Lo storico Ton Junes: “In Europa le posizione di estrema destra sono ormai dominanti”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 6 Aprile 2018 - 05:30 OLTRE 6 MESI FA
Lo storico Ton Junes: "In Europa le posizione di estrema destra sono ormai dominanti"

Lo storico Ton Junes: “In Europa le posizione di estrema destra sono ormai dominanti”

ROMA – In Europa le posizioni di estrema destra sono ormai dominanti: è l’avvertimento che arriva da Ton Junes, storico di spicco.

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Il premier polacco, di recente ha parlato di responsabili ebrei dell’Olocausto, mentre il Primo Ministro ungherese ha dichiarato che gli europei non dovrebbero “mescolarsi” con persone di colore.
Il presidente croato in un viaggio in Argentina, dopo aver ringraziato il Paese per aver accolto “famosi” criminali filo-nazisti, è stato attaccato da un ente benefico di sopravvissuti all’Olocausto.
Ton Junes, che lavora con la Human Studies and Social Foundation in Bulgaria, afferma che tutti gli eventi mostrano una preoccupante tendenza in crescita di posizioni di estrema destra.

In Europa, dalla seconda guerra mondiale queste posizioni erano tabù ,confinate alle frange di estrema destra. Attualmente, in alcune nazioni dell’Europa centrale e orientale, sono espresse apertamente dai principali leader politici, nell’ambito di un’impennata populista di fronte alla globalizzazione e alle migrazioni di massa.
Junes ha osservato che il passaggio a destra ha incluso la riabilitazione dei collaboratori nazisti, spesso combattenti, o gruppi famosi come anti-comunisti o difensori della liberazione nazionale.
In Ungheria, il primo ministro Viktor Orban ha recentemente affermato che “non vogliamo che nella nostra società ci siano la diversità, la mescolanza: non vogliamo che il nostro colore, le nostre tradizioni e la nostra cultura nazionale si mescolino con quelle degli altri”.
Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha indicato invece dei “responsabili ebrei” per quanto riguarda l’Olocausto.

I commenti di Morawiecki sono arrivati a distanza di pochi mesi da una grande marcia organizzata dai nazionalisti per il Giorno dell’Indipendenza, in cui erano presenti striscioni con la scritta “Europa bianca”.
In entrambi i paesi, i governi stanno anche intaccando l’indipendenza degli organi giudiziari e dei media; al riguardo, le associazioni per i diritti umani hanno avvertito che la democrazia, in alcune zone della Nazione che nel 1989 si è liberata dalle dittature sostenute da Mosca, ora è minacciata.
Alcuni analisti sostengono che la Russia dietro le quinte stia aiutando i gruppi estremisti per destabilizzare le democrazie liberali occidentali.
Sebbene tale affermazione sia difficile da dimostrare con prove concrete, è chiaro che la crescita dei gruppi estremisti ha spinto i partiti conservatori moderati europei a riaffermare il diritto di voto, scrive il Daily Mail.
È questo il caso dell’Ungheria, dove il primo ministro Viktor Orban e il suo partito Fidesz, il principale nelle elezioni parlamentari dell’8 aprile, hanno attirato gli elettori con una sempre più energica campagna anti-migranti.
Orban, che è in rapporti amichevoli con il presidente russo Vladimir Putin, è stato anche il primo leader europeo a sostenere Donald Trump nella corsa presidenziale degli Stati Uniti del 2016. Nel 2015 ha eretto un recinto di filo spinato alle frontiere dell’Ungheria per impedire ai migranti di attraversare il confine e da allora ha avvertito con termini apocalittici che se l’immigrazione dovesse continuare, l’Occidente affronterà il “suicidio” razziale e civile.
Lo storico Junes, sostiene che sebbene in Bulgaria stiano aumentando i crimini d’odio, il problema desta scarsa preoccupazione in Occidente poiche la Nazione mantiene il debito pubblico sotto controllo e non sfida il consenso occidentale, a differenza di Polonia e Ungheria.
“La Bulgaria non agita le acque”, ha detto Junes, “si adegua all’Europa.”
Mentre i gruppi populisti e di estrema destra crescono anche in alcune parti dell’Europa occidentale, paesi come la Polonia e l’Ungheria si stanno dimostrando più indifese rispetto alle stesse sfide, ha affermato Peter Kreko, direttore del Political Capital Institute, un think tank con sede a Budapest.
“Nelle democrazie più giovani, più deboli e più fragili”, ha detto Kreko, “il populismo di destra è più pericoloso perché può indebolire e perfino demolire le istituzioni democratiche”.