Immigrati, Europa chiede galera per quelli da respingere

di Riccardo Galli
Pubblicato il 28 Febbraio 2017 - 14:29 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Detenere gli immigrati clandestini in attesa di rimpatrio come quelli in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato. E’ l’indicazione, il consiglio che arriva dall’Europa mentre viene messo a punto un nuovo documento sull’immigrazione. Documento che con ogni probabilità non aprirà le porte alla procedura d’infrazione nei confronti di chi, come l’Ungheria, ha disatteso il piano di ricollocamenti varato da Bruxelles, ma si limiterà ad una tirata d’orecchie. Oltre, naturalmente, a dare una serie di consigli e indicazioni ai vari Stati membri su come affrontare e gestire la questione. Ma è giusto limitare la libertà di chi non ha commesso un reato? E giusto trattenere in carcere clandestini e richiedenti asilo? Innanzitutto è d’obbligo ricordare che l’ingresso clandestino è considerato, è vero, un illecito penale da diversi Stati, cosa che quindi rende legalmente più che giustificabile il carcere per chi infrange questa legge. Ma così non è per chi ha richiesto lo status di rifugiato e aspetta di sapere se gli verrà riconosciuto o meno. Detto questo è difficile risolvere la questione affrontandola solo ed esclusivamente dal punto di vista delle leggi esistenti. E’ infatti vero che, volendo, qualsiasi Paese può creare una cornice legale alla detenzioni dei clandestini come dei richiedenti in attesa. Ma la problematica è più ampia e gli aspetti da valutare sono diversi. A cominciare dai Diritti dell’Uomo.

Che vuol dire infatti detenere? Rinchiudere questi soggetti nella carceri normali, sovraffollate come quelle italiane, insieme ai detenuti comuni e per un tempo imprecisato figlio dei tempi, solitamente spropositatamente lunghi, della Giustizia italiana? Una soluzione difficilmente giustificabile dal punto di vista etico. Oppure limitarne la libertà di movimento confinandoli in strutture sì chiuse dove possono essere controllati, ma di diversa tipologia rispetto ad un carcere ‘normale’ e soprattutto per un periodo di tempo certo? Discorso molto diverso. Anche se, in linea di assoluto principio, rimane difficile trovare una giustificazione etica per limitare la libertà personale di chi che sia senza un reato e senza un processo. Ci sono, però, oltre agli aspetti squisitamente etici, anche quelli molto più pratici che per comodità riassumeremo nel concetto di realpolitik. Può infatti essere eticamente discutibile la detenzione così fatta, ma non si può non tener conto dell’impatto che l’immigrazione ha sugli Stati europei e in particolare su quelli in prima linea come l’Italia e la Grecia. Non si può ignorare il fatto che rappresenti ormai questa un problema sociale. Problema che anche i più democratici, i più progressisti e i più corretti del mondo sanno che, se lasciato a se stesso, porta voti alle destre e soprattutto ai populismi. Qualcuno, con una battuta, ha detto ‘meglio in carcere oggi che nel lager domani’. Battuta cruda che contiene però un embrione di verità. Donald Trump, al di là dell’oceano, vuole costruire migliaia di chilometri di muro per tenere fuori i messicani e ha di fatto dichiarato guerra ai cittadini di fede musulmana. Al di qua dell’Atlantico la Gran Bretagna, proprio sull’onda della paura (reale o percepita è un’altra questione) degli immigrati, ha deciso di lasciare l’Unione Europea e la Le Pen in Francia macina consensi come più o meno tutti i partiti e i movimenti che puntano il dito contro lo straniero. Eticamente discutibile e praticamente efficace, questa è l’idea di tenere i clandestini in carcere. Ma anche senza voler sciorinare la solita ovvietà tanto vera quanto utopistica secondo cui per eliminare l’immigrazione clandestina bisogna eliminare le cause che spingono le persone a migrare (leggi guerra, povertà, mancanza di libertà e diritti…), almeno qui Europa, per affrontare l’emergenza, ci sarebbe bisogno in primis di un approccio unitario di tutti i Paesi legati a Bruxelles. Approccio che oggi ancora non c’è.