Roma, indignati accampati a Santa Croce in Gerusalemme

Pubblicato il 26 Ottobre 2011 - 17:25 OLTRE 6 MESI FA

ROMA- Dicono che sia un “movimento spontaneo, senza partiti e senza fini”. Tra gli accampati di Santa Croce in Gerusalemme, la chiesa romana a ridosso di piazza San Giovanni, teatro di violenti scontri sabato 15 ottobre, a Roma, i volti sono giovanissimi, i concetti però provenienti dal passato. La loro rabbia segue slogan antichi: pace, ascolto, disponibilità, accoglienza. Molti sono studenti, pochi lavoro e se lo fanno sono precari. “Siamo qui dopo l’assurda devastazione di San Giovanni – racconta Alessio a La Presse – la sera del 15 ottobre si è sparsa la voce che un gruppo di persone voleva accamparsi e così ci siamo ritrovati qui, senza conoscerci, ma accomunati dalla voglia di far sentire la nostra voce”.

L’accampamento è costellato di ‘point’, ce ne sono diverse: “non violenza”, “media center”, “lavoro”, “quartieri”, “teatro” e “etica”. La sera si parla, si fa musica “quella acustica”, specifica Alessio, “perché le casse e il rumore troppo forte dividono le persone”. Per mangiare, ci aiutano molto, sia nel quartiere che la gente che passa e fa una donazione. Anche il vicino hotel dà loro una mano mettendo a disposizione un tavolino della hall per fare una sorta di sala stampa.

“Il nostro fine ultimo, però – dice Agata – è l’auto-sostentamento”. Sabato 29 ottobre hanno in programma un pic-nic a San Giovanni, con giochi e artisti di strada. Per riprendere possesso dell’area violentata. Prendono le distanze dai ‘cinquecento sfasciacarrozze’ che hanno distrutto auto e cose. Non hanno ancora bene in mente gli obiettivi della protesta, ma chiari risultano i messaggi dei loro manifesti sulle tende zuppe di pioggia dove c’è scritto: “Violenza è prendere 600 euro al mese o aspettare un anno per una risonanza magnetica’.

(Foto LaPresse)