Mussolini e i suoi triangoli: con la figlia dell’amante e la sorella di Claretta

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 6 Settembre 2013 - 15:17| Aggiornato il 12 Marzo 2015 OLTRE 6 MESI FA

duceROMA – Che tra i suoi pregi Benito Mussolini non annoverasse la fedeltà coniugale non è certo un mistero. Ma che fosse dannunziano più di quanto lo stesso poeta potesse immaginare, che si intrattenesse con regine e menage a trois, coinvolgendo anche minorenni e portandosi a letto madri e figlie lo svela nel suo saggio “Il duce e le donne” Mimmo Franzinelli.

Diverse le curiosità e i particolari storici che dal testo di Franzinelli, riportato da Mirella Serri su La Stampa. Scorrendo le righe si legge, ad esempio, dell’omosessualità dell’ultimo Re d’Italia Umberto, “noto per i suoi gusti sessuali descritti nei mattinali di polizia impilati sul tavolo del dittatore”. Come si apprende che la di lui consorte, la futura regina Maria Jose del Belgio, finì nel letto del Duce. Fu anzi, la consorte del principe ereditario, se non una delle poche ad infilarcisi autonomamente, quasi certamente l’unica che, per lignaggio e ruolo, potesse giocare a suo piacimento con il dittatore vizioso.

Si apprende infatti dal saggio in questione che Mussolini non era solo, come si è sempre riconosciuto, un donnaiolo che mai avrebbe disdegnato un’occasione romantica. Ma era probabilmente un uomo ossessionato dal sesso tanto da destare preoccupazione nelle persone che lo circondavano: Claretta Petacci in testa. Amori fugaci e clandestini ma anche “triangoli” che coinvolgevano madri e figlie e vere proprie violenze, per non parlare delle occasioni in cui nel letto del duce finivano ragazze poco più che adolescenti e abbondantemente minorenni.

Anche la Petacci che fu l’amante “ufficiale” di Mussolini, tanto da condividerne il destino sino a Piazzale Loreto, era probabilmente suo malgrado coinvolta. Scrive la Serri: “Anche la Petacci finì nel tourbillon del ménage à trois, come denunceranno i giornali l’indomani della caduta di Mussolini nell’agosto del 1943. Fin dal 1938 la quindicenne Myriam, detta Mimì, fece da mediatrice nella liason tra la sorella maggiore e Benito. Toccava a Mimì, ad esempio, fare da chaperon nelle trasferte del Duce e di Claretta al Terminillo. Ma a un certo punto la Petacci si impensierì: ‘Viene Mimì, lui si sofferma a parlare e la guarda con occhio diverso, da maschio, come prima mai. Rimango un po’ perplessa. Infatti dopo, riprendendo la passeggiata, ha uno strano atteggiamento d’uomo che pensa di poter piacere, di avere ciò che vuole, e altri pensieri che qui non trascrivo’. Da quel momento sarà sempre più preoccupata: ‘In tutto il tempo che ha parlato ha guardato molto Mimì e mi ha veramente seccato che abbia tenuto questi discorsi dinanzi a lei. Tanto che molte volte ho cercato di farlo smettere, ma inutilmente: non capisce queste cose…’. Non è solo Claretta a notare la bramosia del maturo satiro. Le chiacchiere sul terzetto dilagano e i Petacci faranno sposare Myriam in gran pompa e in gran fretta”.

Mimi però non è che una delle “prede” o delle mire del maturo uomo di Stato. Prima di lei aveva destato le attenzioni del duce un’altra ragazzina: la 17enne Bianca Ceccato, segretaria del giornale Popolo d’Italia. Il direttore, Mussolini, quando incontrò Bianca era già un uomo che aveva superato i 30 anni e le si propose come un buon padre. Alla scoperta però di un interesse della giovane per un coetaneo bersagliere, la licenziò, lasciandola senza lavoro e sostentamento. Quindi la convocò in un albergo. Le fece bere spumante e la violentò in una squallida camera, costringendola addirittura ad abortire una prima volta e, quando gli darà un figlio, rifiutandosi di vederlo. Sarà poi la volta di un’altra minorenne, questa volta figlia di una sua amante, la 14enne Fiammetta figlia dell’ebrea Margherita Sarfatti. La Sarfatti, che sarà costretta dalle leggi razziali a fuggire a Montevideo, supplicò in una lettera il quarantenne statista di non ‘farle richieste indegne’. Richiesta che sarà però, nemmeno a dirlo, inascoltata così che il duce non rinunciò al rapporto a tre che durerà, tra scenate e rivalità tra madre e figlia, almeno una decina di anni. Anche questa ricostruzione nel libro di Franzinelli e nell’articolo di Mirella Serri.

Dunque donne, e a volte fanciulle, per lo più costrette o comunque impossibilitate visti ruolo, carisma e poter di Mussolini, a gestire e condurre i rapporti secondo schemi a loro confacenti. Vittime magari consenzienti quindi più che amanti consenzienti. Unica, forse, eccezione, la principessa Maria Jose. La futura regina, prima di diventare antifascista, fu colpita dalla personalità del duce fino a volerlo trasformare in suo amante. In una relazione che, per una volta, vedeva il capo del governo italiano in una posizione di sudditanza. Era infatti la principessa che disponeva del suo amante per una volta e non viceversa. Condizione che al maturo seduttore, abituato a ben altro copione, non andava giù. Tanto che arrivò al punto di farsi negare alla principessa pur di sfuggirle e tornare alle più facili relazioni in cui era lui signore e padrone. Tutto cominciò, raccontano Franzinelli e Serri, “un’estate del 1937 con Claretta Petacci chiusa per ben due ore nella cabina doccia nel capanno del duce a Castelporziano mentre Mussolini si intratteneva con un’ospite presentatasi all’improvviso…Maria Josè di Savoia si presentò seminuda al capanno spiegando di essere naturista, abituata ai bagni di sole…”.