BUDAPEST – Orban sovranista regala al suo popolo un giorno di lavoro in più, da pagare comodamente in tre anni. E’ la novità varata dal Parlamento ungherese e voluta dal premier padre di tutti i sovranismi. Il trumpiano ‘America First’, o anche il per noi più familiare ‘Prima gli italiani’, si sono tradotti in Ungheria in una legge che obbliga i lavoratori di quel Paese a lavorare di più perché manca la manodopera e, secondo molti, per venire incontro agli interessi delle multinazionali dell’auto.
Sembra un paradosso ma non lo è, a leggere la storia sembra invece la naturale evoluzione di tutti i populismi sin qui visti. Da 250 a 400 ore annuali di straordinario. Tanto con la nuova legge i datori di lavoro potranno chiedere ai propri dipendenti. Ovvero otto ore settimanali in più. O un giorno, così da portare la settimana lavorativa da 5 a 6 giorni. Ore che dovranno essere pagate poi entro tre anni. Ottenendo che, da oggi, un datore di lavoro spregiudicato potrebbe ottenere fino a 1200 ore di lavoro extra da ciascun dipendente prima di iniziare a pagarle, e sarebbe tutelato dalla legge. Norme che consentiranno a chi vuol guadagnare di più di poterlo fare, hanno sostenuto e sostengono i fautori della novità.
Tesi affascinante in un Paese dove il salario minimo è di circa 533 dollari al mese e il salario medio, secondo Trading Economics, è di 1.136 dollari. Tesi però sconfessata e respinta da sindacati e lavoratori, oltre che dalle opposizioni, che in questi giorni sono più volte scesi in piazza, senza però ottenere nulla. Critici perché innanzitutto la nuova normativa esautora di fatto i sindacati, visto che le ore di straordinario potranno essere concordate direttamente tra datore di lavoro e lavoratore, e novità che anche per questo metterebbero di fatto i lavoratori in una posizione di debolezza, rendendo gli straordinari non una scelta ma un obbligo, pena ritorsioni.
Il paradosso è allora doppio pensando che il promotore della novità è il promotore dei sovranisimi e dell’interesse nazionale all’interno dell’Europa: Viktor Orban. La sua Ungheria che non vuole migranti anche perché ‘rubano il lavoro’, si trova è vero con un tasso di disoccupazione bassissimo, il 3.7%, ma è anche a corto di manodopera qualificata e non. Secondo punto le aziende dell’auto, quei colossi come Mercedes o Bmw che nella retorica sovranista somigliano molte alle malefiche multinazionali, agli indicibili poteri forti, che però, a detta dei sindacati e non solo, sono le sponsor prime della riforma. Sono queste infatti aziende che investono, e molto, in Ungheria. Ma per lavorare hanno bisogno di operai e, una volta che non ce ne sono più da assumere, l’unica soluzione è o andare altrove o farli lavorare di più. Nella logica del prima gli ungheresi, per non perdere un bell’investimento, Viktor Orban ha optato per la seconda: facciamoli lavorare di più.