Charlie Hebdo. 007 prepensionati da Hollande, terroristi senza controllo

Pubblicato il 13 Gennaio 2015 - 12:36 OLTRE 6 MESI FA
Charlie Hebdo. 007 prepensionati da Hollande,  terroristi senza controllo

Francois Hollande centrato da un piccione alla mega manifestazione dell’11 dicembre a Parigi.. Forse si è sentito un nuovo De Gaulle, ma ci ha pensato il piccione a ricordargli che…

ROMA – La strage nella redazione del settimanale francese Charlie Hebdo, a Parigi, non è l’11 settembre dell’Europa. L’attacco al giornale non è un attacco all’Europa, è un problema molto francese ed è anche un problema politico e organizzativo interno dei loro servizi segreti, frutto di una delle tante scemenze del presidente Francois Hollande, che ha stravolto l’organizzazione dei servizi segreti. Hollande ha prepensionato i suoi vecchi 007 e si è ritrovato nei guai.

Nella strage di Parigi giocano anche altri elementi sociali e politici interni, il loro razzismo e il loro classismo e dove la fede islamica è un collante in più, come la fede marxista coagulava gli ideali dei terroristi in Italia 40 anni fa. In Francia è più facile identificare il nemico, perché fede, Islam, razza e classe costituiscono un unico insieme, mentre da noi era tutto ambiguo e mescolato, dalle ambiguità dei partiti, non solo il Pci, ma anche la Dc (un terrorista era figlio di un ministro) e il Psi (con Craxi che voleva trattare con i terroristi alla pari da Stato a Stato) alla classe ultra borghese di provenienza di molti “rivoluzionari”.

L’aspetto poliziesco non va però trascurato e un articolo di Domenico Cacopardo su Italia Oggi è illuminante:

“Se a Parigi l’attacco dei terroristi (2+1) ha avuto successo, qualcosa negli apparati di prevenzione e sicurezza non ha funzionato. Il sistema di monitoraggio dei fanatici jihadisti (da Jihad: esercitare il massimo sforzo), è risultato a maglie tanto larghe da consentire che tre uomini, tutti schedati e noti alla Pubblica sicurezza, potessero provvedersi di armi e attaccare facilmente la sede di «Charlie Hebdo», senza alcun significativo contrasto da parte dei poliziotti dislocati a difesa del luogo e dei suoi occupanti.

Causa dell’inefficienza sarebbe la riorganizzazione del sistema di «intelligence» e di antiterrorismo operata in Francia dal governo di Hollande. Nel gennaio 2014, sono state abolite la Direzione di sorveglianza del territorio e la Direction centrale des Renseignements généraux, cui competevano l’informazione e l’attività di polizia segreta e che erano agli ordini diretti del capo della Polizia. Due servizi di riconosciuta (in Europa e in Usa) efficienza. Al loro posto è stata costituita la Direzione generale della sicurezza interna (Dgsi) posta alle dirette dipendenze del ministro dell’interno. Il nuovo soggetto è stato, nell’occasione, ampiamente rinnovato e personale di riconosciuta esperienza e capacità collocato a riposo o riportato all’interno delle strutture ordinarie.

La Dgsi si trova, perciò, a operare su direttive del ministro e non più per le esigenze tecniche espresse dal capo delle forze di polizia. Sarebbe questa la condizione operativa che ha permesso agli attentatori di agire indisturbati sino al 7 gennaio. Benché i servizi segreti algerini, i più efficienti del mondo islamico, fortemente presenti nelle periferie parigine, avessero inviato un allarme sull’imminenza di un attacco terroristico.

Quanto all’Italia, sostiene Alfredo Mantici, già capo del Dipartimento analisi del Sisde, su Affaritaliani.it,

“l’Italia è considerata dai jihadisti un buon retroterra logistico perché ci si muovono liberamente. L’Italia ha un sistema giudiziario abbastanza comprensivo, basti pensare che nel 2003 un magistrato, di fronte a un’intercettazione telefonica in cui un algerino diceva di non vedere l’ora di buttare giù un aereo Usa, decise di non rinviare a giudizio perché per lui l’algerino aveva semplicemente espresso un’opinione politica… “.

E poi, dice ancora Alfredo Mantici, “il problema dei governi è capire che spendere per la sicurezza è spendere per qualcosa per cui i cittadini non vedranno mai risultati. In Inghilterra, dopo il 2004, l’hanno capito. Noi facciamo fatica a spendere quello che spendono gli israeliani. All’aeroporto Ben Gurion c’è un sensore che avvisa se qualcuno si sposta più lontano di qualche metro dalla propria valigia. Un sensore simile costa quanto un volo di Stato. E allora magari potremmo togliere qualche volo di Stato e investire di più sulla sicurezza…”.

Conclude Domenico Cacopardo:

“Le sciocchezze di Grillo su un fantomatico complotto (demenziale benaltrismo), il disinteresse del Parlamento, le ubbie del Pd non possono farci dimenticare che siamo prossimi a una «serra» del «jihadismo», la Libia, e che dobbiamo porci in tempi brevi la questione di come operare. Con tutto quello che di drammatico può comportare la prospettiva di un intervento”.

Non si deve dimenticare che

“nel 2014, tra 135 mila e 140 mila irregolari provenienti dalla sponda Sud del Mediterraneo sono sbarcati in Italia. Se l’1% di essi è un credente fondamentalista, si tratta di 1.350 persone. Se l’1 per mille è un militante o simpatizzante «jihadista», abbiamo 135 potenziali terroristi in circolazione nel Paese. Occorre, pertanto, riflettere con attenzione su quanto è accaduto a Parigi: un giudizio sereno non può che aiutarci a valutare ciò che i «media» e i politici ci dicono”.