L’assedio di Roma del 30 aprile 1849: la Repubblica ha i giorni contati

di Viola Contursi e Roberta Rizzo
Pubblicato il 30 Aprile 2010 - 12:37| Aggiornato il 3 Maggio 2010 OLTRE 6 MESI FA

L'attacco del 30 aprile (Museo Centrale del Risorgimento, Roma)

Sono passati 161 anni da quel 30 aprile del 1849, quando Roma fu presa d’assedio da più parti: austriaci da nord, i Borbone da sud, francesi e spagnoli via mare. Tutti erano entrati in guerra per rimettere sul trono papa Pio IX. I primi ad arrivare, sbarcando a Civitavecchia il 25 aprile del 1849, furono i soldati francesi (il più grande esercito dell’epoca) inviati da Luigi Napoleone, ancora presidente e futuro imperatore di Francia.

Il 30 aprile segna l’inizio della fine per la vita assai breve della Repubblica romana. L’assedio francese e degli alleati durerà due mesi. Un’impresa eroica se pensiamo che al più grande esercito d’Europa, arrivato a Roma con 7.000 uomini, erano contrapposti dei semplici cittadini, volontari arrivati da tutta la penisola e anche chiamati da Giuseppe Garibaldi dal Sud America. Uomini e alcune, poche, donne che, per la maggior parte, non avevamo mai preso un’arma in mano. Per due mesi tennero testa ai soldati di Napoleone, per poi capitolare definitivamente il 30 giugno.

Alla Repubblica romana aderirono migliaia di giovani, molti dei quali erano letterati, artisti, poeti ma anche garzoni, bottegai, gente povera e umile ma che credeva in un ideale. Uomini e donne che hanno lasciato pagine di ricordi che si leggono oggi come fossero state scritte solo ieri, cronache in presa diretta, vivaci, immediate, avvincenti.

Ci accompagna, in quel mattino del 30 aprile 1849, Giovanni Costa, un pittore romano, che sarebbe diventato famoso verso la fine del secolo, al punto di avere, lui ancor vivo, un suo quadro esposto alla National Gallery di Londra.

Al tempo della Repubblica Costa aveva 23 anni. Il suo racconto è diretto, ruota intorno alla sua esperienza personale, descrive la spaccatura della società italiana e la traccia fin dentro la sua numerosa famiglia (erano 15 figli).

Fanno da sfondo ad attacchi, violenze, esplosioni, gesti di umanità, luoghi noti ai romani e a tutti quelli che per qualsiasi ragione abbiano passato a Roma almeno qualche giorno: Trastevere, piazza del Popolo e soprattutto il colle del Gianicolo, che la retorica patriottica di Carducci ha scolpito per oltre un secolo nel ricordo di tutti gli studenti italiani.

Dove oggi ci sono alberghi di lusso e un elegante quartiere residenziale, in quelle mura che ospitano ristoranti di gran voga, un secolo e mezzo fa infuriava la guerra: morirono in cinquemila, tra italiani e francesi.

Racconta Costa: “Ed eccoci al 30 aprile 1849. All’alba di questo giorno mio fratello Paolo, il quale era d’accordo con un partito papalino liberale, spaventato dagli eccessi dei repubblicani, calorosamente mi consigliava di non andare a battermi. Perché, egli mi diceva, nessun dei benpensanti voleva saperne della repubblica di Mazzini. E perché la truppa non si sarebbe battuta; ché non la intendeva affatto di difendere questi che si dicevan fratelli ed erano assassini”.

Eppure, a guardare i fatti, quelle truppe, improvvisate per l’occasione, si batterono eroicamente e a lungo…

(Continua…)