegato. Non l’ho capito e forse non l’ho neanche voluto capire. Si diceva che avesse avuto paura della barca o che avesse visto un serpente sulla spiaggia e si fosse spaventata. Non ho mai creduto a nessuna delle due ipotesi. Penso soltanto che a un certo punto non se la sia più sentita. Come le ho detto, è dura per chiunque.

Inseguire il successo di un tempo non è un’idea sinistra?

In parte sinistra, in parte, la maggior parte, affascinante. La principale critica che veniva mossa alGrande Fratello la conosco a memoria e un po’ la capisco.

Ce la ricorda?

 “Regala fama improvvisa a chi non ha mostrato nessun talento” dicevano i denigratori. L’isola è tutta un’altra storia. Ci sono sportivi e artisti che sanno cos’è lo spettacolo perché ognuno di loro, nel proprio campo, ha mostrato talento ed è stato più o meno a lungo sotto i riflettori.

Ma il Grande Fratello la affascina lo stesso.

Mi affascina l’idea che qualcuno possa diventare famoso da un giorno all’altro senza aver fatto nulla prima. È un tema letterario. In uno dei miei film preferiti,Oltre il giardino di Peter Sellers, per ragioni che nulla c’entrano con lui né con quel che dice, il giardiniere Chance, un analfabeta allevato dalla tv, viene scambiato per il più saggio tra gli uomini, trattato con ogni onore e proiettato dalla condizione di nullatenente a quella di consigliere del Presidente degli Stati Uniti.

Questa se l’è preparata.

Neanche per sogno. Ho visto di tutto. Ai tempi dell’Università persino La CorazzataPotëmkin.

All’università si iscrisse presto.

Facoltà di Lettere, indirizzo spettacolo. Non ero neanche maggiorenne. Sono andata a scuola molto presto. Mia madre si accorse che a tre anni sapevo già leggere e scrivere e rimasi fregata. Mi beccò con un fumetto in mano, un Topolino, a ridere: “Alessia, ma tu capisci cosa c’è scritto? Tutto quel che c’è scritto lì? Ma allora questo genietto l’anno prossimo va alle elementari!”. E così fu. Mi presentai sulla porta della Prima con la cartella, avevo solo quattro anni.

L’università come andò?

Lì di anni ne avevo diciassette e di quel che mi accadeva intorno capivo poco. Fino al Liceo erano esistiti i professori, i compagni, le reti di protezione. All’Università mi ritrovai da sola. La maturità necessaria proprio non ce l’avevo. Tra un corso intensivo di filmografia russa e un’assemblea politica in Ateneo, l’equivoco durò poco e l’esperienza finì male.

Senza laurea, ma con molti esami di diverso tipo.

Provini su provini, alcuni clandestini. Altri dichiarati in una famiglia, la mia, dalla mentalità comunque molto aperta. Io volevo fare l’attrice, mi iscrissi a un’agenzia e poco dopo venni cooptata per Amici mostri con Ninì Salerno. Era un programma per bambini con un tocco di situation comedy. La mia prima vera trasmissione.

Davanti al rischio di farne un’icona esclusivamente infantile, Beppe Caschetto, il suo agente, le suggerì di rischiare: “Hai un bel corpo, non sei volgare, potresti posare nuda”.

Andò più o meno così. Con Caschetto sto da vent’anni, non me ne sono mai pentita. Mi ha suggerito tante altre cose. Tutte importanti.

E del calendario si è mai pentita?

Se mi guardo indietro grido al miracolo. Sono stata fortunatissima. Ringrazio il cielo tutti i giorni. Mi considero una iper-privilegiata.

“Non mi serve lo psicanalista per capire come sono fatta, lo so già”. La frase è sua.

Ho provato, mi sono annoiata a morte, ho avuto la sensazione che mi dicessero cose che sapevo benissimo e sul lettino non sono più tornata. I demoni dentro li abbiamo tutti. I miei li conosco e li affronto più o meno serenamente.

Non erano proprio demoni, ma a Valerio Palmieri raccontò che da bambina vide gli alieni.

La mia impressione, a quattro anni, fu proprio quella. Ero con la mia bisnonna al mare e vidi una specie di disco volante attraverso il vetro della finestra. Nonostante un noto ufologo avesse poi riferito di come tra Anzio e Nettuno, a metà degli anni 70, fosse stato segnalato più di un avvistamento, la storia iniziò a essere romanzata e tra amici e familiari nel tempo è diventata una gag. Materia di accanite prese per il culo degli amici, di ipotesi di plagio: “tuo padre ama l’astronomia, vi siete suggestionati a vicenda”, di irrisione: “Avrai visto un cartone animato”.

David Bowie era un cartone animato?

Nel copione de Il Mio West di Giovanni Veronesi, Bowie doveva uccidermi. In Garfagnana, ai piedi del set, la gente si era accampata per assistere all’evento. David era gentile, riservato, non dava nessuna confidenza e aveva qualcosa di fisicamente inquietante. Metteva paura.

E lei doveva provare timore per esigenze di scena.

E infatti non feci nessuno sforzo. Sul set c’era anche Harvey Keitel. Fu molto simpatico, si sorbì i miei racconti, le mie incertezze, le mie aspirazioni. Gli dissi che mi sarei voluta iscrivere all’Actors Studio e forse sarebbe anche accaduto se a film finito non avessi incontrato Simone Inzaghi, non mi fossi innamorata e pazza di gioia, pochi mesi dopo non avessi fatto il mio primo figlio.

È stata fidanzata con due calciatori.

Anche con persone che facevano altri mestieri, ma quello non faceva notizia.

Ha due figli da due persone diverse e ottimi rapporti con i rispettivi padri.

Ancora la sorte, vede? Mi dicono “sei brava, tieni tutto insieme”. Rispondo sempre che ho la fortuna di potermelo permettere economicamente. È triste dirlo, ma ci sono donne che per vedere rispettati i propri diritti sono costrette a ricorrere agli avvocati. Per loro battagliare non è una scelta, ma un obbligo.

 La sua infanzia è stata felice?

Allegrissima. I miei hanno speso tutto quel che hanno guadagnato in viaggi e io ero sempre o quasi con loro. Ho visto il mondo. D’estate andavano a Roseto Valfortore, vicino a Lucera, nel foggiano. Stavamo liberi in campagna per tre mesi. I campi, le colline, i colori del grano. Grano a perdita d’occhio. Nella stessa zona, Gabriele Salvatores ambientò Io non ho paura.

Lei da anni conduce prime serate molto seguite. Ha mai paura?

So relativizzare, non vado in guerra. È solo televisione.

Un fallimento? Almeno uno?

Forse l’edizione italiana di Extreme Makeovernon andò secondo le aspettative, ma la volta che mi sono sentita peggio fu scontrandomi con Fiorello e il suo Il più grande spettacolo dopo il Weekend. Era un’impresa impossibile e così pensai di spiazzare portandomi un cartonato di Rosario a grandezza naturale in trasmissione. L’idea me l’aveva data Gianni Ippoliti. Entrai in scena con il finto Fiorello sottobraccio e si incazzarono tutti.

Quanto è diversa la tv dei suoi inizi da quella di oggi?

È diventato più difficile farla. Si producono meno programmi, c’è più difficoltà a sperimentare.

Alessia Marcuzzi-dicono-è una ragazza gentile.

E sa cosa mi dispiace?

Cosa?

Che dicono gentile e intendono cretina. Scrivono accomodante e vorrebbero dire senza personalità. Come se accompagnare lo spettatore con leggerezza equivalesse ad essere deboli. L’equazione gentile uguale scemo è veramente idiota e l’anno scorso, agli inizi dell’Isola, nei miei confronti non era neanche troppo velata. Io mi iscrivo al partito di Kenneth Branagh. È il mio eroe. Ha ragione lui.

Cosa dice Branagh?

Nel suo ultimo film c’è una frase bellissima che la madre sussurra a Cenerentola prima di lasciarla: “Sii gentile e abbi coraggio, ti darà molta più forza di quel che credi”. Io ho il mio modo di condurre, credo di farlo bene e di essere determinata quanto e quando serve. Le etichette non mi piacciono.

Per il resto?

Gliel’ho detto. Di isterie e nevrosi, drammi e urla ce n’è fin troppi. Sono per la leggerezza.

Altrimenti?

Altrimenti questo lavoro ti mangia.

E la leggerezza come la coltiva?

Stando quasi sempre a casa, evitando i salotti, lavorando senza presenzialismi e mondanità. Poi scrivendo per il mio blog, leggendo, guardando serie tv. Una bella come Breaking Bad purtroppo non sono più riuscita a trovarla. Amo tante cose, spesso lontane tra loro.

Una vita normale.

Meglio movimentata.  Quando c’è movimento c’è sempre una via d’uscita.

Senza trasgressioni?

Oggi la trasgressione più grande è essere perbene.