Anche il Belgio scende in piazza: in 50mila alla marcia della “vergogna” contro il governo che non c’è da otto mesi

Pubblicato il 24 Gennaio 2011 - 13:51 OLTRE 6 MESI FA

Operazione “shame”, vergogna: a Bruxelles l’appello fatto via internet, twitter o facebook, da cinque studenti ventenni ha chiamato a raccolta 50mila persone (38mila per la polizia) contro l’intera classe politica belga, che a quasi otto mesi dalle elezioni del 13 giugno 2010 non è ancora riuscita a formare un governo.

Si è trattato di una delle più grandi manifestazioni nella storia del Belgio, se si esclude quella del marzo ’96, quando a scendere in piazza furono in 300mila per chiedere a gran voce più protezione per i minori, all’indomani dell’arresto di Marc Dutroux, il mostro di Marcienelle.

A sfilare per le vie della capitale belga, nonostante freddo e pioggia, studenti e famiglie con bambini, lavoratori e pensionati, fiamminghi e valloni. Tutti uniti contro tutta la classe politica belga, da 244 giorni impantanata nella crisi di governo più lunga nella storia del Vecchio continente.

Con il Paese che, a causa dell’elevatissima instabilità politica, è finito anche nel mirino degli speculatori, rischiando di essere una delle prossime vittime della crisi finanziaria che sta mettendo a dura prova molti Paesi dell’Eurozona. Un’impasse che nasce dall’incapacità di superare le contrapposizioni tra indipendentisti fiamminghi (che a giugno hanno vinto le elezioni con la N-Va di Bart De Wever) e unionisti francofoni (guidati dai socialisti valloni dell’italo-belga Elio Di Rupo). I primi reclamano più autonomia, i secondi temono questo possa essere l’inizio della fine del Belgio unito.

Insomma, il Paese è bloccato. Ecco spiegato lo slogan della manifestazione: ”Shame. No goverment? Great country” (Vergogna. Niente governo? Grande Paese). Qualcuno l’ha chiamata scherzosamente ”la Rivoluzione delle cozze e patatine fritte”, una delle specialità culinarie del Belgio.

Il miracolo che ha portato in piazza tanta gente è dovuto all’intraprendenza di Simon Vandereecken, Alex Hermans, Thomas Royberghs, Felix De Clerck e Thomas Decreus: cinque ragazzi, fiamminghi e francofoni, che neppure si conoscevano prima di trovarsi a condividere in rete nel dicembre scorso il fastidio per l’irrisolvibile stallo della politica locale. ”La manifestazione è un nostro successo e una sconfitta della politica, che non risce a negoziare, che non riesce a trovare un accordo – ha sottolineato Thomas Royberghs parlando con l’ANSA – Noi ci siamo riusciti. In questo senso, questo corteo e’ una pesante sconfitta della politica”.

Tra le decine di cartelli esposti, il filo conduttore è stato quello del richiamo alla serietà e alla concretezza del sistema politico. ”Politici, siete pagati per trovare soluzioni, smettetela con i vostri giochi da bambini, vogliamo risultati” era scritto su uno degli striscioni. E ancora: ”Finita la ricreazione, è tempo di governare”, oppure ”Dividerci? Non in nostro nome”. Tra i cartelli più spiritosi: ”Vogliamo birra, patatine fritte e un governo”.

Il tutto si è svolto in maniera assolutamente pacifica. Si registra solo il fermo di alcuni attivisi radicali fiamminghi appartenenti al Tak (Taal Aktie Komitee), un movimento noto per le sue azioni di disturbo. L’ultima la sera di venerdì 21, quando una ”squadraccia” ha fatto irruzione nella casa del sindaco di Wezembeek-Oppem – uno dei comuni fiamminghi ma a maggioranza francofona della cintura Bruxellese – mentre era in corso una festa, aggredendo verbalmente i partecipanti e suscitando la condanna di tutto il mondo politico. Un episodio che ancora una volta dimostra come sotto la cenere covi un pericoloso radicalismo che la prolungata crisi rischia di alimentare. I partiti lo sanno, e già da gran parte del mondo politico arriva l’invito a riprendere concretamente i negoziati e a non ignorare i segnali che arrivano dalla piazza.

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