Porno d’autore. Il regista Franchi si vendica al Fatto: “E la chiamano critica”

Pubblicato il 22 Novembre 2012 - 13:20| Aggiornato il 16 Marzo 2015 OLTRE 6 MESI FA
Paolo Franchi e Isabella Ferrari premiati al Roma Film Fest

ROMA – Porno d’autore. E’ l’ultima volta che per il film di Paolo Franchi “E la chiamano estate” usiamo l’espressione “porno”. Il regista, intervistato da Malcolm Pagani per Il Fatto Quotidiano, replica a tutte le critiche, si indigna per il trattamento ricevuto, evoca complotti di lobby organizzate. Soprattutto, annuncia che denuncerà la vedova di Bruno Martino che ha chiesto il ritiro della pellicola: “Niente di pornografico, la querelerò per diffamazione”. La parola “autore” no, la salviamo: pare ci tenga, se è vero che intende confrontarsi solo con i veri critici e non con i giornalisti, evidentemente non all’altezza. Estraiamo qualche pillola di saggezza cinematografica, rara ai nostri giorni sfortunati in cui “se non sei servo, non sei”.

E’ colpa dei giornalisti. “Questo festival non è amato ed esiste un’abominevole fetta di critica che per ragioni di lobby e vendette ha trovato nel mio lavoro il volano ideale per far casino”. Lobby e volani, è pronto per scendere in politica. Sui giornalisti la pensa grossomodo come D’Alema, la conferenza stampa il luogo del delitto. Torniamoci: “Ero allibito dal livello penoso delle domande. Un analfabetismo di ritorno che mi ha lasciato sgomento […] Prendere il film per dire che il film non mi è piaciuto perché è lento, non significa domandare”.

Mereghetti non è un critico. Il fortunato autore del dizionario cinematografico Il Mereghetti (incidentalmente critico del Corriere della Sera) ha trovato il film di una “pochezza imbarazzante”. Franchi non si cura delle critiche e pour cause: “Se mi attacca la mia ex professoressa di epistemologia mi addoloro. Se lo fa Mereghetti mi importa zero. Lo conosco pochissimo. E’ un giornalista, non un critico”.

“Una scopata non si nega a nessuno”. La reazione ai dialoghi del film qualcuno l’ha trovata ridicola, “pisciami in faccia”, magari un po’ forte. “Ridere quando un uomo nel pieno dell’autolesione chiede a una prostituta di pisciargli in faccia, è degradante. Può farlo (ridere ndr.) solo qualcuno che desidera farselo fare o prova imbarazzo quando non identificazione. Il sesso fa ancora paura”. Perché non buttarsi sull’horror, allora?