Banda della Magliana “sparì” Emanuela Orlandi? “Perché i pm scartano la pista?”

di Sergio Carli
Pubblicato il 23 Maggio 2015 - 17:49 OLTRE 6 MESI FA
Banda della Magliana rapì Emanuela Orlandi? "Perché i pm scartano la pista?"

Angela Camuso:perché è stata scartata la pista della Banda della Magliana nella scomparsa di Emanuela Orlandi?

ROMA – La Banda della Magliana sembra essere diventata una ossessione per i giornalisti che continuano a seguire quel che resta del mistero attorno alla scomparsa di Emanuela Orlandi, Il Gip del Tribunale di Roma sta esaminando la richiesta della Procura della Repubblica di archiviare l’inchiesta, l’ultima dopo 30 anni di indagini a vuoto (Emanuela Orlandi sparì il 22 giugno 1983). Dettagli piccanti e inediti continuano a uscire, pescati dai fascicoli processuali.

Qualcuno percepisce tensioni in seno alla stessa Procura. il procuratore capo, Giuseppe Pignatone, grande esperienza sul campo di mafia e criminalità organizzata, ha optato per l’archiviazione, avendo analizzato a fondo la pista della Banda della Magliana e avendola giudicata impraticabile in 47 pagine su 88 della requisitoria finale. Il fantasma della Banda della Magliana è stato più volte riescumato nell’ultimo mese, quasi come promemoria per le riflessioni del Gip.  In un paese meno delabré sarebbero già intervenuti i carabinieri ma in Italia la fiaba del giusto processo la si sente solo nei telefilm polizieschi americani.

Angela Camuso, ottima giornalista e grande esperta di Banda della Magliana, si è aggiunta al coro e ha scritto un articolo di mezze rivelazioni attingendo alle carte dell’inchiesta. Non ci sono vere e proprie notizie decisive, ci sono piuttosto le tracce degli accertamenti fatti dai magistrati inquirenti. Proiettano ombre che in sé non costituiscono prove ma riempiono una pagina di giornale e alimentano sospetti.

Soprattutto alimentano la domanda: alla Procura della Repubblica di Roma sono fuori di testa a chiedere l’archiviazione con quegli elementi in mano? Scrive infatti Angela Camuso:

“Come è noto, la Procura ha chiesto, per mancanza di prove, l’archiviazione dell’indagine per il sequestro e l’omicidio di Emanuela a carico dello stesso Vergari e di altri quattro ex sodali alla banda, tra i quali l’ex amante di De Pedis che ha fatto partire la nuova inchiesta, Sabrina Minardi. Questo nonostante alcuni oggettivi riscontri alle dichiarazioni della testimone: vecchi colloqui in carcere; testimonianze recenti; indagini patrimoniali e intercettazioni che hanno svelato l’esistenza di una fitta rete di legami familiari e di interesse tuttora esistenti tra i sospettati della vicenda”.

Quelle carte alimentano anche un’altra domanda, alla luce degli sforzi di politici e magistrati ( e in prima linea c’è proprio Pignatone) per tenere chi non c’entra al riparo dai cascami di un’inchiesta. Se Andreotti o Scalfaro o chiunque altro non sono collegabili con le indagini, perché lasciare nei fascicoli accessibili al pubblico carte per sputtanarli? In inglese direbbero che le scoperte di Angela Camuso, come quelle di Fabrizio Peronaci. sono “innuendos”, sono più insinuazioni: cosa c’è di più normale per un politico che chiedere raccomandazioni o concederle o meglio ancora prometterle? Fin dal titolo siamo in linea con questo genere letterario:

“E Andreotti promise un aiuto ai familiari del boss della Magliana. Nell’89 il prelato Vergani gli chiese un intervento per i De Pedis. Tra gli atti sul caso Orlandi le raccomandazioni di Scalfaro”.

Oscar Luigi Scalfaro, che fu ministro dell’Interno prima di diventare presidente della Repubblica, è un soggetto che appassiona molto i giornalisti. Anche Pino Nicotri, altro grande esperto di Banda della Magliana e di Emanuela Orlandi, ci ha elaborato sopra in articoli e nell’ultimo suo libro, Triplo Inganno. Nicotri altro che di raccomandazioni parla, lui pensa al depistaggio da vecchio tramista del vecchio Espresso, da una cui costola è uscito il Fatto.

Dettaglio: Scalfaro aveva il suo ufficio privato nel palazzo di Sant’Apollinare dove era la scuola di musica frequentata da Emanuela Orlandi. So what? direbbe Perry Mason.

Ci sono, scrive Angela Camuso, nei faldoni della Procura della Repubblica dedicati al caso Orlandi,

“le lettere di raccomandazione in favore di persone in cerca di un impiego, tra Oscar Luigi Scalfaro e monsignor Piero Vergari, il sacerdote indagato per il sequestro di Emanuela Orlandi [gli indagati sono Sergio Virtù, Angelo Cassani, Gianfranco Cerboni, Sabrina Minardi, Marco Accetti] .

“Analoghe missive, sempre dello stesso periodo, tra Giulio Andreotti e lo stesso Vergari per sollecitare un intervento dell’allora capo del Governo presso un ufficio di polizia –il commissariato di Roma Trastevere – a favore del ristorante dei familiari più stretti di Enrico De Pedis detto Renatino, boss della banda della Magliana. I documenti sono stati sequestrati nel 2009 dalla Squadra mobile a casa del prete accusato di aver avuto a che fare con la sparizione della tredicenne [in realtà quindicenne] cittadina vaticana di cui si sono perse le tracce dall’83. Carteggio ora all’attenzione del gip, che dovrà decidere sulla sorte degli indagati nell’inchiesta bis sul sequestro”.

Che per la Procura della Repubblica di Roma la “pista impervia” della banda della Magliana, dopo sette anni di inchiesta scatenata da una telefonata al Chi l’ha visto di cui è rimasta una registrazione ma non è rimasta traccia alcuna nei tabulati, sia una pista un po’ farlocca non deterre Angela Camuso:

“Da sette anni si segue la pista impervia dell’alleanza diabolicatra la e l’ormai defunto monsignor Paolo Marcinkus, ex presidente dello Ior, la banca vaticana. Sullo sfondo, festini per preti depravati con ragazzine minorenni e ricatti figli degli sporchi giri di denaro tra lo Ior e il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi”.

Riporta Angela Camuso che il 29agosto dell’89 Vergari scriveva  a Giulio Andreotti:

“Onorevole, mi rivolgo a Lei, nella memoria del nostro cardinale Pericle Felici, perché possa intervenire nella maniera idonea a risolvermi questo problema…”.

“La risposta scritta al prelatoera arrivata in Vaticano il 19 ottobredello stesso anno: “Caro Monsignore, ho ricevuto la Sua lettera nella quale mi parla del caso del Sig. DePedis. Le assicuro che mi interesserò nei limiti del possibile”, garantiva Andreotti in merito alla questione chiaramente spiegata da Vergari nella prima lettera. La persona da favorire, Marco De Pedis, fratello di Renatino e a lui strettamente legato, aveva infatti assunto al ristorante “Popi Popi”di Trastevere, all’epoca e tuttora gestito da lui, due seminaristi polacchi raccomandati da un prete che era un comune amico di Vergari e Andreotti. Erano sorti dei problemi perché il ristoratore non aveva comunicato la presenza dei due stranieri in Questura.

“Tra questi riscontri, osserva Angela Camuso, le lettere in questione pur non provando contatti diretti tra i politici e la banda della Magliana confermano l’inquietante rete di relazioni in cui si muoveva un personaggio come Vergari, a cavallo tra esponenti della finanza vaticana, inquilini di Palazzo Chigi e assassini di borgata”.

Ma è vero o no che Vergari fu anche cappellano di Regina Coeli, lo storico carcere di Roma? A Regina Coeli di assassini e criminali assortiti deve averne incontrati tanti, era il suo mestiere, la sua mission. Conobbe così anche De Pedis. Ma Angela Camuso la vede diversa:

“Non a caso il monsignore divenne famosoquando si scoprì che, in qualità di reggente della basilica di Sant’Apollinare in pieno centro a Roma, era stato lui a chiedere all’allora capo della Cei, cardinale Ugo Poletti, il nullaosta per la scandalosa sepoltura di Enrico De Pedis, morto ammazzato, [meno male che Angela Camuso era di sinistra] nella cripta fino a quel momento riservata a spoglie di illustri rappresentanti della cultura italiana.

Vergari, vicinissimo anche a Marcinkus, scambiava numerose missive con Oscar Luigi Scalfaro proprioin quei mesi immediatamente precedenti e successivi all’assassinio di Renatino. Al futuro capo dello Stato, il sacerdote chiedeva di intercedere per un medico siriano che voleva essere promosso a vice-sovrintendente in un concorso interno della Polizia di Stato e per un tecnico esperto di montaggio che aveva a cuore di lavorare in Rai. Vergari ottenne anche in questo caso risposte rassicuranti dal suo illustre interlocutore:

“Reverendo e caro Monsignore –scriveva Scalfaro al sacerdote il 26giugno del ‘90 –Le assicuro che ho svolto, presso la Rai tv, il più vivo interessamento in favore del signor E.M. T., nel senso desiderato”.

Un minimo di educazione, perbacco. Doveva rispondergli in stile Beppe Grillo. Angela Camuso non sa o non ci dice però che effetto abbia sortito il “vivo interessamento” di Scalfaro. Invece insiste con

“un ultimo contatto eccel-lente. Una lettera di Vergari recente, datata 9 dicembre 2005 e indirizzataad Andreotti. Essa ha per oggettoproprio lo scandalo nel frattempo scoppiato sulla stampa per la sepoltura di De Pedis a Sant’Apollinare.

“Illustrissimo onorevole senatore Giulio Andreotti, ho saputo che si è interessato a me –scriveva Vergari dagli Stati Uniti dove si era ormai definitivamente trasferito –. Avendo conosciuto che anche televisione e stampa hanno parlato a lungo di quanto avvenuto 15 anni fa, i superiori mi hanno consigliato di stendere queste brevi note che le mando per conoscenza…”.

So what, direbbero anche in America.