Spagna: l’era di Rajoy, l’ora dei tagli. Senza alleati da dover convincere

Pubblicato il 21 Novembre 2011 - 19:13 OLTRE 6 MESI FA

Mariano Rajoy (Ap-Lapresse)

MADRID – Il leader dei popolari e prossimo premier spagnolo Mariano Rajoy, trionfatore delle politiche con la maggioranza assoluta in Parlamento (e con un solo partito, senza alleati da dover convincere volta per volta), dovrà aspettare fino al 20 dicembre circa, tenendo conto dei tempi tecnici per la costituzione del nuovo parlamento, prima di essere nominato nuovo capo del governo. La stampa spagnola prevede però che, davanti alla crisi che colpisce il Paese, molto rapidamente prenda decisioni per rassicurare i mercati, come già gli ha chiesto il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker che ha avvertito che “non basta un cambio di governo, servono misure di risparmio per consolidare il debito”.

Dovrebbe inoltre a breve recarsi a Bruxelles dove è stato invitato dal presidente del consiglio Ue Herman Von Rompuy. Il segretario generale del Pp e numero due del partito Maria Dolores de Cospedal ha assicurato che il governo di Rajoy farà una politica di ”austerità” ma gestirà il paese con il metodo del ”consenso”.

I risultati definitivi del voto di ieri indicano che il Pp ha ottenuto il 44,62% e 186 seggi nel Congresso dei Deputati, il suo migliore risultato di sempre, contro il 28,73% e 110 seggi al Psoe, una debacle storica per i socialisti. Crescono invece la sinistra di Izquierda Unida, che passa da 2 a 11 seggi, i nazionalisti catalani di Ciu, da 10 a 16 e i centristi di Upyd, da 1 a 5, ed entra in parlamento diventando la prima forza politica dei paesi Baschi e la quinta parlamentare spagnola la sinistra radicale indipendentista basca di Amaiur con 7 seggi. La stampa spagnola rileva le dimensioni ”storiche” della vittoria di Rajoy e sottolineano che i popolari hanno ora ”tutto il potere” in Spagna dato che controllano già quasi tutte le regioni e le principali città del paese. Anche se rispetto al 2008 sono andati a votare due milioni di spagnoli in meno, per un 71,69% di affluenza totale che testimonia una partecipazione nettamente più bassa rispetto all’Italia, anche se più alta rispetto alla media europea.

Anche nel Senato di Madrid il Partido Popular di Mariano Rajoy ha ottenuto alle politiche di ieri la maggioranza assoluta come al Congresso dei deputati secondo i dati definitivi diffusi dal ministero degli interni. Sui 208 seggi da rinnovare, il Pp ne ha conquistati 136, contro 48 al Psoe. I nazionalisti catalani moderati di Ciu hanno 9 seggi, la coalizione fra socialisti catalani e sinistra verde 7, i nazionalisti baschi moderati del Pnv 4, la sinistra radicale indipendentista basca di Amaiur 3, la Coalizione delle Canarie 1. Altri 58 membri del Senato saranno designati dalle Comunità autonome (regioni) spagnole. La Camera alta ha un ruolo specifico di rappresentanza del potere regionale.

Dopo lo tsunami elettorale nel Psoe potrebbe aprirsi ora una lotta interna per la leadership del partito senza esclusione di colpi fra Rubalcaba e la ministra della difesa la catalana Carme Chacon. Secondo il presidente del partito Manuel Chaves un congresso potrebbe essere convocato già a fine gennaio.

Il quotidiano di sinistra El Pais, nell’editoriale post-voto, davanti alla continua pressione dei mercati, chiede che il premier uscente Josè Luis Zapatero e Mariano Rajoy facciano al più presto ”un gesto congiunto e inequivoco” per ”esprimere chiaramente che la Spagna è in grado di adottare senza soluzione di discontinuità qualsiasi decisione economica che sia necessaria”. L’editoriale di El Mundo (più vicino al Partido Popular) parla di ”potere senza precedenti per Rajoy” rilevando che i popolari controllano oltre al Parlamento quasi tutte le regioni e le principali città del paese a parte Barcellona. Ma il leader popolare ”eredita un paese con cinque milioni di disoccupati e dei conti pubblici in rovina” e il voto gli ha dato una ”enorme responsabilità”. Rajoy, afferma il catalano La Vanguardia deve ora ”fare uscire la Spagna dalla crisi, guadagnarsi la fiducia dei mercati e creare occupazione”.

Più scettico è lo scrittore Enrique Vila-Matas, tra i più importanti in Spagna: “Queste elezioni spagnole non sono servite a niente, i candidati politici non hanno presentato nessun programma valido e i cittadini hanno votato senza una vera consapevolezza di quello che stavano facendo. Il partito popolare di Mariano Rajoy non è un partito molto europeista – ha detto Vila-Matas – inoltre Rajoy non ha un programma mentre la situazione economica e finanziaria della Spagna impone che si cominci a lavorare da oggi stesso. Ma i nostri politici sono incapaci di controllare la crisi. Se c’è stata una partecipazione modesta ai seggi è perché il livello dei politici è scadente è non c’è fiducia in loro”, prosegue l’autore di “Parigi non finisce mai”, che si è rifugiato nella capitale francese nel 1968 per sfuggire al governo franchista. “Gli indignados vogliono una vera democrazia ma sono una minoranza”.