Ucraina verso l’Ue? La Russia stende la cortina del cioccolato. E del gas

di Maria Elena Perrero
Pubblicato il 31 Ottobre 2013 - 18:00 OLTRE 6 MESI FA
Ucraina verso l'Ue? La Russia stende la cortina del cioccolato. E del gas

Aleksey Miller e Vladimir Putin (Foto Lapresse)

ROMA – Dopo la cortina di ferro quella cioccolato. Non abbastanza? Ecco quella del gas. L’Ucraina di Viktor Yanukovich, pur considerato filo-russo, l’estate scorsa ha voltato le spalle a Mosca con il no all’adesione alla all’Unione doganale con Bielorussia e Kazakhstan. Alla Russia di Vladimir Putin la cosa non è andata giù. Per farlo capire ha pensato di colpire l’ex repubblica sovietica con “dolcezza”: vietando l’importazione dei dolci, caramelle, merendine e cioccolatini Roshen, una delle maggiori aziende ucraine. Non abbastanza. Dopo tre mesi, quando il freddo inverno dell’europa centrale è alle porte, Mosca ha tirato fuori gli 882 milioni di dollari per le forniture di metano di agosto non ancora pagate dalla società energetica statale ucraina Neftogaz. E il pensiero corre al 2006 e al 2009, quando mezza Europa venne lasciata al gelo perché Mosca aveva chiuso i rubinetti del gas.

La notazione sul debito di Kiev non è arrivata solo da Gazprom, colosso russo e maggiore estrattore al mondo di gas naturale. Anche il premier Dmitri Medvedev è intervenuto sulla vicenda, definendola “critica”. Guarda caso proprio adesso, dopo un incontro forse non andata troppo bene tra Yanukovich e Putin a Sochi, teatro delle prossime Olimpiadi invernali (già note per essere le più costose di sempre). Ma soprattutto quando manca meno di un mese dal summit del 28 novembre a Vilnius, in Lituania, in cui Kiev è attesa per firmare l’accordo di associazione e libero scambio con Bruxelles. Voltando definitivamente le spalle a Mosca.

 

Il bando al cioccolato della Roshen ha fatto crollare la produzione dell’impianto ucraino del 14 per cento. Prima dei cioccolatini ucraini la Russia aveva bandito latte, yogurt e kefir (una bevanda a base di latte fermentato molto popolare in tutta l’area ex sovietica) dalla Lituania, e il vino dalla Moldova e l’acqua minerale (e il vino) dalla Georgia. Per dei Paesi relativamente piccoli subire un selezionato embargo dal gigante russo non è cosa di poco conto. Ma sul gas la partita è ancora più vasta. Le crisi del 2006 e 2009 avevano spinto Gazprom ha costruire un nuovo gasdotto, il Nord Stream, per arrivare in Germania senza passare dall’Ucraina, ed evitare nuove crisi se Kiev non avesse pagato. L’Europa deve avere il gas garantito. L’Ucraina no.

E ora eccoci qui: Aleksei Miller, amministratore delegato di Gazprom, ha ricordato di aver già concesso una proroga sino al primo ottobre. Ora è quasi novembre e i conti non sono stati saldati. Il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, nega si tratti di una questione politica. Ma se Kiev firmerà l’accordo, e prima ancora, passo necessario richiesto da Bruxelles, concederà alla famosa Yulia Timoshenko di essere trasferita in Germania per essere curata la cortina del gas potrebbe diventare più che una cortina. Verso il 2015, anno entro cui Putin vuole resuscitare una nuova Urss in chiave economica. Con o senza l‘Ucraina.