Simone Borgese, la tassista racconta stupro: “Lo imploravo, lui toccava e menava”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Maggio 2015 - 10:12 OLTRE 6 MESI FA
Simone Borgese, tassista racconta stupro: "Lo imploravo, lui toccava e menava"

Simone Borgese, tassista racconta stupro: “Lo imploravo, lui toccava e menava”

ROMA – Poche parole, sempre le stesse. Ripetute come un mantra, ma con voce cattiva. La tassista romana stuprata lo scorso 8 maggio racconta e rivive quell’incubo. Parole, quelle della donna, pronunciate davanti alla polizia che la soccorreva dopo la violenta e riportate da Ilaria Sacchettoni per il Corriere della Sera. 

Per quello stupro in carcere, riconosciuto dalla vittima, c’è Simone Borgese, un romano di 30 anni. Il sospetto degli investigatori è che quello della tassista non sia un caso isolato. Di violenze denunciate e attribuite a lui ce ne sarebbero altre due. Per il gip che ne ha ordinato l’arresto Borgese è “scaltro e insidioso”. Per la tassista è l’incubo, l’uomo che quell’8 maggio le ha rovinato la vita.

«Mi ha ripetuto più volte le stesse parole: fai così, dai, dai, dai, e poi te ne vai...” racconta la donna alla polizia. “Non ti faccio niente, fai così e ti mando via. Dai, dai, dai”, una specie di preghiera malvagia.

Poi ci sono i dettagli della violenza, crudi e bestiali:

«Era un animale, cattivo e violento, aveva un tono della voce crudele. Con veemenza ha mollato i miei capelli, ha abbassato completamente il sedile e mi ha sferrato un pugno con la mano sinistra, poi mi ha ripreso per i capelli. L’altra mano me l’ha infilata nella maglietta e ha iniziato a tastarmi ovunque sul seno. Poi è sceso ai jeans…».

La donna era stata portata in un posto isolato. Un posto dove sarebbe stato inutile gridare. Scrive Sacchettoni riportando le parole della donna:

“Non ho gridato né suonato il clacson perché intorno a noi non c’erano niente e nessuno. Ho cercato di divincolarmi, ero terrorizzata”

«Io l’ ho implorato di non toccarmi, di non farmi del male, di non spogliarmi di avere un pò di umanità per me». A modo suo, Borgese, l’accontenta: «Non so se abbia avuto un briciolo di lucidità o più probabilmente lo ha fatto perché impotente ma non ha proseguito. Avendo già ricevuto un pugno e non riuscendo a divincolarmi dalla sua presa mi sono sentita senza scampo…Lui era già vicino a me e dalla sua posizione mi sovrastava, il suo bacino era all’altezza del mio viso, ho fatto quello che mi chiedeva, gli ho praticato un rapporto orale».

Poco prima, il ragazzo, era un cliente come tanti, rasato, pulito, gentile. Poi, l’auto si ferma e le cose cambiano: «Mi ha messo la mano destra sui jeans all’altezza dell’inguine e io mi sono allarmata, gli ho detto ‘Fermo che fai?’ Mi sono girata a guardarlo, lui si era già alzato dal sedile posteriore ed era quasi arrivato al centro dell’abitacolo. Aveva pantaloni di cotone pesante, di colore nero, ancora calzati e solo la cerniera slacciata. Mi ha ripetuto più volte ‘Fammi questo dai e poi te ne vai’ Mi sento ancora i brividi addosso».