Paga 350 euro al mese a madre stupratore di sua figlia

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Dicembre 2015 - 00:12 OLTRE 6 MESI FA
 Davide Zaccarelli

Davide Zaccarelli

FAENZA (RAVENNA) – Davide Zaccarelli è costretto ogni mese a dare 350 euro del suo stipendio alla madre di Ezio Foschini, lo stupratore di sua figlia. L’uomo guadagna circa 1700 euro ma una parte di questi soldi gli vengono pignorati per finire alla madre di un uomo che in carcere sta scontando una pena definitiva a tre anni per violenza sessuale nei confronti della figlia di Zaccarelli che nel giugno del 2014 ha deciso di togliersi la vita.

Zaccarelli paga quindi i familiari di colui che ha violentato sua figlia. Tutto comincia a Faenza nel 2007. Zaccarelli, da circa due mesi ha cominciato ad accettare inviti nelle trasmissioni tv per fare un appello pubblico: servivano soldi per pagare 21mila euro alla famiglia del violentatore. I soldi sono stati raccolti ma dopo il clamore mediatico, la richiesta dei 21mila euro è stata ritirata.

Questa storia torbida ha sicuramente una vittima principale: sua figlia Elisa Zaccarelli, molestata dal suo professore a 15 anni e morta suicida un anno e mezzo fa. Libero Quotidiano ha intervistato l’uomo che racconta il motivo per cui la sua famiglia è costretta a pagare la madre dello stupratore di sua figlia:

“Davide, sua figlia Elisa frequentava l’ Istituto d’ arte per la ceramica di Faenza. Che ragazza era?

«Gioiosa e studiosa. Andava bene a scuola, poi sono iniziate le molestie di questo professore. Prima allusioni, poi apprezzamenti, sms. Fino all’ episodio clou, nel febbraio 2007».

Il clou?

«Si sono ritrovati da soli in ascensore a scuola e lui l’ ha baciata in bocca e le ha toccato le parti intime».

Elisa ve ne ha mai parlato?

«Accennò qualcosa a mia moglie Stefania ma gliene parlò come se fosse capitato a un’ amica. Il giorno dopo gli insegnanti l’ hanno trovata in lacrime a scuola e sono riusciti a farle raccontare tutto. Lo abbiamo scoperto così».

E avete denunciato?

«Sì, ma questo professore è stato arrestato solo un mese dopo. Nel frattempo è rimasto a insegnare, come se nulla fosse. Non solo, andava in giro diffamando mia figlia dicendo che era una poco di buono. Ha anche scritto una lettera con queste accuse e l’ha fatta firmare a molti studenti. Tra i firmatari c’erano anche compagni di Elisa. Avrei potuto denunciarli per diffamazione ma erano ragazzi, ho capito che erano stati condizionati e per non rovinare loro la fedina penale mi sono fermato».

In tutto questo i vertici dell’ istituto d’arte che hanno fatto?

«Niente. Eppure le abitudini di Foschini erano note. Era rinomato per mostrare attenzioni particolari nei confronti delle ragazze. Le racconto un fatto».

Prego.

«Nel registro di classe, che poi è stato sequestrato, di fianco ai nomi delle studentesse lui annotava i… soprannomi».

I soprannomi?

«Ve li lascio immaginare. Me ne ricordo uno in particolare: “la figona imperiale”, ma ce n’ erano altri. Fatico anche a ripeterli».

Perché lei ce l’ ha con la scuola?

«A quanto mi risulta il preside dovrebbe controfirmare il registro. Questo preside cosa ha fatto? Tra l’ altro nel mese trascorso dalla denuncia all’arresto Foschini ha continuato a insegnare. Io avevo denunciato l’ istituto, ma la denuncia è lì, bloccata. Hanno lasciato che mia figlia venisse diffamata. E il ministero?».

Niente?

«Al processo il ministero si è costituito parte civile, poi è scomparso improvvisamente. Non so cosa sia successo».

Nessuna solidarietà, insomma?

«Non dico questo. Anzi, voglio ringraziare tre insegnanti che hanno aiutato tantissimo Elisa. Senza di loro forse non avrebbe continuato gli studi. Sono stati gli unici del corpo insegnanti a venire al suo funerale».

Veniamo al processo penale.

«Foschini, dopo sei mesi di carcere, lo ha affrontato da uomo libero. Si è presentato a una udienza, si è avvalso della facoltà di non rispondere, poi è scomparso».

Arriva comunque la condanna?

«Sì, in primo grado a quattro anni di carcere e a un risarcimento di 66mila euro: 40mila da dare a Elisa e 26mila euro a noi genitori».

Qui, Davide, inizia una storia assurda. Foschini non vi paga.

«Risulta nullatenente, ma scopriamo che qualche tempo prima della sentenza aveva fatto sparire i soldi dal suo conto, trasferendoli su quello del padre».

E voi?

«Lo denunciamo. Articolo 388, “mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice”, reato per cui è già stato condannato fino in appello a un anno e mezzo».

Quindi vi paga?

«Macché. La Guardia di Finanza ha anche documentato per filo e per segno gli spostamenti dei soldi. Addirittura Foschini annotava in alcuni libricini “il tal giorno prelevo tot”, è tutto nero su bianco. Procediamo per via civile chiedendo un sequestro cautelativo dei conti dei genitori di Foschini».

E lo ottenete?

«Siamo condannati».

Condannati?! «Sì, per sentenza di un giudice che si chiama Flavia Mazzini, scriva il nome per favore».

Che decide?

«Siamo condannati per aver causato un danno biologico nei confronti dei genitori di Foschini. In pratica il papà del violentatore sarebbe stato male per la nostra denuncia».

Risultato?

«Dobbiamo risarcirlo e pagare le spese legali. In tutto gli devo, tra interessi maturati e condanna, 40mila euro. Soldi che non abbiamo, per cui mi pignorano lo stipendio».

Mi faccia capire, in base a questa sentenza lei deve pagare i genitori dello stupratore di sua figlia?

«Sì. E occhio alle date. Questa sentenza è del marzo 2014. Tre mesi dopo…».

Tre mesi dopo?

«Il 29 giugno 2014 Elisa si suicida».

Sette anni dopo quella violenza.

«Ma due mesi dopo quella sentenza. Nel frattempo era riuscita a terminare gli studi senza cambiare scuola e nonostante venisse additata, chiacchierata. Si è diplomata con 91 centesimi, non sappiamo spiegarci con quale forza d’ animo. Alternava momenti spensierati a momenti bui. Un giorno poi girando per Faenza incontra il suo violentatore per strada. È stata male, fisicamente, per i giorni successivi. È crollata. Si dice che il tempo guarisce i mali e di tempo ne era passato. Ma questa condanna nei nostri confronti è stata una botta enorme».

Non ha retto.

«Un giorno, abbiamo saputo poi, di nascosto ha chiesto al nostro avvocato civilista se ci potevano portare via la casa. La sensazione è che provasse una tremenda colpa».

Vi ha lasciato qualche ultimo messaggio?

«È un tasto molto doloroso, diciamo che ha lasciato qualche post it in cucina, parole molto intime».

Davide, lei oggi ancora paga i genitori di colui che ha causato tutto questo e sta scontando una pena definitiva in carcere.

«È incredibile, lo so. Guadagno 1700-1800 euro al mese e ne do 3-400 a loro. Ai loro avvocati, prima, poi a sua madre. Tra l’ altro, beffa delle beffe, siamo venuti a conoscenza di un particolare».

Quale?

«Il padre di Foschini è morto un anno prima della sentenza ma il loro avvocato non l’ ha comunicato al giudice. Se si fosse saputo, il processo civile sarebbe stato da annullare. Quando invece si arriva a sentenza, c’ è poco da fare se non sperare nell’ appello».

La vostra storia divenne popolare qualche mese fa, quando la madre di Foschini le chiese 21mila euro da pagare in dieci giorni.

«Sì, sosteneva che ne aveva bisogno subito. Abbiamo fatto un appello pubblico perché noi quei soldi non li abbiamo. Per fortuna li abbiamo raccolti grazie alla straordinaria solidarietà della gente comune. Li abbiamo accantonati, pronti se dovessero servire. Al momento, dopo il clamore mediatico, la richiesta di quei 21mila euro è stata ritirata» (…).