ROMA – Le Province italiane sono dure a morire: il famoso taglio di quelle considerate inutili per estensione e popolazione, una sessantina su poco più di cento, è molto più complicato del previsto. Sergio Rizzo del Corriere della Sera torna sull’argomento segnalando l’intensità di un fuoco di sbarramento fatto di ribellioni, rinvii, cavilli burocratici, ricorsi, quando al Tar se non alla Consulta. E l’illusorio “azzeramento” iniziale presto diventa un meno inflessibile “accorpamento,” fino a trasformarsi nell’innocuo “riordino” affidato ai Consigli delle Autonomie locali.
Cioè le vittime designate dovrebbero automutilarsi: campa cavallo! Eppure, l’impegno a ridurre il numero di questi ormai pleonastici organismi elettivi era stato sancito da entrambe le famiglie politiche italiane, in un afflato bipartisan come si dice. Era stato più che caldeggiato (imposto?) dall’Europa, era uno dei punti contenuti nella famigerata lettera. Con l’ansia da spread e il fiato sul collo dei mercati il governo Monti era riuscito, in teoria, laddove anche l’ultimo esecutivo Berlusconi aveva tentato, fallendo, un attimo prima di sciogliersi.
Che succede ora? Si è giunti a un criterio accettabile di razionalizzazione: 350 mila abitanti e 2500 kmq di superficie e la Provincia merita di salvarsi, sotto questi parametri, pollice verso. Semplice si dirà: peccato che, ad esempio, stando così le cose, in Toscana non rimarrebbe viva una Provincia che è una. Una questione aperta e risolvibile, per questo ci sono appunto i Consigli delle Autonomie Locali, chiamate a decidere non per un’improvvisa generosità del governo, ma perché si temevano e si temono tuttora, paralizzanti ricorsi costituzionali sull’abolizione delle Province stesse. Quindi, nel decreto salva Italia la parola “abolizione” è stata abolita. Nella spending review si parla appunto di “riordino”.
Ma, a proposito di razionalizzazione, lo stesso governo deve preoccuparsi di diramare una nota ufficiale per definire “inutile” la compravendita da parte delle Province di qualche Comune per assicurarsi la sopravvivenza. Ad Arezzo basterebbero appena 500 abitanti, ma non partecipa alla campagna acquisti. Cui non rinuncia invece Benevento: il Presidente della Provincia Aniello Cimitile ha le idee chiare sull’argomento, seguito a ruota dall’assessore regionale Sommese che sostiene l’ipotesi “di lasciare in piedi Benevento attraverso il passaggio di Comuni da un territorio all’altro. Benevento potrebbe inglobare alcuni Comuni dell’Avellinese e a sua volta, il territorio irpino guardare nella Provincia di Salerno”. Sono dichiarazioni intercettate dall’Ansa alla Conferenza permanente fra Regioni e Autonomie locali. E, comunque, Cimitile ha già annunciato che farà in ogni caso ricorso al Tar e sollecitato la Regione ad adire alle vie costituzionali. Nota rassegnato Sergio Rizzo in conclusione: “Ma il cambio di rotta del Governo, dall’abolizione tout court delle Province alla loro riduzione, non doveva servire a evitare scontri davanti alla Consulta?”
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