“Roberto, siamo nella merda”: casetta Formigoni, garage Pisapia, calcio a patti

di Riccardo Galli
Pubblicato il 27 Luglio 2012 - 15:05| Aggiornato il 27 Marzo 2015 OLTRE 6 MESI FA
Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia (LaPresse)

MILANO – “No, guarda, siamo nella merda fino a qua, Roberto…”. La non elegantissima ma assolutamente esaustiva affermazione è di Massimo Buscemi, ex assessore della Regione Lombardia alla Cultura e genero di Pierangelo Daccò. Buscemi, durante una conversazione intercettata, è di fronte al governatore Roberto Formigoni, e gli sta “illustrando” i problemi che potrebbero avere con la “casetta”. Ma “siamo nella merda fino a qua” è qualcosa di più, va oltre la vicenda Formigoni ed è un vestito che si adatta più che bene ad altre notizie di questi giorni: dall’amato gioco del calcio qua e là “aggiustato”, sino ad un garage che conta, comanda e dispone più di un sindaco e dell’interesse pubblico.

La “casetta”, come la chiama Formigoni, è una villa in costa Smeralda di 7 stanze più servizi su tre livelli, patio, verande coperte, in cima alla collina del Pevero con una vista niente male su Cala Volpe. Ma per quanto piccina picciò, il mattone in Sardegna costa caro e così Alberto Perego, coinquilino e amico  di Formigoni, per acquistarla spende circa 3 milioni di euro, di cui la metà fornita da Formigoni. Peccato che la valutazione dell’immobile sia di circa 7, mentre Buscemi afferma, nella conversazione del “siamo nella…”,  che arrivi addirittura a 9/10 milioni di euro di valore. Un bell’affare per Perego, ma siccome il venditore della “casetta” risponde al nome di Pierangelo Daccò, secondo gli inquirenti in quello scontone si nasconderebbe e neanche tanto un regalo, una convenienza, un pagamento. E proprio su questo verte la conversazione tra Buscemi e Formigoni da cui “No, guarda, siamo nella merda fino a qua, Roberto…” entra nei verbali e nella cronaca. La villa l’ha acquistata Perego ma per Buscemi è evidentemente casa Formigoni, e lo si capisce bene dalla sua telefonata intercettata dai magistrati. E’ il 10 febbraio e l’ex assessore è nell’ufficio di Formigoni, è lì per chiedere “un risarcimento” alla poltrona di assessore perduta, scrive La Stampa. Il cellulare, che diventa così una microspia ambientale, riporta le parole di Buscemi, che informa falsamente Formigoni di una convocazione in Procura di sua moglie Erika Daccò : “Le chiederanno della casa… E come mai così poco…Tre milioni? Contro 9/10 milioni di valore commerciale! No, guarda, siamo nella merda fino a qua, Roberto…”. Buscemi, in quell’occasione bluffava: non era vero che la moglie fosse stata convocata. Oggi, dopo l’avviso di garanzia a Formigoni, anche Perego è entrato nell’inchiesta ma, nonostante questo, il governatore non si sente nella “merda” e si dice tranquillo. Ma rimanda l’incontro con i magistrati. A margine ma non troppo a margine vale la pena di ricordare che Roberto Formigoni e Alberto Perego sono entrambi “memores domini”, memori di dio e perciò legati ad un voto laico di castità e povertà. Il rispetto o meno della prima parte del voto non è affar nostro, il rispetto della seconda parte…lascia vedere qualche “smemoratezza”.

Dalla Regione al Comune la situazione, il “dove siamo”, purtroppo non cambia. Anche se in questo caso i guai del sindaco Pisapia con la giustizia sono di tutt’altro genere. Il successore della Moratti non è infatti né indagato né coinvolto in alcuna vicenda poco chiara, ad infelicitare la sua estate è il Consiglio di Stato che ha bocciato l’Area C, l’area di accesso a pagamento al centro di Milano. Bocciata e sospesa quindi immediatamente con un altrettanto immediato aumento del traffico del 25%. Bocciata per il ricorso fatto da un’autorimessa del centro contro la nuova regolamentazione cittadina. Un’autorimessa, un garage che conta non solo più del sindaco che l’area ad accesso limitato aveva voluto, ma conta anche più di tutti i cittadini che con Pisapia l’avevano sostenuta, conta più dei problemi di traffico e inquinamento. I diritti certo vanno difesi, ma l’interesse pubblico dovrebbe venir prima dell’interesse privato. Ma a questo punto siamo, parafrasando Buscemi.

Per il nostro Paese però questo non è certo un periodo felice, e nemmeno lo sport si salva dall’ormai fatidico “siamo nella merda sino a qua…”. Il bell’europeo degli azzurri aveva contribuito a far calare quello che si definisce un velo pietoso sulla vicenda calcio scommesse, passata da essere l’argomento clou dei quotidiani e dei bar ad una vicenda pressoché dimenticata. La seconda tranche dell’inchiesta è però tornata a ricordarci tutto. Altri giocatori, altre società e altre partite coinvolte. Con deferiti “vip”: su tutti gli juventini Antonio Conte, Simone Pepe e Leonardo Bonucci, con il difensore azzurro che rischia grosso, sino a tre anni di squalifica. Bonucci infatti è stato deferito per illecito sportivo, cioè perché ritenuto responsabile di aver partecipato ad una combine. Meno gravi dal punto di vista delle sanzioni le posizioni di Pepe e dell’allenatore Conte, deferiti per omessa denuncia, cioè per non aver denunciato un illecito di cui erano a conoscenza ma a cui non hanno attivamente partecipato. Meno gravi per le sanzioni ma devastanti per il calcio. I tre citati sono allenatore e giocatori della squadra campione d’Italia e, Pepe e Bonucci, fanno anche parte della nazionale. E poi, oltre a loro, altri 41 deferimenti dopo gli 83 del maggio scorso. E, in questo caso, la quantità fa purtroppo qualità. Eppure se la caveranno, ce la caveremo, con i “patteggiamenti” . “Robe’, siamo proprio nella merda”…ma ci patteggiamo.