25 ottobre, primarie del Pd. Andarci o no? Votare per uno dei tre o scheda bianca?

Pubblicato il 19 Ottobre 2009 - 17:35 OLTRE 6 MESI FA

marino_franceschini_bersani
Domenica 25 ottobre ci sono le “primarie” del Pd, insomma votano per il segretario del loro partito. E a me che di quel partito non sono, che a quel partito non sono iscritto, come mi tocca, cosa mi cambia, che mi riguarda, se non proprio chi se ne frega? Domanda che più o meno intensamente possono con ragione porsi un bel po’ di milioni di italiani che il Pd l’hanno votato, sempre o qualche volta, che potrebbero tornare a votarlo o che più semplicemente non votano Berlusconi e alleati e quindi come il Pd, ma non necessariamente con il Pd, si sentono all’opposizione.

Domanda legittima e ancor più legittimata dal fatto che il pasticcio, come al solito purtroppo, l’hanno fatto loro, quelli del Pd. Vogliono, chiedono, sperano che ad eleggere il loro segretario siano gli elettori, i simpatizzanti, i cittadini e non solo gli iscritti. Pasticcio: gli elettori vanno chiamati in causa quando la cosa li riguarda: scegliere il candidato sindaco, governatore della Regione, il candidato deputato o senatore, il candidato presidente del Consiglio. Questo è il terreno su cui un partito si confronta con gli elettori, chiede il loro parere, si uniforma alle loro indicazioni. Ma il segretario del partito chiesto agli elettori è un pasticcio farcito di insicurezza, demagogia, ingenuità.

Così succede che ora sono nei guai, quelli del Pd. L’altra volta che fecero le “primarie” andarono a votare tre milioni di italiani. Ovvio che fossero tanti, si trattava di scegliere chi dovesse sfidare Berlusconi alle elezioni. Ovvio che molti, moltissimi volessero dire la loro opinione con una scheda.

Stavolta la questione “tira” un po’, anzi parecchio meno: per milioni di italiani, anche di opposizione al centro destra governante, è il “loro” segretario, non il “nostro” candidato. Così hanno giustificato e fondato tremore che a votare ci vadano in meno, molto meno che l’altra volta. E che quindi il nuovo segretario Pd sia molto, molto meno votato di quello che c’era. Quello che c’era, Veltroni, il Pd lo ha “dimesso” per manifesta sconfitta. Sconfitta fu infatti giudicato il circa 33 per cento dei voti raccolti alle elezioni politiche.

In realtà era vittoria di Berlusconi ma non sconfitta del Pd che adesso quel 33 per cento se lo sogna la notte, un risultato che nessuna forza riformista di sinistra aveva mai raccolto in Italia e che nessun partito analogo raccoglie oggi in Europa.

Pasticciarono allora con l’analisi della realtà e pasticciano oggi con la richiesta che fanno alla pubblica opinione che sta, più o meno, dove stanno loro. La domanda sul perché mai uno dovrebbe andare a votare alle primarie del Pd si somma poi ad un’altra domanda: e se non mi identifico in nessuno dei tre, Bersani, Franceschini o Marino.

Sì, Bersani è solido e serio. Ma promette di “pasticciare” alquanto su future alleanze, vuole rifare l’Ulivo e uno sente l’eco sinistra del “rifare l’Unione”. E poi non tutto quel che sta con Bersani riluce, anche dentro il Pd.

Sì, Franceschini è sincero e di cuore, ma ha scoperto la politica dei calzini turchesi, rincorre Di Pietro, chiede scusa agli imprenditori. Insomma è tutto agitazione, un po’ troppo chiacchiere e distintivo.

Sì, Marino finalmente dice che almeno come nascere e morire non te lo deve ordinare lo Stato su mandato della Chiesa. È un uomo libero che parla di libertà. Sì, e poi? E poi con Marino ci sono quelli del No a tutto, a partire dalle centrali nucleari.

Insomma sono affari loro, è il loro segretario e non è che uno dei tre sia proprio la fotocopia e l’incarnazione di come la pensa uno che pure può votare Pd. Può succedere, anzi succede. È normale che sia così. Perché mi chiamano, perché devo andarci a votare?

Perché loro dicono che se ci va poca gente Berlusconi si ringalluzzisce. Vero, ma mica tanto. Fosse solo questo il problema, un problema di immagine, potrebbero quelli del Pd, benedetti ragazzi, imparare da Berlusconi che, aperti i gazebo di Forza Italia, li chiuse dichiarando che erano andati a votare per il suo partito in cinque milioni. Dicano che a votare per il Pd sono andati in quattro milioni e la chiudano lì: le proporzioni saranno rispettate: una panzana proporzionale non si nega a nessuno.

Purtroppo il problema è un altro: se a votare non ci va nessuno, il pasticcio chiamato Pd si affloscia. E questa non è buona cosa, neanche per chi il pasticcio non lo mangia. Se il Pd si affloscia o si decompone, la quasi mezza Italia che non sta con Berlusconi ci rimette. Ci rimette anche se non sta con il Pd. Ragion per cui sarà meglio andare a farci una visita in quel seggio e infilarci una scheda. Magari bianca per segnare la differenza tra i fatti loro e i fatti dell’Italia di opposizione. I primi sono un pasticcio da cui tenersi lontani, i secondi sono un nodo che stringe e che non si scioglie senza il Pd, senza un Pd.