Ti senti più “greco” o più “tedesco”? E’ il gioco del “tuo” portafoglio

di Lucio Fero
Pubblicato il 28 Aprile 2010 - 16:53 OLTRE 6 MESI FA

E tu come ti senti, più “tedesco” o più “greco”? Possibile gioco di società, reale e per nulla remoto gioco di portafoglio, dannato e benedetto gioco politico. Rispondere alla domanda, please: saprete qualcosa di voi stessi, del vostro “io” casalingo e familiare, l’unico che pensiate davvero vi tocchi e vi riguardi. E saprete anche qualcosa dell’Europa e del mondo, della finanza e del debito, di quelle astratte cose che vi toccano, eccome se vi toccano, anche se giurereste che non vi riguardano.

La Merkel con Papandreou

Difficile al primo tocco “sentirsi greco”: imbrogliavano sui conti, mentivano ai mercati e all’Europa, spendevano soldi che non avevano, rischiano grosso di non pagare i debiti e ora vogliono i soldi, almeno in prestito, i “soldi degli altri”. Sono vicini di casa e allora? Fatti loro, se la sono cercata. Se necessario, peggio per loro. Che c’entriamo noi? Noi italiani poco o niente. Figurarsi io, proprio io. Però che fanno, come hanno fatto questi greci? Non pagano le tasse, o almeno non le pagano quelli che i soldi ce li hanno e li fanno. Mille, mille in tutto i greci che dichiarano al fisco più di centomila euro di reddito. Tutti, tutti i professionisti greci dichiarano sotto i ventimila euro annui e si comprano una macchina da quarantamila e una casa da un milione. I lavoratori autonomi, quelli greci, non pagano le tasse. I lavoratori pubblici invece le tasse le pagano ma vengono assunti e trovano il “posto” anche e soprattutto se non servono. Ci sono scuole in Grecia con 45 insegnanti e dieci alunni. Con un po’ di abilità in Grecia si può andare in pensione a poco più di cinquanta anni. Ai greci l’idea di una pensione oltre i sessanta anni appare tortura e ignominia. E sul denaro pubblico, sulla sua circolazione, ci mangiano in tanti: si paga mazzetta per costruire, aprire negozi, perfino ricoverarsi in ospedale. Questo hanno fatto e fanno i greci. Ricorda qualcosa? Davvero da bravi e normali italiani non siete, non siamo mai stati “greci”? Mai nascosto reddito al fisco pensando sia giusto e saggio? Mai difeso assunzioni e posti di lavoro clientelari? Mai goduto del denaro pubblico erogato e speso a debito? Mai concesso consenso elettorale al politico che innaffiava il tuo “territorio”? Guardi la Grecia e vedi, se vuoi vedere, casa tua riflessa in uno specchio deformante. Ingrandisce mostruosamente le proporzioni, deforma appunto. Eppur riflette, cioè rimanda agli occhi qualcosa che non è dello specchio, è della tua realtà.

Più facile al primo colpo “sentirsi tedeschi” all’insegna del “cocci loro”. “Cocci” dei greci che vogliono “mangiare senza pagare”. E viva i tedeschi che non vogliono lavorare e pagare per i greci. Però non è facile essere “tedeschi”. Loro, i tedeschi, considerano il debito pubblico peccato Costituzionale con la maiuscola. Quando i tedeschi dicono ai greci: vi prestiamo soldi solo se la smettete di vivere a debito, come si fa a non “sentirsi tedeschi”? Però “sentirsi tedeschi” anche a casa nostra? Dichiarare guerra al debito, anche quello tricolore? Visti e sentiti così questi tedeschi ritornano ad essere unni, ottusi e prepotenti regolatori delle tasche nostre.

E allora, sai che c’è? Che non ci “sentiamo” nè tedeschi e nè greci, ce ne stiamo a casa nostra e i fatti nostri ci facciamo. Sicuri, proprio sicuri? Se i greci non pagano o “ristrutturano” il loro debito, cioè allungano i tempi di pagamento e ottengono/impongono uno sconto dai creditori, tutti quelli che nel mondo prestano soldi agli Stati vorranno interessi più alti per coprirsi dal rischio. E a noi…? A noi “quelli” devono prestare centinaia di miliardi all’anno. Altrimenti niente soldi per gli stipendi pubblici, le scuole e ospedali pubbliche e private, gli incentivi fiscali ad azienda e bottega, la cassa integrazione e i cento, mille, diecimila “tesoretti” di assessore, parlamentare, governatore e ministro. I “tesoretti” che l’Italia tutta esige e di cui campa. Ce ne prestano talmente tanti di soldi “quelli” che ogni anno paghiamo, con le tasse, più di 70 miliardi di interessi. Se diventano ottanta o novanta e i dieci o venti di più vanno cercati e trovati nelle vostre tasche con la manovra di governo, ancora sicuri che non sono fatti vostri i fatti dei greci e pure dei tedeschi?

E allora, sai che c’è? Arrivederci anche all’euro e ci chiamiamo fuori. Quindi arrivederci anche al valore del tuo conto in banca o quello della tua casa, con l’arrivederci all’euro entrambi si svalutano come un palloncino bucato.

E allora che vogliono i greci, i tedeschi, l’Europa e tu che mi rompi le scatole con le domande? Se non basta la frontiera italiana a fermarvi tutti, mi faccio la frontiera della Regione, della Provincia, del Comune, insomma di casa e vi tengo fuori tutti. Sì, bravo, così stai proprio tranquillo e al riparo. Girano sul pianeta circa un paio di migliaia di miliardi di euro di debiti sostanzialmente non pagabili. L’economia internazionale è come un ristorante dove gira un conto che tutti si girano e che nessuno vuol pagare. Se “l’oste” mostra il conto, la numerosa comitiva degli avventori seduti a tavola tende a sciogliersi, ognuno reclama un conto “separato” e fa questione su cosa ha mangiato. Alla presentazione del conto tende a “sciogliersi” l’Europa che pure ha un portafoglio-moneta in comune. Dice il “tedesco”: se paghiamo stavolta poi tutti continuano a mangiare a debito, alimentiamo il vizio. Dicono bene, ma se non paghiamo il ristorante chiude o almeno alza i prezzi. Sicuri che sia un affare? Dicono i greci: non potete affamarci. Dicono bene. Ma vogliono continuare a vivere a debito.

Non solo loro, i greci. Anche gli spagnoli, i portoghesi, i francesi, gli italiani e pieni di debiti sono anche gli inglesi e gli americani. Vivere a debito come prima non si può più: si potrebbe cominciare a pagare una parte, solo una parte del “conto” senza svenarsi. A condizione però di non fare altro debito. Non c’è popolo o elettorato che non sia sordo a questa musica: sentirsi greci o tedeschi è solo assumere una parte in commedia mentre si prova a filarsela dall’oste, dal conto e dal ristorante che però ha le saracinesche chiuse.