Manifesto giallo, anzi rosso bruno: i 25 punti del popolo reazionario

di Lucio Fero
Pubblicato il 10 Dicembre 2018 - 10:22 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Manifesto giallo, manifesto dei gilets jaunes (la maggioranza dei giornalisti italiani in tv pronuncia in maniera che in francese sarebbe gilet giovani…). Manifesto che gira e si diffonde e si condivide in rete e suo profili facebook del movimento. Non si sa chi l’ha scritto, ma di certo qualcuno lo ha pensato. Impaginati 25 punti di programma, richieste e perché no, valori. Impaginati in un giubbotto giallo a modello i dieci comandamenti sulle due tavole della legge.

Punto primo è vietare per legge si possano pagare di tasse più del 25 per cento del reddito di ogni cittadino. Una legge così, un’idea così è il sogno e l’azione anche concreta dei Repubblicani americani e dei loro presidenti più in gamba: abbassare le tasse, poche tasse e quindi poco Stato. Nell’economia e nelle tascjhe dei cittadini.

Ma il punto due dice di aumentare salari e pensioni minime del 40 per cento. Quaranta per cento, mica di un po’. E il punto tre dice di assunzioni massicce di dipendenti statali. E il punto quattro dice di costruire 5 milioni di case popolari.

Dunque il manifesto giallo vuole uno Stato che dimezza le tasse e raddoppia (se va bene solo raddoppia) le spese. Del dove si trovano i soldi si disinteressa con sdegno di popolo. Anzi, siccome è popolo, se ne fotte.

Punto 5: banche buone solo se piccole. Piccole, obbligatoriamente piccole per “difenderle dalla crisi”. E il fatto che sono le banche piccole di solito a saltare? Questo accade nel mondo dei borghesi da rovesciare. Banche piccole perché banche è cattiva parola e si sopporta solo se piccola.

Punto sei, l’architrave: annullare il debito. Annullare il debito pubblico. Innalzare la bandiera di popolo del non si paga. Non si paga a chi il manifesto non dice. Non si attarda il manifesto giallo sulla questione per cui annullare il debito vuol dire anche annullare il risparmio. Annullare il debito è un grido di liberazione e di festa, come quando in un supermarket andassero fuori uso le casse.

Punto sette: meno Parlamenti e più referendum, le leggi le faccia il popolo in una sorta di seggio elettorale permanente.

Punto otto: divieto di lobby (fatta salva ovviamente quella cui si appartiene).

Punto nove, altro caposaldo: Frexit e cioè uscita della Francia dalla odiata Unione Europea. Ovviamente per essere sovrani.

Punto dieci: far pagare agli evasori fiscali 80 miliardi. Chi sono gli evasori cui far pagare? Gli altri, sempre gli altri, il popolo non evade, mai.

Punto 11: tutto pubblico, tutto di Stato. Autostrade, parcheggi, stazioni, aeroporti. Lo stesso Stato che incassa la metà dalle tasse e spende il doppio in assistenza si deve caricare anche la proprietà e gestione delle infrastrutture grandi e piccole. Si suppone con l’obiettivo fondamentale di dare impiego pubblico garantito e inattaccabile da concorrenza e tecnologia.

Punto 12, una delizia ideologica: ritiro degli autovelox dalle strade e stop a multe con telecamere. Ecco il vero e genuino segno di popolo, eccolo il marchio di autenticità: basta autovelox e multe, la gente vuole libertà e non oppressione.

Punto 13: via dalla scuola ogni ideologia nei programmi di insegnamento. Che vuol dire via la scienza acquisita, via i valori acquisiti con e dalla democrazia. Ognuno si fa la sua scienza e la sua storia da solo, magari in famiglia.

Punto 14: pochi giornali e solo se piccoli, dell’informazione bisogna diffidare come delle banche.

Punto 16: replica e ingrandisce il punto 13 e chiede, esige niente Stato in educazione, sanità e famiglia. Ogni indirizzo è bollato come ingerenza. Lo Stato si limiti a pagare, poi ciascuno elabora e pratica cultura, scienza e medicina che gli pare.

Punto 19: diminuire l’influenza dei laboratori farmaceutici. Qualunque cosa voglia dire, il senso è chiaro.

Punto 18 vieta plastica e imballaggi.

Punto 17 garantisce che quello che compri non si rompe per dieci anni.

Punto 20 vieta Ogm e pesticidi.

Punto 21 impone di rimettere in piedi le fabbriche nazionali così non si importa più e si fabbrica tutto in casa.

Punto 23: riportare a casa tutti i soldati impegnati in missione all’estero.

Punto 24: niente più migranti.

Punto 22: uscira della Francia dalla Nato.

Insomma dal 21 al 24 quattro punti che si riassumono in quatto parole. farsi i fatti propri. E solo quelli. Più che la Francia prima di tutto è la Francia è il tutto e il resto del mondo va tenuto fuori dall’uscio. Chiude un a questo punto del tutto posticcio punto 25 che recita rispetto scrupoloso del diritto internazionale. Internazionale? Cattiva parola nel manifesto giallo.

Dunque Stato maggior datore di lavoro, Stato proprietario e Stato assistenziale e produzione di merci nazionali e nazionalizzate. E sistema del credito di fatto nazionalizzato anch’esso. E debito pubblico annullato e peggio per i creditori. E sovranità nazionale ripristinata fino all’ultimo millimetro di ogni territorio immaginabile. E denuncia e divieto anche delle idee e valori del liberalismo politico e delle scienze acquisite. Sistema della formazione scolastica aperto al pensiero magico e ciascuno la sua area e verità. E nemico esterno causa di tutti i mali. E nemico interno da tenere a bada, nemico interno sotto forma di banche, giornali, Parlamento, istituzioni, insomma quella roba là…democratica. E popolo da perdonare, anche quando è in…eccesso di velocità.

Manifesto giallo? Giallo solo per chi ha nozione e sentore delle cose e della storia come sempre comincino dal mattino in cui si sveglia. I 25 punti del manifesto appena dipinto di giallo sono i precisi, perfetti, chiari e identificabili punti del popolo sì e reazionario pure. L’idea che il popolo sia sempre e comunque democratico e libertario e progressista è una favola bella che i democratici (a sinistra soprattutto) si raccontano. Ma  la favola non ha riscontri nella storia reale.

Il popolo più volte ha saputo e voluto essere reazionario contro e a dispetto della democrazia. Quando accade c’è un segnale inequivocabile: l’attacco alle elites. Elites senza le quali non c’è democrazia: un solo esempio, quello della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo di cui è il settantesimo anniversario. Nacque dalla voglia reale e sofferta di dichiarare almeno in via di principio che nessun governo o popolo poteva fare quel che governi e popoli avevano fatto durante la seconda guerra mondiale. Nacque per mano e cultura e iniziativa delle elites. 

Manifesto giallo? Gialla è la copertina, i colori veri, i veri colori politici e sociali sono il rosso bruno. Non a caso al manifesto gialli plaudono sia Alessandro Di Battista che Steve Bannon. Ci vedono bene entrambi, hanno colto benissimo il rosso bruno tanta roba di storia che c’è sotto quella esile pennellata di giallo cronaca. 

Manifesto giallo sul gilet, anzi rosso bruno: i 25 punti del popolo reazionario

Manifesto giallo, anzi rosso bruno: i 25 punti del popolo reazionario