Stipendi manager, dalla Ue sgambetto a Renzi: Niente tetti, decidono i soci

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Aprile 2014 - 17:57 OLTRE 6 MESI FA
Stipendi manager, dalla Ue sgambetto a Renzi: Niente tetti, decidono i soci

Renzi con Barroso e Van Rompuy a Bruxelles (Ap-LaPresse)

ROMA – Ai manager delle società pubbliche arriva un piccolo aiuto dall’Unione europea, piccolo aiuto che è anche un piccolo sgambetto all’offensiva mediatica di Renzi sugli stipendi di amministratori delegati e presidenti delle partecipate come Eni, Enel, Finmeccanica e Poste, di cui il governo ha appena rinnovato i vertici, proponendo nel contempo uno stipendio di 238 mila euro lordi annui, lo stesso del Presidente della Repubblica.

Non ci saranno tetti agli stipendi dei vertici aziendali e sarà l’assemblea dei soci a decidere sui compensi dei manager: queste sono alcune delle misure che la Commissione europea ha approvato il 9 aprile per disciplinare e rafforzare la struttura manageriale delle 10 mila società quotate sui mercati azionari dell’Unione europea.

È stato introdotto così il diritto di voto sulle retribuzioni, ma senza porre vincoli o limiti massimi. Anche se si incoraggia l’assemblea degli azionisti a fissare un tetto alla remunerazione degli amministratori. Riferisce l’agenzia Asca:

“Oggi la scarsa correlazione tra le remunerazioni e i risultati di gestione incoraggia una dannosa tendenza alla programmazione a breve termine” si legge in un comunicato di Bruxelles. “Le proposte obbligherebbero le società a pubblicare informazioni trasparenti, comparabili ed esaurienti sulle loro politiche retributive e sulle relative modalità di attuazione”.

A livello dell’UE non sarebbe previsto alcun vincolo in relazione all’importo massimo delle retribuzioni, ma ogni società sarebbe tenuta a sottoporre al voto vincolante degli azionisti la propria politica retributiva, che dovrebbe peraltro fissare un tetto alla remunerazione degli amministratori. La politica delle retribuzioni dovrebbe inoltre illustrare le modalità di tutela degli interessi e della sostenibilità a lungo termine della società e spiegare come si sia tenuto conto delle retribuzioni e delle condizioni di lavoro dei dipendenti nella determinazione della politica stessa, in particolare giustificando la proporzione tra gli stipendi dei dipendenti e quelli degli amministratori.

“Gli ultimi anni hanno dimostrato a più riprese – afferma il commissario al mercato interno e servizi Michel Barnier – che una visione miope concentrata sul breve termine danneggia l’economia e le imprese europee. Un buon governo societario può contribuire a invertire questa tendenza. Le proposte di oggi incoraggeranno gli azionisti a impegnarsi maggiormente nelle società in cui investono e ad adottare una prospettiva di più lungo periodo. A tal fine, essi devono poter esercitare un controllo adeguato sulla dirigenza, con la possibilità di esprimere un voto vincolante sulle remunerazioni. A mio avviso è prioritario che il diritto societario offra alle Pmi europee un quadro di riferimento efficace affinché possano operare e crescere. La società unipersonale di diritto europeo aiuterà gli imprenditori a ridurre i costi e ad organizzare le loro attività all’estero”.

Le proposte della Commissione Europea si prefiggono di agevolare gli azionisti nell’esercizio dei loro attuali diritti sulle società e di rafforzare questi diritti, ove necessario. Si garantirebbe così un maggiore impegno degli azionisti e un miglior controllo sulla dirigenza che dovrebbe dar conto del suo operato e agire nell’interesse a lungo termine della società. Una prospettiva più lungimirante crea migliori condizioni operative per le società quotate, accrescendo la loro competitività. Gli elementi principali della proposta impongono agli investitori istituzionali e ai gestori di attivi obblighi di trasparenza più rigorosi in materia di politiche di investimento e di impegno nelle società in cui investono, istituendo un quadro per facilitare l’identificazione degli azionisti, in modo che possano esercitare più agevolmente i loro diritti, ad esempio i diritti di voto, in particolare in contesti transfrontalieri (il 44% degli azionisti risiede in un altro Stato membro o fuori dai confini dell’UE). I consulenti in materia di voto dovrebbero inoltre garantire una maggiore trasparenza delle metodologie utilizzate per l’elaborazione delle raccomandazioni di voto e delle modalità di gestione dei loro conflitti di interessi”.