Crisi, riforma pensioni e tagli: le cure di Sarkozy e Zapatero attirano scioperi e tensione

Nicolas Sarkozy e Josè Luis Zapatero

La Francia si mobilita per le pensioni, la Spagna soffre sul decreto anti crisi. Dopo le sforbiciate salva-economia i Paesi dell’Unione europea sono irrequieti. A Parigi il presidente Nicolas Sarkozy punta i piedi sulla riforma delle pensioni e vuole fare slittare lo stop al lavoro, ora a 60 anni, di due o tre anni. L’Eliseo però deve affrontare la levata di scudi dei sindacati. A guidare la mobilitazione per difendere il modello sociale, prevista per venerdì 28 maggio, sono i comunisti della Cgt che il 23 marzo scorso erano scesi in piazza contro il calo del potere d’acquisto e la disoccupazione. Allora scesero in strada 380 mila persone, secondo le stime ufficiali, ma gli organizzatori parlavano di 800 mila francesi in piazza.

«Fra le 35 ore (varate dal governo di Lionel Jospin nel 2000, ndr) e la pensione a 60 anni (risalente agli anni Ottanta di Francois Mitterrand), quanti problemi in meno avremmo oggi se non ci fossero», ha dichiarato Sarkò. La sua provocazione è stata raccolta dai socialisti, per bocca di Laurent Fabius: «Se si paragona il bilancio di Mitterrand, presidente costruttore, con quello di Sarkozy, presidente demolitore, la storia chiarirà la differenza». Intanto però i risultati di  recenti sondaggi sfidano l’intoccabilità della soglia delle pensioni e, stando ai dati, quella del presidente francese potrebbe essere meno impopolare del previsto.

Trema anche la Spagna socialista di Josè Luis Zapatero che i numeri negli ultimi giorni hanno già bacchetatto, dato che il partito al governo è ai minimi. «Il futuro di Zapatero come capo del governo potrebbe dipendere da un solo voto», ha scritto El Pais. Infatti la cura da cavallo proposta dal premier -con tagli alla spesa pubblica per altri 15 miliardi di euro nel 2010 e 2011, riduzione del 5% degli stipendi degli statali, congelamento delle pensioni- giovedì arriva  in parlamento a Madrid, ma rischia di passare per una manciata di voti. A favore c’è il gruppo socialista di Zapatero, con una maggioranza relativa di 169 seggi su 350 nel Congresso dei Deputati. Il Partido Popular, i nazionalisti baschi del Pnv e la sinistra I Iu, che insieme hanno 168 seggi, hanno annunciato che si opporranno al provvedimento. Verso l’astensione, invece,  i nazionalisti catalani di Ciu della Navarra e delle Canarie.

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