Dottrina Mitterrand cos’è: ecco perché i sette ex brigatisti arrestati a Parigi vivevano in Francia

Con l’arresto, in Francia, dei sette ex membri delle Brigate Rosse e di gruppi appartenenti alla galassia della sinistra extraparlamentare degli anni Settanta, arresti avvenuti su richiesta dell’Italia a Parigi per atti di terrorismo risalenti agli anni Settanta e Ottanta, finisce ufficialmente quella che è stata chiamata la dottrina Mitterrand. 

Dottrina Mitterrand finita con l’arresto dei sette ex brigatisti 

Ma di cosa si tratta? Perché decine di ex terroristi si sono rigugiati in Francia negli ultimi quaranta anni?  La dottrina Mitterrand è stata una politica relativa al diritto d’asilo in Francia. Ad enunciarla l’omonimo presidente socialista francese in un discorso tenuto il febbraio 1985.

La dottrina era diretta a non concedere l’estradizione a persone imputate o condannate e riguardò  in particolare italiani. Queste persone erano ricercate per “atti di natura violenta ma d’ispirazione politica”, contro qualunque Stato purché non diretti contro lo Stato francese. Veniva applicata qualora i loro autori avessero rinunciato a ogni forma di violenza politica, concedendo di fatto un diritto d’asilo a ricercati stranieri che in quel periodo si rifugiarono in Francia.

Sostanzialmente, il consiglio dei ministri francese il 10 novembre 1982, aveva già adottato un’analoga linea di prassi. Successivamente arrivò l’enunciazione della dottrina Mitterrand del 1985. “Non sarà tenuto conto della natura politica dell’infrazione, l’estradizione sarà concessa in linea di principio nei casi in cui siano stati commessi […] atti criminali (rapimento di ostaggi, omicidi, violenze che abbiano provocato ferite gravi o la morte, ecc.) di natura tale che il fine politico addotto sia insufficiente a giustificare il ricorso a mezzi inaccettabili”.

Questa prassi si poneva, secondo molti guiristi, in contrasto con le obbligazioni internazionali della Francia derivanti dalla vigenza di svariati trattati. Nel caso di rifugiati italiani, tale prassi veniva giustificata con una presunta “non conformità” della legislazione italiana agli standard europei. Sotto accusa erano soprattutto le leggi speciali, l’uso della carcerazione preventiva e il rapporto con i collaboratori di giustizia.

L’appello del 20 aprile su Le Monde

Pe rscongiurare il rimpatrio in Italia degli ex brigatisti, su Le Monde era apparso un appello di scrittori e intellettuali con cui si invitava a non rimpatriare gli “esuli politici” italiani in Francia riaffermando appunto la “dottrina Mitterrand” .
 
A suscitare l’allarme degli intellettuali francesi era stato il colloquio recente tra la ministra della Giustizia Marta Cartabia e il suo omologo francese Éric Dupond-Moretti. La Guardasigilli aveva consegnato una lista con undici nomi di italiani latitanti, di cui quattro condannati all’ergastolo e accolti in Francia secondo quanto aveva deciso l’allora presidente socialista, scrive Askanews.
 
Nel titolo si leggeva: “Riaffermare la ‘Dottrina Mitterrand’ sugli esuli politici non significa dare all’Italia lezioni in materia di giustizia”. L’appello spiegava: “Sono arrivati in Francia per la maggior parte all’inizio degli anni Ottanta, più di quarant’anni fa. Hanno partecipato all’enorme ondata di contestazione politica e sociale che ha profondamente segnato l’Italia durante il decennio successivo al 1968″.
 
“Provenivano da gruppi (politici) diversi, avevano dietro di sé storie diverse ed erano tutti perseguiti dalla giustizia italiana per la loro attività politica. Sono stati protetti da quella che è stata definita ‘dottrina Mitterrand'”. Dottrina dovuta al fatto che, in certi casi “le condizioni di funzionamento della giustizia italiana, dettate dalla necessità di dare una risposta urgente alle derive terroriste della contestazione sociale, lasciavano paradossalmente temere che tutte le garanzie di equità non fossero rispettate”. Poiché, più in generale, “gli esiliati italiani avevano dichiarato pubblicamente che abbandonavano la loro militanza politica” considerando “tramontata la loro attività politica”. Altra cosa fondamentale per ottenere l’asilo era, si legge nel documento, la rinuncia alla violenza politica. 
 
 
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