Gran Bretagna, elezioni e crisi politica/ Gordon Brown non molla, cambia il governo, punta i piedi e dice: sono quello giusto

Pubblicato il 6 Giugno 2009 - 08:34 OLTRE 6 MESI FA

Il primo ministro inglese Gordon Brown non accetta la sconfitta, punta i piedi e dice: “Non mollo, non vado via”. E, con una frase che fa davvero dubitare della sua lucidità, ha aggiunto: “Se non pensassi di essere la persona giusta per guidare il paese in questo momento di difficili sfide, non sarei qui.”

Di fronte a una sconfitta elettorale del partito laburista pressoché unica nella storia recente, Brown dice: “Continueremo a combattere per quello in cui crediamo”. Intanto il partito laburista è in rivolta, all’interno del governo inglese la situazione è drammatica. Brown nella giornata di venerdì ha dato vita a un rimpasto di governo riuscitogli a metà: voleva piazzare un suo fedelissimo Ed Bals, al ministero del Tesoro  (cancelliere dello Scacchiere lo chiamano a Londra), che è il secondo posto più importante del governo; non lo ha potuto fare per timore di una rivolta a tutto campo dei deputati legati all’ex primo ministro Tony Blair.

Tra le mosse decise sulla spinta delle dimissioni dei ministrie dei primi risultati elettorali, Brown ha anche nominato a un nuovo super incarico, per guidare la Gran Bretagna fuori dalla recessione, sir Alan Sugar, un miliardario e divo tv di origini proletarie. Nell’occasione Brown ha anxche annunciato che proporra alla Regina la nomina di Sugar al titolo di lord. Sugar, 62 anni, ha fatto i soldi negli anni ’80 con i computer, vendendo poi la sua azienda, Amstrad, alla BSkyB di Rupert Murdoch e investendo il ricavato in proprietà immobiliari. Sugar è molto popolare in Inghilterra perché da alcuni anni conduce un programma tv “The Apprentice” (l’apprendista) sul modello di quello americano di Donald Trump, in cui giovani ambiziosi e promettenti giocano il loro destino sperando di diventare tycoons. Appena nominato, Sugar ha pronunciato incredibili banalità del tipo: “Consiglio quelli che sono al comando di sviluppare politiche dal punto di vista del business, nel decidere quel che è giusto e quel che è sbagliato”. Alla faccia del socialismo e delle veline .

Le elezioni amministrative si sono risolte in un disastro per il premier britannico e dall’esito del voto alle europee non c’è da aspettarsi niente di buono per un partito che, con il 23 per cento delle preferenze, è dietro persino ai liberaldemocratici che hanno raccolto il 28 per cento delle preferenze.

I conservatori guidati da David Cameron hanno conquistato numerose roccheforti laburiste, alcune tenute fin dal 1981, e, come ha detto il leader conservatore, “possono vincere ovunque”.

Bristol, ad esempio, è nelle mani dei conservatori e così altre quattro amministrazioni locali strategiche che erano ‘patrimonio’ laburista.

Caduti i bastioni laburisti in Staffordshire, Lancashire e Derbyshire, anche i liberademocratici lamentano perdite: in Devon e Somerset.

Secondo la Bbc, tenuto conto del sistema elettorale maggioritario vigente in Gran Bretagna, una cosa è il conto dei seggi, una cosa è il conto dei voti. Alla fine di tutto, secondo la radio di stato inglese, sia i conservatori sia i lib-dem hanno mantenuto i risultato ottenuti cinque anni fa, mentre l’emorragia laburista dovrebbe essere contenuta al 3 per cento. Per i conservatori, anzi, il risultato sarebbe in calo di sei punti rispetto ai sondaggi dell’anno scorso quando su base nazionale gli uomini di Cameron ottennero il 44 per cento delle preferenze. 

E si può stare certi che, se si andasse a votare domani per le elezioni politiche, accadrebbe quel che ha previsto il quotidiano Th Guardian, che è l’unico giornale inglese importante con forti simpatie di sinistra: “I deputati laburisti hanno davanrti la prospettiva di una quasi totaloe estinzione, in un paesaggio dal quale il partito è quasi del tutto sparito”.

A breve, comunque, per Brown, però, è soprattutto un colpo di immagine. Debacle come quella in Derbyshire, dove i laburisti erano al potere dal 1977, o in Staffordshire, dove delle 62 sezioni scrutinate solo in due si è registrata una vittoria laburista. E quanto è successo nell’esecutivo non aiuta: in poche ore cinque ministri hanno rimesso il loro mandato e uno di essi ha addirittura invocato le dimissioni del premier. “Non mi dimetto” ha detto Brown, “ho una squadra adatta a governare”. Brown ha ammesso che “la battaglia è stata dura”, ma ha sottolineato di aver “combattuto per quello in cui crede”. “Mi prendo le mie responsabilita’” ha aggiunto, “non me ne vado e non volto le spalle agli obblighi che ho nei confronti del Paese”.

Alan Johnson, considerato il più probabile sostituto di Brown in caso di dimissioni, è stato confermato alla poltrona di ministro dell’Interno, ma si è affrettato a smentire di essere in corsa per Downing Street. “Sostengo Gordon Brown, ma non ho alcuna ambizione di essere il leader” ha detto.

Un duro colpo a Brown è venuto anche dal fronte femminile, comne le dimissioni a sorpresa, proprio mentre venivano comunicati i nomi dei nuovi ministri, di Caroline Flint, ministro per l’Europa. La Flint aveva poche ore prima ribadito la sua assoluta lealtà a Brown, poi ci ha ripensato, scrivendo una furiosa lettera di dimissioni in cui accusa Brown di trattare le donne ministro come “un po’ di arredamento (window dressing) femminile”. Brown l’ha sostituita in fretta e furia con Glenys Kinnock, moglie di Neil Kinnock, ora lord, già segretario del partito laburista inglese nella sua fase elettorale più disastrosa.

Uno dei due sottosegretari dimissionari, James Purnell, ha chiesto a Brown di lasciare per dare ai laburisti “una possibilità di combattere” in vista delle lezioni.

L’ultimo ministro dimettersi  stato quello ai Trasporti, Geoff Hoon, che segue quelle di Jacqui Smith (all’Interno), Hazel Blears (alle Comunità) e John Hutton (alla Difesa), che si è appellato ragioni familiari, ha assicurato di non voler “mollare” Brown, ed è stato sostituito da Bob Hainsworth. Il sottosegretario alle Pensioni, James Purnell è stato l’unico che, dimettendosi, ha ‘pugnalato’ il premier chiedendogli i lasciare Downing Street. “Ora credo che il fatto di continuare a restare al potere renda una vittoria dei conservatori più probabile invece del contrario”.