Europee. Olanda: flop Wilders. Inghilterra: cresce Ukip. Ma non è valanga euroscettica

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 23 Maggio 2014 - 10:42| Aggiornato il 6 Marzo 2015 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Elezioni Europee atto primo: dal voto in Olanda e in Gran Bretagna (alle urne il 22 maggio) arrivano indicazioni contraddittorie sulla forza dei partiti euroscettici, ma si può affermare che non c’è stata nessuna valanga delle forze anti-euro, nessun terremoto politico, almeno per ora.

Erano schierati due campioni: è andata male in Olanda per Geert Wilders e il suo Pvv, il Partito per la Libertà (Partij voor de Vrijheid): secondo l’exit poll di Ipsos è il quarto partito con il 12,2%. È andata bene invece in Inghilterra per Nigel Farage e il suo Ukip, Partito per l’Indipendenza del Regno Unito (United Kingdom Indipendence Party): secondo le proiezioni della Bbc è diventato il terzo partito con il 17%.

Secondo gli exit poll di Ipsos la destra populista di Wilders, che i sondaggi da mesi davano al primo posto, è il quarto partito con il 12,2%, in calo di quasi cinque punti percentuali rispetto al 17% preso alle europee del 2009. I giornali olandesi commentando questi numeri parlano di Wilders come il “grande sconfitto” di queste elezioni.

In una tornata di europee caratterizzata dalla bassa affluenza (37%, ma non è una novità in Olanda: nel 2009 andò alle urne il 36%), le dichiarazioni di voto degli elettori all’uscita dai seggi mostrano i liberali del D66 al primo posto con il 15,6% (4 dei 26 seggi olandesi all’Europarlamento). Seguono a poca distanza i cristiano democratici del Cda (15,2%, 4 seggi). Davanti al Pvv di Wilders ci sarebbero con il 12,3% (3 seggi) anche i Liberal-democratici del Vvd, Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (Volkspartij voor Vrijheid en Democratie). Prenderebbero tre seggi anche i socialisti (Sp, 10%) e i laburisti del Pvda (9,4%).

Sono dati da prendere con cautela, perché quello di Wilders è uno di quei partiti che nelle dichiarazioni di voto raccolte negli exit poll va peggio che nei risultati effettivi degli scrutini. Ma è difficile che la notte di domenica, quando in Olanda inizieranno a contare i voti, il risultato sia totalmente ribaltato. I populisti del Pvv forse pagano il fatto di non essere più una novità.

È una novità invece la forza elettorale dell’Ukip di Nigel Farage. Il partito che vuole il Regno Unito fuori dall’euro esiste dal 1992, ma, un po’ come la Lega Nord in Italia, ha vissuto un lungo periodo di semi-invisibilità, con percentuali molto basse. Ma alle ultime elezioni Regionali del 2013 ha preso il 26% ed è dato come grande favorito a queste elezioni europee.

Non sono disponibili exit poll, ma sulla base dei risultati delle amministrative la Bbc ha fatto delle proiezioni su base nazionale: Laburisti (Labours) al 31%, Conservatori (Tories) al 29%, Ukip al 17%, Liberaldemocratici al 13%.

Ieri, 22 maggio, in Inghilterra e in Irlanda del Nord si votava per 172 Council (Comuni). I risultati per ora parziali parlano di un Ukip in grande ascesa, ma che avrebbe una forza pari a meno di un settimo di quella di Conservatori e di un decimo dei Laburisti.

Dei circa 4.000 consiglieri comunali da eleggere, infatti, 1.254 (-200) sono conservatori, 1.839 (+291) sono laburisti, 404 (-284) sono liberaldemocratici, e 157 (+155) dell’Ukip. I laburisti, in netta crescita, controllano 77 Comuni (+6). I conservatori, in calo, 39 (-11). Tracollo dei libdem che si aggiudicano 6 Comuni (-2). Nessun Council, per ora, sarà guidato dall’Ukip.

Il Guardian tuttavia parla di “prime scosse del terremoto politico promesso da Nigel Farage“. L’Ukip ha fatto breccia nelle roccaforti laburiste del Nord e ha eroso il consenso dei conservatori nei comuni dove sono tradizionalmente più forti, facendogliene perdere 8. Ma non ha sfondato a Londra, dove i sondaggi danno a Farage percentuali a una cifra, cioè inferiori al 10%.

Anche qui dati da prendere con le molle perché, come è successo per il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo che sembrava quasi sparito dalla scena politica dopo le amministrative del maggio 2013, i partiti come quello di Farage pagano la sindrome “Not in my backyard, “non nel mio giardino di casa”: il voto di protesta lo esprimo per il Parlamento ma non quando eleggo il mio sindaco. In Inghilterra invece l’Ukip avanza nettamente nei consigli comunali, seppur partendo da numeri molto bassi, e promette (o minaccia) di fare molto meglio quando saranno scrutinati i voti per l’Europarlamento.