Ucraina, Iulia Timoshenko non sarà liberata. Salta accordo con Ue

di redazione Blitz
Pubblicato il 22 Novembre 2013 - 01:04 OLTRE 6 MESI FA
 Un sostenitore con un poster della Timoshenko (LaPresse)

Un sostenitore con un poster della Timoshenko (LaPresse)

KIEV  – Niente accordo di associazione tra Ucraina e Ue. A una settimana esatta dal summit di Vilnius in cui era prevista la firma, prima è arrivata la fumata nera del parlamento ucraino sulla liberazione della leader dell’opposizione in carcere Iulia Timoshenko – per l’Ue conditio sine qua non per la firma dell’intesa – e poi – appena qualche ora dopo – il governo di Kiev ha annunciato di voler sospendere la preparazione dell’accordo con l’Ue per “assicurare la sicurezza nazionale” e “rilanciare i rapporti economici con la Russia”.

L’Ucraina, insomma, per ora mette da parte l’Europa e si avvicina alla potente cugina Russia, ma lo fa senza sbattere la porta in faccia a Bruxelles, tanto che Ianukovich da Vienna sostiene di continuare a puntare all’integrazione europea. Kiev ha importanti partner commerciali sia a Est che a Ovest e vuole rimanere in buoni rapporti con tutti: è per questo che è tornata a proporre una commissione economica a tre con Mosca e Bruxelles, ricevendo subito l’ok russo.

Ma Kiev teme anche la vendetta del Cremlino, che dice di non aver nulla contro l’intesa Ucraina-Ue, ma ha già dimostrato il contrario: minacciando ripercussioni economiche, chiudendo le frontiere ai prodotti ucraini per una settimana ad agosto, bloccando le importazioni di cioccolata e merendine dell’importante azienda ucraina ‘Roshen’ e, non ultimo, ritirando fuori dal cilindro un enorme debito di Kiev per le forniture di gas. Nonostante stia cercando di rendersi quanto più autonoma possibile, l’Ucraina dipende ancora molto dalla Russia sotto il profilo energetico e il gas rimane la miglior arma che Mosca ha in mano per ricattare Kiev. Del resto, una generosa riduzione del prezzo pagato per il metano (circa 400 dollari per mille mc) potrebbe essere un ottimo affare per l’Ucraina, le cui finanze sono a pezzi, ma Mosca chiede una contropartita notevole: l’ingresso nell’Unione doganale con Russia, Bielorussia e Kazakistan, zoccolo duro dell’Unione euroasiatica che Putin vuole mettere in piedi dal 2015 stringendo ulteriormente i lacci economici che legano alla Russia molti paesi dell’ex Urss.

E che dietro tutto questo ci sia lo zampino di Putin è tutt’altro che improbabile, anche alla luce di un incontro semisegreto a Mosca tra il leader del Cremlino e Ianukovich qualche giorno fa, mentre l’opposizione ucraina accusa il presidente di “alto tradimento” per la mancata intesa con l’Ue e chiede che sia destituito. All’annuncio di Kiev di voler congelare l’accordo, Bruxelles ha risposto cancellando un viaggio in Ucraina del commissario all’allargamento, Stefan Fule, e anche l’ex presidente polacco, Alexander Kwasniewski, uno dei due osservatori Ue in Ucraina, ha confermato quanto già fatto capire dal governo ucraino: a Vilnius non si firmerà nessun accordo Bruxelles-Kiev. D’altronde, l’Ue non vuole mollare la presa, e il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha precisato che “l’offerta di stabilire una vera partnership è ancora valida”.

Per ora però rimane tutto bloccato, e l’impressione di alcuni osservatori è che Ianukovich voglia strappare ancora qualche concessione all’Ue. L’accordo di associazione potrebbe portare molti vantaggi a Kiev nel lungo periodo, aprendole un mercato di mezzo miliardo di persone, ma nel breve bisognerà adattare le imprese ucraine agli standard europei e questo comporta investimenti enormi (tra i 9 e i 45 miliardi di euro, secondo Ianukovich). E su questo punto l’Ucraina vorrebbe un aiuto economico da parte dell’Ue. Rinunciare all’Europa, però, potrebbe giocare un brutto scherzo a Ianukovich alle presidenziali del 2015, visto che gli ucraini ora sembrano un po’ più propensi ad avvicinarsi a Bruxelles piuttosto che a Mosca. Il braccio di ferro tra Russia e Ue per l’Ucraina, insomma, non è ancora finito, e l’accordo tra Kiev e Bruxelles potrebbe essere solo rimandato, magari di un anno come hanno chiesto gli industriali ucraini.